Lettera aperta a Formigoni

del Senato delle Donne di Como


Milano, 14 gennaio 2006

Caro presidente Formigoni, abbiamo seguito con attenzione tutto il recente dibattito sulla 194 e come donne ancora una volta abbiamo dovuto prendere atto che si parla di noi, si parla per noi, ma non si parla con noi e, soprattutto, nessuno pensa importante ascoltarci.

Eppure abbiamo tante cose da dire su questo tema, ci creda, perché non abbiamo mai smesso, noi, di occuparci della 194, della sua applicazione e non-applicazione, dei nostri diritti e delle nostre responsabilità ed anche delle responsabilità di tutti, del legislatore, del sistema sanitario, del nostro stato sociale, del nostro sistema scolastico.

Ci lasci dire che ci rattrista e che ancora, nonostante l'assuefazione, ci indigna, osservare come nel dibattito nazionale questo tema venga presentato, ovunque, con tante strumentalizzazioni, con tante manipolazioni, senza un barlume di interesse auten­tico per ciò che accade veramente nei percorsi applicativi della legge. Cosi accade che si parli di restrizione dei tempi per l'aborto terapeutico come di un modo per ridurre il numero delle IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza), confondendo fenomeni assolutamente differenti e non connessi, creando nei cittadini una grande confusione e alimentando una discussione tutta ideologica e velleitaria, senza alcuna utilità per affrontare veramente i problemi ed utile, forse, solo ai giochi di reciproco discredito tanto praticati dalla nostra classe politica in questi tristi anni.

Per ricondurre la discussione in un ambito più dignitoso ci sembra necessario, prima di ogni altra considerazione, partire dalla realtà che conosciamo, che più ci riguarda da vicino, e quindi dalla realtà dell'applicazione della 194 in Lombardia. Già l'esame dei numeri, anche se i dati ufficiali Istat si fermano al 2004, ci segnala alcuni fenomeni importanti: se infatti nel primo decennio di applicazione si assiste ad una costante diminuzione del tasso di abortività per tutte le classi di età (e crediamo che l'attività dei Consultori pubblici abbia giocato un ruolo primario in tale diminuzione), nel secondo decennio il trend sembra invertirsi e si assiste da una parte ad un incremento di IVG di adolescenti (cresciuta di due punti nel decennio) e dall'altra all'aumento esponenziale di IVG di donne straniere (più di 1/3 del totale) . Per quanto riguarda le donne straniere, la Lombardia sembra avere un triste primato, essendo in assoluto la regione più interessata dal fenomeno, con 8.028 casi nel 2004, più del doppio dei 3.277 casi del Lazio, al secondo posto.


A fronte di queste realtà appare desolante constatare come i Consultori pubblici, progressivamente svuotati di finanziamenti e di operatori, non abbiano più le risorse per la prevenzione, né per fare educazione sessuale nelle scuole, né per offrire un servizio gratuito ed accessibile agli adolescenti, né per attivare azioni di informazione e educazione sanitaria per le donne straniere.
Ma esistono altri indicatori che riteniamo assai preoccupanti per lo stato di salute della 194 nella nostra Regione: basti pensare all'altissimo (70%) tasso di obiezione di coscienza tra gli operatori salutari, ginecologi ma anche anestesisti, per il quale si verifica che in ben 12 ospedali lombardi l'IVG sia appannaggio di gettonisti, con le conseguenze di inevitabili liste d'attesa (e il tempo non è una variabile secondaria per l'IVG) e di sensibile aggravio di costi per il servizio sanitario regionale.

Di fronte a queste "emergenze", reali e documentate, osserviamo con sorpresa ed anche con un certo sgomento che la nostra Regione Lombardia "ha altre priorità": la priorità di garantire la sepoltura agli embrioni, per esempio, oppure la priorità di disporre nuove linee guida sull'abor­to terapeutico, oppure ancora la priorità, davvero scandalosa mentre i servizi pubblici muoiono d'inedia, di finanziare gli "amici" del CAV (Centro d'Aiuto alla Vita ) della Mangiagalli.
Tutte priorità ideologiche, per non dire "confessionali", esibite per nascondere una colpevole ed ipocrita indifferenza nei confronti delle emergenze vere.

Ci creda, i principi ispiratori dei codici di auto-regolamentazione per gli aborti terapeutici adottati dai sanitari dei due ospedali milanesi ci appaiono molto ragionevoli ed in linea con quanto la legge dispone all'art.7 (non a caso non è previsto un termine per legge e la decisione viene lasciata alla scienza e coscienza dei sanitari, sulla base dell'evoluzione del loro sapere e del loro saper-fare): il punto è che non c'è nessun bisogno, e quindi nessuna urgenza, di Linee Guida Regionali che tentino (senza peraltro poterlo fare) di restringere l'ambito della responsabilità professionale e personale dei medici.
C'è invece un grande bisogno di investire in prevenzione vera (non nella caritatevole ma illusoria pseudo­assistenza offerta dai CAV): per questo le proponiamo di aprire un bando per l'assegnazione dei 500.000 Euro di nostre tasse lombarde, affinché accanto al CAV possa partecipare e concorrere anche il privato sociale "altro", e perché soprattutto i nostri soldi vengano impiegati per obiettivi chiari, con progetti e programmi circostanziati, con preventivi e rendicontazioni trasparenti.

C'è, ancora, un grande bisogno di investire in qualità dell'assistenza (sanitaria, psicologica e sociale) per accogliere senza demonizzare, per prevenire le recidive, per sostenere e dare spazio a scelte davvero libere e consapevoli, per ridurre i crudeli tempi di attesa: per questo le proponiamo di mettere a punto Linee Guida Regionali non per introdurre mutili termini temporali ma per garantire in ogni ospedale lombardo la presenza di almeno un ginecologo ed un anestesista e personale infermieristico non obiettore e rendere più stabile e strutturale la connessione tra i servizi ospedalieri e i Consultori e i servizi sociali territoriali.

Ci auguriamo anche che con la recente introduzione della possibilità di ricorrere all'IVG farmacologica i costì globali per il sistema sanitario possano contrarsi e liberare risorse economiche e che la Regione Lombardia voglia decidere di reinvestirle per attività di prevenzione efficaci, per esempio ripristinando la gratuità (da anni ormai perduta) per l'accesso alla contraccezione delle adolescenti.

Queste sono solo alcune delle molte proposte che potremmo presentarle se lei vorrà decidere di confrontarsi con noi, con le donne della Lombardia rappresentate dalle loro associazioni.

E' un confronto che espressamente le chiediamo e che riteniamo doveroso in un ambito come quello della legge 194: prima di decidere di noi e per noi, per favore parli anche con noi.

lettera pubblicata nella pagina milanese de il manifesto del 15 gennaio 2008

 

16-01-2008