Carlo Cuppini, Militanza del fiore

di Barbara Mapelli




Il libro di Carlo Cuppini è stato per me un incontro importante, fin dalla prima lettura, lenta e dilatata in tempi diversi, come è necessario, io credo, quando ci si avvicini a un testo composto di poesie. L’ho poi riletto e ne ho valutato il valore anche educativo, inannzitutto per me stessa, ma non soltanto evidentemente.
Anch’io sono vecchia, a differenza dell’autore,  e mi ritrovo nelle parole di Adriano Sofri, che scrive, nella Prefazione al libro,  sono curioso come un vecchio scimpanzè dei sentimenti dei giovani che si sono accorti dello scandalo del mondo. Lo scandalo è cosa di giovani. E, poche righe più avanti, se la prende con l’uso ormai invalso della parola indignazione, che è invece parola da vecchi (…) Cuppini non è indignato, è incazzato nero o allegro rosso…
Le sue poesie infatti sono denuncia dei molti scandali che vivono e danno fisionomia al nostro contemporaneo, ma il colore delle sue parole, dei versi che compongono le pagine riesce ad essere di tono non magistrale, non moralistico né, appunto, noiosamente indignato: ci conduce con mano apparentemente leggera, talora in forma di ballata, talora di filastrocca quasi infantile a toccare le atrocità che ci circondano, una normalità del male, cui ci abitua la sua pervasività, la reiterazione ossessiva di immagini, notizie, servizi televisivi, tiggì, discorsi sull’autobus che porta a casa dal lavoro, discussioni in cene in cui tutti sono d’accordo e nessuno fa niente.
Carlo è incazzato nero, le sue parole si incendiano di allegro rosso, ma non assumono mai, fortunatamente, i toni dell’indignazione, il sentimento dei ‘buoni’, di quelli che prendono le distanze.
La normalità delle nostre vite nasconde, rende opachi gli orrori che vi si celano, rende (può rendere) insensibili ai drammi, ai fuochi di guerra, in realtà non molto lontani.
armatura in regalo a puntate con ‘Gente’
ottima al posto della crema solare
protegge il corpo dalle radiazioni
e dal male
(…)
e per fortuna che c’era un bel grumo
di mucillagine a pochi metri da riva
a drenare quei pezzi di corpi
di slavi del sud che ci avrebbero –
lambendo le caviglie – rovinato le ferie
La sorpresa del male ci coglie nell’intimità , nella semplicità dei gesti quotidiani, abita nelle nostre case, ci accompagna nella scansione tranquilla delle giornate, quando dormiamo nei nostri letti e consumiamo i nostri pasti.
(…)
poi si apre l’anta della dispensa
tra i pacchi dei biscotti s’ affacciano
migliaia di profughi libici
ti vengono incontro
sorridenti
pieni di fiori nel grembo sfondato
ballando il samba ti riempiono gli occhi
di fosforo bianco – e la cucina
Il cibo, i consumi, le invenzioni del mercato che ci trasformano in avidi raccoglitori e raccoglitrici di punti, di occasioni (da non perdere, assolutamente), divengono bizzarre malattie del normale, irreprensibile quotidiano.
patologia in regalo coi punti
contentamento isterico
senza pretesa di felicità
familiarità dell’accumulo
non necessariamente con incremento
del colestrolo (dice il medico)
(…)
E la follia giornaliera prende la forma, in un’altra poesia, di un orrore che pare impronunciabile e che Cuppini ci allestisce nel piatto, nella luce chiara e intollerabile di una semplicità avvolgente nel suo orrore.
(…)
i soliti mille bambini disciolti nel purè
liofilizzato con gli organi interni stipati  in scatoletta
promemoria tirare linguetta rimetterli
ognuno al suo posto
anche se adesso non serve
Ma basta poco per sentirsi, ancora, buoni
(…)
chiamare i pompieri/salvate
il gattino/eccetera
amare i pompieri
gattino ryan
eccetera
pompieri
(…)
Siamo buoni e intanto invecchiamo, diventiamo scandalosamente vecchi, e altre, altri – quelli che non possono invecchiare come noi - si prendono cura dei nostri corpi.
(…)
gli ex torturati a guantanamo
ci verranno a lavare la schiena
quando ancora vivi saremo
troppo vecchi anche per stare all’ospedale   
Si scopre, nel nostro silenzio, non solo la colpa, non solo la pavidità o la paura - …e allora noi vili, scriveva un altro poeta - ma la perdita di noi stessi.
tolto il bavaglio
non c’è bocca
 né faccia

senza trucco
né inganno
ci tocca scoprire
che nessuno ci aveva costretti a tacere
se non il tacere
E in questo normale percorso tra sofferenze, silenzi e cantilene sorridenti di atrocità, trova posto ancora l’amore, ancora il desiderio (o la necessità?) di dare vita.
(…)
nel nostro stringerci
come mattone bruciato
nella stanza accerchiata
in quest’ora
di assedio
c’è nostro figlio
che vuole sbocciare

 

Carlo Cuppini,
Militanza del fiore
,
Maschietto editore,
Firenze 2011, 15 euro

Recensione pubblicata sul numero 4, anno XV, Rivista Pedagogika

 

12-01-2012