In punta di piedi nel conflitto

Gruppo scrittura d'esperienza

INTRODUZIONE
di Nicoletta Buonapace

La raccolta di scritti che qui presentiamo è il frutto di un lavoro di riflessione, svolto nel corso di due anni all’interno del gruppo Donne e scrittura d’esperienza, sul tema del conflitto.

Fin dall’inizio, il tema si è caratterizzato per la complessità e i molteplici aspetti che metteva in gioco: da quelli più propriamente sociali e politici, a quelli più intimi, relazionali, familiari, affettivi, in un intreccio spesso difficile da districare. Pesava su noi la consapevolezza che i rapporti di genere, la costruzione dei ruoli, l’educazione, la cultura, così come sono andati strutturandosi, rendevano estremamente difficile accostarsi alla questione.

Più volte abbiamo visto quanto ci ha condizionato l’abitudine al silenzio e la resa delle proprie ragioni e quanto sia difficile articolare un discorso che esca dalla giusta rivendicazione di autonomia, senza cadere nel risentimento o nella tentazione dell’esclusione.

Non è stato facile, per molte, “trovare le parole”. Tanto che qualcuna ha preferito il linguaggio della poesia che sembra dare parola a ciò che parola non ha: “oggetti s’accapigliano tra loro”, non identificati, oscuri, un’immagine di sé conflittuale: “cento anime a spingersi e arruffarsi”.

Proprio perché spesso si è trattato di parole mai espresse, si osservava la caduta in una specie di caos dal quale era difficile tirar fuori un ordito che si ponesse tra sé e il mondo, che mantenesse la complessità e l’empatia con l’altra/o, senza abdicare a se stesse. Ci siamo così talvolta trovate nell’impasse, a cercare linee guida, schemi di pensiero, tra ragioni e storie che potessero esprimere i nostri vissuti e insieme pacificare questioni incandescenti.

Se fin dall’inizio, si è sottolineato l’aspetto “generativo” del conflitto, certe che nulla muta senza un confronto che possa prevedere anche lo scontro, di fatto abbiamo costatato una nostra profonda ambivalenza rispetto alla capacità di stare “dentro” situazioni conflittuali. Accettare la contrapposizione, disporsi alla modificazione di equilibri consolidati, mostrare aspetti di sé anche oscuri, aggressivi, fa paura.

E ancor più è difficoltoso guardare alla guerra, al concetto di nemico, ai meccanismi sociali di esclusione e di rifiuto come a qualcosa che riguarda anche noi e non soltanto la storia degli uomini. Poiché alle donne è stata per secoli, millenni, riservata la funzione della procreazione, della creazione della vita e agli uomini è stata assegnata la funzione di distruggerla e riservato l’uso della violenza. Si agitano vecchi fantasmi.

Quando poi si tratta dei rapporti affettivi, entrano in gioco sentimenti che é difficile sostenere, “la fragilità -come scrive una di noi- viene da lontano”, da generazioni di donne e di madri che, pur vivendo grandi conflitti, non cambiavano mai l’assetto delle loro vite.

Abbiamo visto rapporti irrigiditi in dinamiche vittima/carnefice dove l’una o l’altra delle due posizioni potevano scambiarsi senza cambiare la qualità della relazione. Altre volte la tendenza a sottrarsi e alla fuga sembrava garantire un equilibrio precario, così come l’abitudine al cercare di “capire”, “mettersi nei panni dell’altro/a”, ma fino a che punto l’empatia è autentica e non va invece a coprire divergenze, paure, risentimenti?

L’abitudine a prendersi cura del mondo, di chi è più fragile, il materno, insomma, ci rende meno inclini a stabilire i nostri confini. Spazi vitali essenziali, però, che devono essere anche difesi.

Specialmente il conflitto tra donne sembra particolarmente doloroso, forse perché c’è questa tendenza a “totalizzare” l’esperienza emotiva che ne scaturisce, come se una diversa percezione, opinione, scelta potesse negare l’intero essere dell’altra, cancellare la ricchezza di un percorso, mettere in crisi la riuscita di un progetto comune. Una diversità esplicitata serenamente potrebbe essere vissuta, invece, come un punto di svolta e un’occasione di crescita.

Nella complessità che abbiamo cercato di abitare, abbiamo forse imparato a guardare la nostra ambivalenza, a farci i conti, divenendo un po’ più libere, più consapevoli che solo se si accetta di vivere il conflitto diventa possibile una trasformazione.

I diversi piani del discorso compaiono in quasi tutti gli scritti, li presentiamo tuttavia in tre parti distinte secondo che sia prevalente la riflessione sulla nostra collocazione Nel mondo, oppure sulla difficoltà di trovare le parole per L’indicibile o, ancora, sul rapporto con La diversità.


INDICE

INTRODUZIONE di Nicoletta Buonapace

NEL MONDO

Ieri e oggi, lotta di classe tra scontri e conflitti, Manuela Pennasilico

Cosa muove la libertà? Nicoletta Buonapace

Vivere l'ambivalenza Liliana Moro

Il cuore prigioniero Ornella Bolzani

L'INDICIBILE

Quando si tratta della mia vita Floriana Lipparini

Dire no non basta Giulia Zecchi

La fragilità viene da lontano Elena Cianci

Circolo vizioso, Ordine Disordine, Conflitto silente Grazia De Benedetti

LA DIVERSITA'

E ora dove andiamo? Grazia De Benedetti

Di conflitto si vive Sonia Tsevrenis

Razzismo e senso di colpa Sisa Arrighi

Pensieri sparsi Valeria Fieramonte

APPENDICE

Por donde saldrà el sol? Da dove sorgerà il sole? Lea Melandri

Usare la rabbia. La risposta delle donne al razzismo, Audre Lorde

 


Gruppo scrittura d'esperienza
In punta di piedi nel conflitto
a cura di Nicoletta Buonapace, Grazia De Benedetti, Laura Lepetit, Liliana Moro
Edizioni LUD, Milano, 2014
pag. 90 € 5

 

Il volume può essere richiesto direttamente a
universitadonne@gmail.com

 

 

 

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