Coraggio

di Liliana Moro
 


Nessuno stupore, ma pura angoscia davanti alle immagini delle torturatrici in Iraq. Un certo fastidio per il clamore e lo scandalo degli struzzi, quelli che non sapevano, che ora dicono: non è ammissibile…
Ma non avevano visto le foto di Guantanamo?

Chi si è battuto perché questa guerra non cominciasse sapeva bene, da realista-pacifista, che i cavalieri dell’apocalisse cavalcano sempre insieme: guerra, violenza, perdita di umanità e di femminilità (nelle vittime come nei carnefici), stravolgimento, pervertimento dei sentimenti, delle parole, del mondo simbolico.

Così il diluvio di foto disumane che ci sta travolgendo e afferrando alla gola non nasce solo da esigenza di denuncia, risponde anche a una perversione voyeuristica, esprime un certo compiacimento sadico di tante persone per bene (giornalisti e lettori), contaminate dall’orrore della guerra, della bestialità che altre persone per bene, ma in divisa (privata o pubblica), si prendono l’incarico di agire.

Basta vedere, sui muri delle nostre città e nelle riviste patinate, tutte quelle immagini pubblicitarie grondanti sangue, con tanto di cappucci o catene, magari con aggiunta di tette-e-culi, per sapere cosa circola nelle teste e nella pelle della gente.

Nessuna innocenza è più possibile, non culliamoci nell’illusione che le donne siano fuori dalla storia, da questa maledetta storia: da Condoleeza in giù.

Del resto fuori non lo sono mai state, sono sempre state complici, vittime e complici delle efferatezze degli uomini, anche quando non avevano accesso alla Santa Barbara, come avviene ora. Pure nella ‘vita civile’ ogni stupratore, ogni pedofilo ha una moglie o una madre che lo difende, comprensiva e affettuosa.

Se avere coraggio significa girare con un fucile mitragliatore (o come si chiamano quelle cose terribili che abbiamo imparato a conoscere nelle mani dei soldati) e saper uccidere, umiliare, odiare senza pensieri o ripensamenti, è chiaro che si troveranno donne che vogliano essere ‘coraggiose’ come gli uomini.

Ma il problema è proprio questo, che nessuno chiama coraggio quello vero, quello che le donne vivono da sempre: nutrire uomini e bambini sotto le bombe, fare la spesa o il bucato in mezzo ai carri armati e alle macerie, attraversare posti di blocco per andare a lavorare, organizzare scuole in case semidistrutte dalle guerre umanitarie e democratiche, curare figli o mariti malati di leucemia da uranio impoverito…

Si troveranno uomini che vogliano essere coraggiosi come le donne?