Televisione: Il festival gelatinoso

di Daniela Pastor

 

E’ nato a La Maddalena il vincitore del sessantesimo festival di Sanremo, il diciannovenne Valerio Scanu. E’ dall’indagine sugli appalti di quello che sarebbe dovuto essere il G8 alla Maddalena che su tutti i media è apparsa la definizione di “sistema gelatinoso”. Non vi preoccupate per l’accostamento che ho fatto nel titolo e per le coincidenze geografiche dell’esordio. Non ipotizzerò  trucchi, corruzioni o voti comprati per promuovere le canzoni: se ne parla già tanto, e in fondo, se ne è sempre parlato, dai tempi della sola giuria alle cartoline dei telespettatori, anzi, ci sono stati anni in cui le polemiche nascevano già ai tempi delle bocciature nella preselezione dei partecipanti.

La gelatina mi ricorda qualcosa che non ha molto valore di per sé, che di solito non si gusta da sola, ma ricopre, decora, conserva altri cibi su cui si insinua, si spalma, fino a quasi scomparire con la sua trasparenza, rendendo il composto forse più brillante nel colore, ma di gusto diverso.
E’ l’effetto che mi ha fatto il festival quest’anno, che non fosse più valido lo slogan :- Perché Sanremo è Sanremo-, che abbia perso elementi tipici della sua identità per adattarsi, lasciar affiorare  quelli di altri programmi, in particolare i reality delle tv commerciali, mentre non è una novità che da molto tempo la Rai attraverso Sanremo sponsorizzi se stessa con la presentazione dei futuri palinsesti.

Sono tornato a casa” ha detto domenica Valerio ad Amici , entrando a metà serata, dopo che un RVM lo mostrava bambino, in Bravo Bravissimo del 2002, premiato da Mike Buongiorno che lo incoraggiava a continuare a cantare. Poi l’ingresso con il trofeo del leone e la palma, le congratulazioni a Pierdavide, l’autore della canzone, l’abbraccio a Maria de Filippi, al fido Jurman, suo coach e maestro l’anno scorso, a Vessicchio che aveva diretto l’orchestra che lo aveva accompagnato a Sanremo. In lacrime Maria ( così  la telecamera che aveva spiato il suo primo piano, colto il ciglio umido, poteva lasciarla)  come commossa era stata l’anno scorso sul palco di Sanremo, ospite dell’ultima serata,  pronta ad accogliere l’attonito e felice  Marco Carta, l’allora campione in carica di Amici, vincitore “a sorpresa” della competizione.

Domenica, Valerio aveva accennato al “freddo” della platea sanremese in confronto al calore familiare del talent show di canale 5: quale scarto con la percezione che ne avevo avuta io che ho seguito entrambi nell’ultimo anno! Non so se sia tutta verità, tutta fiction, o un’elaborazione della realtà da parte di quei personaggi misteriosi che dal primo Grande fratello abbiamo cominciato a chiamare “autori”, ma non credo che sia neppure importante:  l’immagine di Amici 2009, in cui Scanu si era classificato secondo alle spalle di Alessandra Amoroso, mi era sembrata ben altro che una casa o una famiglia, ma piuttosto una “scuola” in cui tutti erano contro tutti, docenti contro allievi e colleghi, ragazzi che si schernivano  fra di loro, giornalisti  e pubblico che dispensavano epiteti e rimproveri.

I tre minuti di Alessandra Amoroso a Sanremo che duettava con Scanu in “Per tutte le volte che”,  salvandolo così dall’eliminazione cui era stato relegato la seconda sera, lo sguardo e l’abbraccio con cui concludeva la performance, potevano essere invece letti come lo specchio di quell’amicizia che spesso, guardando il format di canale 5, pensiamo sia solo nel titolo.

Sono io che sto idealizzando, per una canzone d’amore, o è  Sanremo che offre l’immagine migliore di “Amici”, come la sobria, elegante apparizione della De Filippi  ospite d’onore nel 2009, che scendeva lentamente le scale dell’Ariston nel festival 2009, era ben lontana dallo stesso personaggio seduto sulle scale di Uomini e Donne tutti i pomeriggi mentre scatena la rissa verbale fra le casalinghe frustrate e le  “corteggiatrici”? A Sanremo, quindi, il compito di valorizzare Amici  nella sua funzione originale di talent show proprio quando i mass media invece lo accusano di essersi trasformato troppo in un reality?

La classifica finale del festival ha naturalmente promosso anche i protagonisti delle edizioni di X Factor, il talent show della Rai, con gli ottimi piazzamenti di Marco Mengoni e di Noemi, nonché con la vittoria di Tony Mayello nella sezione giovani, ma sono gli “Amici” ad aggiudicarsi il primo premio per due anni consecutivi, rispecchiando un po’ i confronti dell’Auditel quando i sabati sera si fronteggiano le “Poste per te” della De Filippi con i vari Treni dei desideri o Ballando con le stelle di Rai Uno. 

Dalla “gelatina” di questo festival credo, però, sia emerso anche il peggio di Amici. Confesso di essere rimasta molto colpita dal cambiamento nelle reazioni del pubblico e dell’orchestra. Generazioni di spettatori si sono sedute sulle poltrone del Casinò di Sanremo e poi dell’Ariston, ma tutte sono sempre state giudicate fredde, composte, educate, più preoccupate di sfoggiare i loro abiti da sera che di creare un clima accogliente per far sentire “a casa” i cantanti.  Hanno sempre accolto con tranquillità o con qualche fischio isolato la “non premiazione” di  pezzi che avrebbero fatto poi la storia del festival, da 24000 baci di Celentano, a 4 marzo 1943 di Lucio Dalla, da Vita Spericolata di Vasco Rossi, a 1950 di Amedeo Minghi (addirittura ultima in classifica) e Donne di Zucchero (penultima), ecc.. Hanno continuato ad applaudire i cantanti rimasti anche quando uno di loro, Luigi Tenco, si era ucciso fuori scena.

Quest’anno abbiamo assistito invece ad una scena felliniana, (vera? costruita? Non importa…) con gli spartiti dell’orchestra che volavano sul palco (l’inquadratura di uno di questi accartocciato in primo piano dava un certo brivido, quando si è letto Volare) per una generale contestazione sugli esclusi dalla selezione della terna finale, ma soprattutto, in sintonia con le urla del pubblico “Venduti, venduti!” , contro quell’Italia amore mio ’indecorosa e per nulla divertente, quali furono altri inni festivalieri alla nazione, da Cutugno a Reitano”, come Alberto Piccinini su Il manifesto. definisce la seconda classificata. Provocatori, aggressivi, sprezzanti sono stati anche i singoli interventi, sia in studio sia nelle telefonate da casa, nell’ideale prosecuzione della finale del festival il giorno dopo, a Domenica In, mentre Pippo Baudo metteva Vittorio Scanu nell’arena  fra pubblico e giornalisti. Visto poi che questi ultimi erano le stesse persone che l’anno precedente giudicavano gli “Amici”, sembrava proprio nei toni e nei contenuti che non ci fosse soluzione di continuità fra l’una e l’altra trasmissione.

Una volta poi, era compito del presentatore del festival mantenersi neutrale, cercando poi nel dopofestival di arginare, mediare le critiche ai cantanti; quest’anno invece la Clerici affermava di capire le contestazioni, di dissentire dalla classifica, di concordare con l’orchestra. Il pubblico sovrano, allora, proprio nei gesti che ricordano il comportamento dei tanti protagonisti dei talk show televisivi cercando di sovrastarsi l’un  l’altro con la voce? Eppure questo pubblico “disgustato” dalla retorica pseudo patriottica di una canzone e dal principe suo autore, applaude poi l’intervento altrettanto retorico del ministro Scajola, mentre  fischia invece chi gli ricorda l’amara realtà di ogni giorno, Costanzo, Bersani, gli operai di Termini Imerese.
E’ stato questo, forse, l’unico momento in cui gli spettatori hanno ricordato che Sanremo è Sanremo, cioè un festival di canzoni, in cui sono ammesse le autorità, ma debba rimanere fuori tutto ciò che ritroveremo nella settimana successiva nella nostra vita e nei vari Annozero e Porta a Porta? O era il modo scelto dal “popolo sovrano” per confermare che il dissenso fosse solo in ambito canoro?

La commistione, il “fluttuare della gelatina” fra il festival e il reality show non ha riguardato però solo il vincitore o il pubblico, ma è passata “attraverso il corpo” della “protagonista assoluta”, Antonella Clerici.
Era una presenza annunciata la sua, almeno da due anni dal direttore della Rai, quando già calcava  il palco dell’Ariston il sabato sera per “ Ti lascio una canzone” , amata dai bambini e anche delle donne, le quali non vedono in lei una rivale, ma una  “complice”, pure nella lotta contro i chili di troppo, da lei sempre portati con disinvoltura, brio e semplicità. Aveva una sua professionalità già collaudata da anni di tv la Clerici, da annunciatrice a conduttrice eclettica, da testate sportive ai rotocalchi della fascia antimeridiana, ma la sua figura era proprio l’antitesi di quelle apparizioni statuarie, leggiadre e sensuali che sono state le donne di Sanremo, vestite dai migliori stilisti che valorizzavano ancor di più il loro fisico. Il momento, atteso ogni anno, in cui la “Lei”, di solito modella e attrice  scendeva dalle ripide e alte scale sul palcoscenico, sarebbe potuto essere la versione televisiva del “Chi è questa che vèn, che ogni om la mira?” di Guido Cavalcanti.

Nessuna scala quest’anno  per entrare in scena, ma solo nei trailer che già un mese prima ci ricordavano l’appuntamento con la manifestazione canora, e in cui  la Clerici correva per la scalinata del Casinò di Sanremo con la colonna sonora di Rocky: di lei parlavano il web e i giornali di gossip sottolineando la  dieta che l’aveva portata addirittura al pronto soccorso per un collasso. Durante il periodo della manifestazione, poi, lei, nelle interviste fuori scena appariva veramente dimagrita e, visto che a differenza dei conduttori precedenti è stata l’unica a sottolineare la presenza sua e di tutta la troupe per un mese a Sanremo, avevamo quasi l’impressione di assistere a quel reality show su Sky,” Cambio vita…torno in forma”, gestito da Natasha Stefanenko, in cui una bella ragazza un po’ in carne si sottopone a  settimane di dieta e ginnastica per poi essere alla fine truccata e vestita in modo vistoso, tanto da perdere, almeno, ai miei occhi, la sua specificità, il fascino naturale, “travestita” e “omologata” alle altre.
Con la Clerici è successo un po’ questo, tanto che come donna mi chiedo perchè abbia accettato di dimagrire per poi indossare degli abiti con un taglio che avrebbero fatto sembrare una mongolfiera un’anoressica. Perché dovere ancora ringraziare lo stilista, Gay Mattiolo, seduto in prima fila, per “la fiaba che le aveva permesso di vivere “? Apprezzavo la disinvoltura, l’autoironia con cui la Clerici si muoveva anche con “i costumi”che la rendevano un po’ ridicola, il candore con cui si  rivolgeva agli spettatori come amici o familiari cui confessare:- Mi sento così stretta che non respiro qui dentroDevo stare attenta alla scollatura che se no qui mi esce tutto..-

Nello stesso tempo mi interrogavo sulla scelta degli organizzatori, del perché avessero abbandonato l’immagine tradizionale della presenza femminile di Sanremo, per sostituirla non con quella di una donna “vera”, ma di un personaggio molto simile alle vincitrici del Grande Fratello, amate dal pubblico proprio perché si sono presentate come le Cenerentole, spontanee, molto naif, che alla fine, come premio per l’ essere arrivate in fondo, indossano abiti, molto improbabili su di loro, da Principessa della fiaba...

Chi mi ha seguito fin qui potrà forse dire che sono io l’illusa,  io l’unica che vuole ancora nutrirsi del “sogno” di Sanremo, e che quest’ultima edizione, invece di celebrarne un anniversario importante con la ripresentazione degli stereotipi in sessant’anni, ha fatto ascolti  perché ha saputo rigenerarsi, perché è stata “gelatinosa” lasciandosi attraversare da quello che gli spettatori cercano nei reality: superare la “nomination”, sfiorare l’eliminazione, per vincere  poi con l’aiuto del pubblico, il quale si sente autorizzato a smobilitare e “gettare sul palco” ciò che ha sempre tenuto dentro, la rabbia, la protesta, ma anche la maleducazione, l’insofferenza, l’insulto, le parti peggiori di sé… e che nello stesso tempo coltiva l’idea della cenerentola che diventa regina.

Forse qualcuno potrebbe addirittura chiedermi perché, come “nostalgica” e sognatrice io abbia seguito un festival che rispecchiava una realtà o un reality in cui non mi ritrovo. Potrei rispondergli che il motivo per il quale spero di vederlo anche l’anno prossimo è nascosto in quelle che “sono solo canzonette”, capaci ancora di renderci  “irraggiungibili”, nel sogno di un amore “in tutti i modi, in tutti i luoghi” e perché no? anche “in tutti i laghi”…con “l’universo che ci insegue”.

 

da Nonsoloboxe  www.boxeringweb.net

 

home