incontro con Desai
Milano - 24 marzo 2000  


Incontro con Anita Desai

condotto da Anna Nadotti e Luciana Percovich.











Del programma dello scorso anno abbiamo scelto di offrire in anteprima, come buon auspicio per l'attività del nuovo anno, uno stralcio dell'incontro con Anita Desai, incontro che è stato uno dei momenti più intensi della nostra passata attività, sia per la partecipazione del pubblico che per l'eccezionalità dell'ospite.





Luciana Percovich: È un grandissimo regalo questo che ci ha fatto Anita Desai nell'accettare l'invito a venire qui e questo regalo senza Anna Nadotti non sarebbe stato possibile. Grazie di cuore a entrambe.
Stiamo facendo con Anna un corso sulle scrittrici indiane e pakistane, che abbiamo intitolato India, Pakistan, Bangladesh: quasi un continente. Le scrittrici. Abbiamo dedicato due incontri a leggere e commentare i romanzi di Anita Desai e devo dire che per molte, per chi ancora non la conosceva, è stata un'autentica scoperta, perché la bellezza della scrittura di Anita - e chi l'ha letta e la conosce si renderà perfettamente conto di quello che sto dicendo - rasenta a parer mio, a parer nostro, la perfezione, per la sua qualità di scrittura lieve, distillata, apparentemente semplice e priva di ridondanze e contemporaneamente capace di dare il senso profondo della vita privata delle persone, delle relazioni familiari, dei movimenti dell'inconscio essendo, nello stesso tempo, del tutto situata nel suo tempo storico. E' una scrittura che riesce meravigliosamente a tenere insieme tutti questi aspetti restando perfettamente cristallina; una scrittura che ha elaborato tutta la grande cultura letteraria inglese e ce la restituisce da un altro punto del mondo, da una prospettiva che non è più quella dell'Inghilterra, ma quella di un popolo con una cultura e una tradizione letteraria altrettanto grande e millenaria. Quella di Anita Desai è una scrittura che nasce da questa rara fusione, da questo raro incontro che noi non abbiamo ancora finito di apprezzare e che ci ha fatto venire il desiderio di porle tante domande.
Anita Desai quindi non è qui per tenere una conferenza ma per rispondere alle domande che abbiamo già preparato e a quelle che voi qui presenti questo pomeriggio desidererete porle, in modo che ci sia tra noi un dialogo, una piacevole conversazione.
 


Anna Nadotti: Ringrazio Anita Desai di aver accettato l'invito a venire all'Università delle Donne; è un grandissimo regalo anche per me, non soltanto per l'Università delle Donne. Ci tengo a dire che questo incontro con Anita Desai nasce come un momento del corso che abbiamo fatto quest'anno sulle scrittrici indiane contemporanee di lingua inglese perché il gruppo che ha seguito il corso è stato straordinariamente vivace, ha letto tutto quello che proponevo, anzi di più, tant'è che la mia bibliografia iniziale è diventata una bibliografia "in fieri", per la necessità di aggiornarla, integrarla ad ogni incontro, grazie alle continue suggestioni, di grande interesse anche per me. Io faccio la traduttrice, la critica letteraria, la consulente editoriale; e questo gruppo di persone rappresenta esattamente l'interlocutore invisibile per cui lavoro e quindi ringrazio loro.
Vorrei quindi invitare tutte le persone presenti - ci sono anche dei giornalisti che hanno appena intervistato la scrittrice e che avrebbero voluto intervistarla più a lungo, e li ho invitati a fermarsi perché credo che incontrare i lettori sia molto importante - che hanno domande da fare ad Anita Desai di lasciare la precedenza alle domande che abbiamo preparato con le donne del corso, visto che ci sono state lunghe discussioni e letture molto approfondite dei suoi libri. Abbiamo letto Chiara luce dell'alba, Notte e nebbia a Bombay, In custodia, Einaudi e i racconti Giochi al crepuscolo, edizioni e/o. Vi ricordo che alla domanda rivoltale in precedenza: "che cosa ci vuole per diventare uno scrittore?", Anita Desai ha già risposto: "prima di tutto essere un forte lettore".

È bellissimo l'inglese di Anita Desai, una lingua in cui vive così agevolmente, con tanta disinvoltura. Però noi sappiamo che lei in realtà vive dentro molte lingue: la lingua della madre -tedesca- e la lingua del padre -bengali- ed è perfettamente a suo agio in tutte queste lingue. Allora come prima cosa le volevamo chiedere come ha raggiunto questa intimità con la lingua inglese, che noi leggiamo, ma molti di voi la leggeranno in italiano ed io spero di averle fatto giustizia al massimo, cercando di rendere questa lingua perfetta, come l'ha appena definita Luciana.
 


Anita Desai: I would like to explain why l'm writing in English when I have grown up with other languages, speaking and hearing other languages; most people seem to assume that it is a matter of choice that I chose English, but I don't think you make the choice when you are six years old and you go to school for the first time. It just happened to be at school where English was the first language I was taught to read and write; of course this happened when I was six and by that time I spoke Hindi, I spoke German but I think the fact that it was the first language that I read and wrote that made the lasting impression on me.
(Vorrei spiegare perché scrivo in inglese quando sono cresciuta con altre lingue. Molti pensano che io abbia scelto, ma non si sceglie quando si hanno sei anni e si comincia ad andare a scuola. È semplicemente successo che l'inglese è stata la prima lingua che ho letto e scritto, ovviamente è successo quando avevo sei anni e parlavo hindi e tedesco, ma credo che aver imparato a leggere e scrivere in questa lingua abbia lasciato un'impressione assai duratura).

Anita Desai: I don't regret this at all because through the English language the whole world of literature opened up to me, not only English but all the world literatures came to me through English translation.
(Non è una scelta di cui mi sia pentita perché in realtà l'inglese è la lingua attraverso la quale le è venuta tutta la grande letteratura, non soltanto quella inglese, ma la letteratura di tutti i paesi tradotta in inglese).
 


Anita Desai: And I think what made me a writer was that I instantly had the world of books. I loved to read them, I loved to have books around me. They were my greatest possessions the shelves of books I had. And so from very early this was the world I wanted to belong to. I didn't think of it being as an Indian world or an English world; to me it was the world of books.
(Credo che ciò che ha fatto di me una scrittrice sia stato avere a un tratto a disposizione il mondo dei libri. Mi piaceva leggerli, mi piaceva averli intorno. Erano la mia più grande ricchezza. E fin da subito ho desiderato appartenere a questo mondo. Non volevo appartenere al mondo della letteratura anglosassone o al mondo della letteratura indiana, volevo appartenere al mondo dei libri).
 


Anna Nadotti: La seconda domanda è su come lei mette insieme questa estrema precisione dei dettagli. Questa accuratezza della descrizione con la sobrietà della lingua, e se oltre al talento indubbio, e forse a una certa tecnica acquisita nel tempo, non ci sia anche l'esperienza della vita e della cultura che ha accumulato negli anni ciò che favorisce questa scrittura così distillata e insieme precisa e sobria, spesso poetica.
 


Anita Desai: I don't know, I suppose it is because through the English language I had to reflect an Indian life; I was conscious maybe in a subconscious way, I was aware that I had to use the language that you could still see, hear, perceive the sounds and sights and images of India. And the way to do it was to keep the language always...I had this image in my mind, the language as pure as glass, so that this can be seen, so that you can see them, they are not obscured…
(Anita Desai afferma che se effettivamente è riuscita a fare questo, cosa che lascia giudicare a noi, ritiene che sia stato perché doveva esprimere l'India in inglese e voleva mantenere intatto il patrimonio di suoni, paesaggi, immagini dell'India scrivendo in inglese e per fare questo pensa che si debba - e lei ha cercato di farlo - mantenere il più possibile trasparente la propria lingua. In fondo la lingua deve essere come il vetro che permette di vedere al di là delle lingue tutte le immagini, i suoni e i paesaggi ..)
 


Anna Nadotti: Nel corso abbiamo letto anche i libri di Shashi Deshpande. In un'intervista Shashi racconta come costruisce i suoi romanzi a partire da personaggi che all'improvviso le compaiono nella testa. Dopo costruisce la trama, i luoghi. Vorremmo chiedere a Desai cosa succede nella genesi dei suoi romanzi, se compare prima un personaggio, due personaggi o la trama, oppure è solamente un flash, che può giungere in qualunque circostanza.
 


Anita Desai: Of course with each book it is a different experience but I find that as one goes along, one has so many experiences,. one meets so many interesting characters, there are so many images that remain in the mind but they often are also forgotten, they pass through one's life and then they vanish. But there are certain images, certain characters, certain words that you find you don't lose, you remember, they stay with you and eventually these come together, you begin to see what the connection is between them. I think when you have a connection, that is when you realize you have got a book a; because one character by himself or itself, one experience by itself they don't make a book; but when you have several beginnings to fall into place and you see what the links are between them, then you realize, now, you can write the book.
(Nel corso di una vita in cui si fanno tante esperienze, si vedono tante cose, si hanno molte impressioni, molte sensazioni, le immagini come sono venute spariscono, ma alcune di queste invece rimangono e sono quelle immagini che cominciano a lavorare dentro di sé, nella propria immaginazione, nella propria testa. A un certo punto alcune di queste immagini si connettono tra di loro, ed è il momento in cui ci si accorge che ci sono dei legami: lì nasce il libro, è proprio il legame che connette alcune esperienze o le immagini di alcune esperienze. Altrimenti un personaggio o anche un'idea non è sufficiente per fare un libro, può essere solo una parte; è proprio dalla connessione fra impressioni, immagini, sensazioni diverse che nasce un libro).
 


Anita Desai: I'll give a few examples. You read Baumgarten Bombay! For a long time I had wanted to find a way to use the German language which I know. I found as I was paralysed; I couldn't use part of my tongue and I couldn't find a way to use it because my material is India. How do you put these things together, the German language, the Indian setting: there is no connection between them.
(Prende come esempio Notte e nebbia a Bombay, che è stato letto nel corso; era molto tempo che voleva scrivere un romanzo in cui utilizzare il tedesco; si sentiva come paralizzata perché la sua lingua materna è il tedesco ed era perciò privata di una parte della sua lingua; però era molto difficile, scriveva dell'India e non sapeva come fare a mettere insieme le due cose: la lingua tedesca e l'ambiente indiano).
 


Anita Desai: Then, one day, I saw in the street of Bombay an old European man feeding cats. I never met him or talked to him but somebody told me something that stuck in my mind. That man is not really poor as he looks, he is rich, he owns his own house. These things stuck in my mind, I didn't know him, I invented his story, how he came to India, how he came to be in the streets of Bombay, feeding cats. So I had a few facts, but not many; the rest had to be imagined and then I made the book.
(Poi un giorno ho visto in una via di Bombay un vecchio europeo che nutriva dei gatti, non l'avevo mai incontrato prima né gli avevo mai parlato ma qualcuno mi disse qualcosa: questo uomo non era così povero come sembrava, anzi era proprietario della sua casa. Io non sapevo in realtà di quest'uomo null'altro, salvo che l'avevo visto nutrire i gatti, che sembrava povero e quest'altra cosa in contraddizione. Non avevo molti dati reali su di lui, però queste due cose si sono fissate nella mia mente, mi si sono attaccate dentro e ho dovuto trovare, inventarmi una storia che creasse questo personaggio, come era arrivato in India ed era finito per le strade a nutrire i gatti).
 


Anita Desai: There is a book, called In Custodia. I went through a short story about the accompanist, about the great musician and about the man who is in the background, merely playing accompaniment. This was a short story and when I finished it...
(Prende un altro esempio: In Custodia. Voleva scrivere soltanto un racconto su un compositore, un grande musicista e sulla persona che sta sullo sfondo, alle spalle del compositore e semplicemente si limita a accennare il motivo. Questo era il racconto e quando lo finì…)
 


Anita Desai: When I finished the short story I found the subject still haunted me. I still wanted to know about the figure of the accompanist, why he gave up his entire life to simply play in accompaniment, never did anything beyond that in the musical world. I wrote a whole book which is an exploration of this relationship between the Maestro and the accompanist; but in the book he became a poet and the accompanist became a lecturer..
(Quando lo finì si rese conto che un'idea le continuava a stare dentro, si chiedeva perché questa persona avesse accettato di stare sempre sullo sfondo, di stare tra le quinte e di limitarsi a fare da accompagnatore e quale fosse il rapporto che si creava tra il Maestro che componeva e stava sulla scena e chi invece stava dietro. Questa era l'idea iniziale in realtà; poi il libro è diventata la storia di un poeta e di un lettore).
 


Domanda dal pubblico: È cambiata l'arte. Come è avvenuto lo slittamento tra un'arte e l'altra?

Anita Desai: It could be that I knew a little bit more about a poet than about music.
(Forse perché sapeva un po' di più di poesia che di musica).
 

Anna Nadotti: Un'altra cosa che volevamo chiedere ad Anita Desai era se quando scrive pensa ai suoi lettori, se pensa a coloro che la leggeranno. Questo perché leggendo abbiamo trovato, come credo tutti voi, sempre molto universali i racconti e i personaggi di cui scrive; e se ha presente il doppio tipo di lettori, in India ed in occidente.
 

Anita Desai: To tell you the truth I cannot think of a reader while l'm writing because writing is to me a very, very private act, I do in complete privacy; in fact, even in secrecy. I was used to always hiding, my work doing it in secret stolen moments. I never showed it to anyone, I never spoke of it to anyone; it was a completely secret act. So I have never involved a reader in my writing, till after the book is printed, published and begins to be read, and then it ceases to be mine, it becomes the reader's property, not mine.
(A dire la verità, mentre scrive non pensa assolutamente al lettore, perché considera la scrittura un atto assolutamente privato, un gesto segreto, e anche quando scrive nella privatezza della sua casa anche lì tende a tenere nascoste le cose che sta scrivendo, non farle vedere, né leggere a nessuno. Solo in un secondo momento, quando il libro è finito, è stampato e comincia a circolare e ci sono dei lettori allora il libro smette di appartenere a lei, diviene di proprietà del lettore, non sua).


Anna Nadottti: Curiosamente ha usato le stesse parole di Shashi Deshpande, "smette di essere il mio libro", e a questo punto, dice, ne posso parlare e posso avere presente i lettori.


Domanda dal pubblico: Baumgarten in un certo senso è il risultato di una doppia storia, una storia europea con la vicenda della persecuzione antiebraica, e però anche una storia indiana con gli effetti della partizione. D'altra parte Baumgarten è una figura che va al di là della storia, perché sembra in qualche modo rappresentare la figura della non appartenenza, della esclusione, della impossibilità di trovare luogo, in qualche modo della estraneità. Da un lato ci sono queste due anime, il risultato della storia, dall'altro anche l'universalità.
Però questo personaggio è anche un individuo assolutamente singolare, un individuo che è proprio lui, che non assomiglia a nessun altro.
Dunque io chiedo come queste diverse componenti, poiché c'è di mezzo una storia, umanità in quanto tale e singolarità, riescono ad essere dette con tanta sobrietà, con tanta essenzialità; come lei riesce a tenere insieme tutte queste cose.


Anita Desai: You have been very kind about the book. I have had criticism levelled at Baumgarten. Critics have said he is too passive, he is no hero, he is entirely passive. History happens to him, he doesn't act, he does not control history. But really that was my whole point. History is a kind of juggernaut which simply drives over Baumgarten with complete disregard. Very often I start a book thinking it is going to be an exercise in contrast. For example, I could have made a contrast of the way Europe treated Baumgarten and the way India treats him but I always discover that there isn't a great contrast, there are always parallels: India too excludes him because he is a foreigner, the way he was excluded in Europe. I often end up finding that different lives are parallel lives and if you find it easy to read my books and have access to it, perhaps it is because I myself don't draw dividing lines between East and West: I always find that they are mirror images rather than contrasts.
(Lei è molto gentile con il mio libro. Questo personaggio di Baumgarten è stato criticato perché è stato considerato troppo in balia della sorte, del destino, completamente passivo rispetto alla storia. Dice Desai: io in realtà volevo scrivere la storia di una persona che ha dovuto lasciare la Germania e anche in India continua a rimanere un estraneo, è in qualche modo escluso anche dall'India. Io ho provato varie volte a scrivere dei romanzi su dei contrasti. Ho provato a scrivere di lui in rapporto alla Germania e ma in realtà non penso che siano veramente contrasti, quanto piuttosto due vite parallele che si svolgono e lui viene egualmente escluso sia dal paese da cui é stato escluso in origine sia dal paese da cui avrebbe dovuto essere accolto. Quindi il meccanismo di esclusione si riproduce una seconda volta. Probabilmente se sono riuscita a fare questo è perché ritengo che dentro di me non ci sia nessuna linea che separa, una esclusione dell'Ovest verso l'Est e viceversa, ma che si tratti di immagini allo specchio anziché di contrasti).


Domanda dal pubblico: Sia Baumgarten che l'insegnante di storia sono degli antieroi, dei perdenti. Ho letto tre libri in cui ci sono due grossi perdenti; in Chiara luce dell'alba invece non ci sono perdenti, ma non ci sono eroi molto attivi. Cosa ne pensa?


Anita Desai:
I'm really not drawn to writing about heroes and heroines in the conventional sense of the words but I have found that my characters who appear like losers, victims show a kind of heroism, of survival. I think if you can come through the experienee of life with the heart and mind intact, without compromising yourself, that to me is a heroic act that needs to be celebrated.
(Desai chiarisce che non è portata a scrivere di eroi. Pensa piuttosto che i suoi personaggi - che sono personaggi che non vincono - hanno una forma di eroismo in loro, riescono a sopravvivere. È piuttosto questo tipo di eroismo che le interessa. Ritiene che se si riesce a traversare la vita, a superare le esperienze della vita con il cuore e la mente intatti, in quella sopravvivenza c'è qualcosa di veramente eroico che va celebrato).



Trascrizione a cura di Ornella Caporaso La trascrizione integrale dell'incontro con Anita Desai verrà pubblicata nella dispensa del corso India, Pakistan, Bangladesh: quasi un continente. Le scrittrici tenuto da Anna Nadotti all'Università delle donne nell'anno 1999-2000.



Anna Nadotti : traduttrice, consulente editoriale Einaudi, collabora alle riviste "L'Indice" e "Leggendaria" e al quotidiano "il manifesto". Sta curando per Einaudi tutte le opere di Anita Desai: ha tradotto La chiara luce del giorno e curato la nuova edizione di Notte e nebbia a Bombay; sta traducendo il nuovo romanzo Fasting and Feasting (Divorare e digiunare, pubblicazione prevista per il gennaio 2001).