Il suolo è un bene comune, non sprechiamolo!

di Costanza Panella

Sabato 14 febbraio all’Acquario di Milano è stata presentata all’Assemblea dei Circoli, la nuova campagna di Legambiente Lombardia: METTI UN FRENO AL CEMENTO, COSTRUISCI NATURA.
E’ partita e durerà 6 mesi la raccolta delle 5000 firme necessarie  per la presentazione di una proposta di legge popolare regionale che proclama il suolo come bene comune, obbliga al riuso delle aree dimesse e vincola il permesso di costruire su suolo libero alla previa cessione gratuita al Comune del doppio della superficie occupata dall’edificazione, provvedendo alla sua dotazione di carattere ecologico (“costruire natura”).
Sono stata contenta di partecipare a questo momento, risultato di un lungo iter che ha coinciso con il mio più breve, rispetto alla maggior parte dei presenti, percorso nell’associazione.


Ho cominciato con il frequentare i seminari sul Paesaggio lombardo in via Vida, poi quelli sui Piani Territoriali, nel dicembre 2007 ho partecipato al Convegno al Politecnico “Limitare il consumo di suolo e costruire ambiente, promuovere un governo sostenibile del territorio”, in cui furono presentati e discussi i primi appunti della proposta di legge insieme a numerosi interlocutori, studiosi, amministratori e associazioni, poi il Convegno “Urbanistica sostenibile e tutela dei suoli lombardi” nel marzo 2008. Ne abbiamo discusso alla Consulta regionale dei circoli l’ottobre scorso e la proposta è stata presentata alla Consulta nazionale alla fine di novembre.

Si tratta di una prima concreta risposta dell’Associazione ad un bisogno diffuso, anche del nostro circolo che è nato per contrastare un consumo dissennato del suolo e di un suo delicato e prezioso prodotto, il paesaggio, un particolare paesaggio lombardo, quello lariano.
E’ una proposta parziale, ma significativa e coraggiosa perché vuole  intaccare, con lo strumento concreto di 10 articoli di legge, un sistema di pratica, di cultura, di comune sentire che abbina in modo scontato, la proprietà del suolo al diritto di edificare e con troppo pochi limiti, soprattutto per i soggetti più potenti.


A me pare che il suolo sia il campo in cui la proprietà si esprime in modo più prepotente e arrogante ed anche violento, spesso con la compiacenza delle amministrazioni. A me, come donna, viene spontaneo associarla alla violenza sul corpo delle donne. Al rispetto e alla devozione per la Terra madre e fonte di vita insieme all’Acqua, spesso identificate con il corpo femminile, si è sostituita la sacralità del diritto di occupazione e trasformazione edificatoria del suolo, sancito da un corpo di leggi che sembrano concepite e soprattutto applicate per ridurre ed eludere le limitazioni. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Questa è una battaglia difficile, non come altre più immediatamente comprensibili, a cui viene spontaneo aderire; qui ciascuno di noi è attraversato da una contraddizione: ci è facile dire “basta cemento” ma poi ci appare sotto un’altra luce quando s’incrocia con le nostre necessità, abitudini e desideri. “Ma vale anche per una persona che con i sacrifici di anni si è ricavata la possibilità di costruire la sua casetta?” è la domanda che mi sono sentita rivolgere dalla prima persona, una donna, a cui ho presentato la campagna.
La mia risposta, che portava l’attenzione sul fatto che di suolo in Lombardia ne è stato consumato troppo e troppo rapidamente, che sulle nostre delicate sponde lacustri il paesaggio è gravemente minacciato e che ci sono molte case inutilizzate da recuperare, non ha del tutto convinto la signora. Mi auguro però che l’abbia indotta a riflettere anche alla luce di ulteriori informazioni sulla proposta che riguardano le possibili conseguenze di nuove costruzioni sul territorio e sull’uso complessivo delle risorse: è prevista infatti una riduzione della superficie da cedere al Comune se il nuovo edificio è di classe energetica B e non comporta aumento della mobilità privata.
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Così come capita che nella violenza psicologica e fisica sulla nostra persona rimaniamo impigliate, lente o addirittura incapaci  di riemergere con la coscienza chiara e netta di un sopruso subito da respingere e denunciare, perché strettamente intrecciato con i sentimenti d’amore e di appartenenza, così di fronte all’edificazione degli edifici e delle infrastrutture, ci ritroviamo povere di strumenti e di sensibilità per spingere abbastanza a fondo la riflessione sulle implicazioni, e per comprenderne il giusto senso e valore per sé.

E’ con tenerezza e sgomento che mi capita di osservare come case brutte o banali in luoghi degradati siano ingentilite da tendine di pizzo e vasi di gerani rossi. Solo a questo si deve ridurre il nostro contributo all’umanità e alla bellezza dei luoghi?

Mi confortano l’impegno e la sensibilità che ho visto nel presidente e vicepresidente regionale di Legambiente nel lavorare a questo obiettivo, m’incuriosisce osservare il percorso che soggetti (individuali e collettivi) maschili compiono per invertire la rotta di uno sviluppo che reca l’impronta del loro genere e sono sollecitata a fare la mia parte con le mie simili in un percorso comune di riflessione e di pratica.
Per informazioni sulla campagna e su dove si può firmare: www.legambiente.org

23 febbraio 2009

Costanza Panella
Circolo Legambiente Lario Sponda Orientale


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