Molti uomini hanno cominciato negli
ultimi anni a prendere parola sulla questione della violenza maschile,
riconoscendo l'importanza di un impegno attivo per il cambiamento, a
partire dalla invenzione di nuove relazioni tra uomini e donne nella
vita quotidiana.
Ma da dove muovere in questo tentativo? Credo che oggi ci sia un nodo
di fondo sul quale occorre focalizzare la nostra attenzione. Questo
nodo è la libertà femminile.La
violenza maschile contro le donne infatti non comincia e non finisce
semplicemente con l'atto di forza fisico o sessuale. Lo sfondo da cui
trae origine è quello del disconoscimento della soggettività autonoma
delle donne.
La violenza, la svalorizzazione possono assumere storicamente via via
forme diverse ma esse rimangono in primo luogo modalità maschili di
controllo o di cancellazione della libertà femminile, per libertà
femminile intendendo la possibilità delle donne di abitare il mondo
secondo criteri e misure diversi da quelli maschili.
Come uomini quello che possiamo fare dunque è interrogarci su che cosa
significhi per noi confrontarci con questa libertà guadagnata
dall'altro sesso.
Non c'è infatti aspetto della nostra vita o della società in cui
viviamo, si può dire, che non sia oggi attraversato e scompaginato
dalla novità di una presenza diversa delle donne: le relazioni
d'amore, la famiglia, il lavoro, l'economia, la politica, l'arte, la
ricerca - tutto questo oggi viene messo radicalmente in discussione
dall'eccedenza della libertà femminile.
E per quanto gli uomini cerchino di correre a ripari attraverso forme
di cooptazione o di occultamento della differenza, molte donne oggi
non definiscono più le loro scelte, i loro percorsi in riferimento
alla norma maschile.
La strada della competizione
femminile sullo stesso terreno e con le stesse misure degli uomini non
mette in discussione, anzi per certi versi contribuisce a rafforzare
le forme di potere e di organizzazione maschili, nel lavoro come nella
politica. Ma quando le donne scelgono di differire e di pensare
altrimenti, in maniera non conformista, al contrario lascia gli uomini
completamente spiazzati.
Questa non coincidenza ci obbliga a mettere in discussione le certezze
e le abitudini su cui si basa la nostra sicurezza e la nostra presunta
indipendenza. Ci decentra.
In che misura siamo preparati a questo decentramento?
In che misura sappiamo riportare questa libertà nelle nostre relazioni
quotidiane?
In che misura sappiamo inventare un nuovo modo di essere presenti
nell'amore, nel lavoro, nella politica riconoscendo la nostra
parzialità e assumendo la possibilità dell'incontro con uno sguardo e
un desiderio differente un'occasione straordinaria e non una minaccia?
E questa rimessa in discussione di linguaggi, pratiche, valori, forme
organizzative non apre forse anche alla possibilità di un rapporto
diverso con noi stessi, e tra di noi, rimettendo in gioco sensibilità,
passioni, emozioni fin'ora rimaste sorde e silenti?
Non è in fondo di questa apertura che dobbiamo cominciare a
raccontare?