La concorrenza sleale uccide
di Stefano Liberti
 

Intervista a Diéneba Diallo, dirigente contadina del Burkina Faso

Diéneba Diallo è la rappresentante della confederazione contadina del Burkina Faso, associata a Roppa (Réseau des organisations paysannes et des producteurs de l'Afrique de l'Ouest), grande consorzio di associazioni agricole molto attive e combattive sul piano della sovranità alimentare e della lotta contro i famigerati Epa (Accordi di partenariato economico) che l'Unione europea vuole firmare con i paesi del Sud.

 

Si è appena concluso a Selingué, nel sud del Mali, il forum sulla sovranità alimentare. Di sovranità alimentare si parla oggi al convegno di Bamako. Qual è la vostra posizione?

Finché non avremo la possibilità di mangiare a sazietà, non potremo dire di vivere in una democrazia. Oggi, la concorrenza dei prodotti agricoli europei e asiatici uccide i nostri mercati; ci lascia letteralmente senza nulla in mano. Vi faccio una semplice domanda: perché gente senza un reale potere d'acquisto dovrebbe comprare un litro di latte da me che lo vendo a 350 franchi Cfa (poco più di mezzo euro) se qualcun altro viene da fuori e lo vende a 100-150 Cfa?

 

Sta accusando l'Unione europea di fare concorrenza sleale?

Diversi paesi invadono i nostri mercati e distruggono la nostra competitività. Il caso del cotone è il più noto: con le loro sovvenzioni ai produttori, Stati uniti e Unione europea rendono la nostra produzione non competitiva. Loro sanno benissimo che i nostri governi non possono sovvenzionare gli agricoltori. Si tratta di una reale ingiustizia.

 

Oltre alla concorrenza europea, c'è anche il problema del mancato funzionamento dell'area di libero scambio dell'Africa occidentale (Cedeao). Perché non funziona?

La produzione della Cedeao è al momento principalmente orientata all'esportazione. Se facciamo il confronto, l'Ue destina al suo mercato interno circa il 75 per cento della produzione agricola. La Cedeao è ha un livello molto più basso, tra l'8 e il 13 per cento. Il caso del cotone è eclatante: il 95 per cento della nostra produzione va all'estero. Dobbiamo sviluppare il nostro mercato interno. E per farlo dobbiamo respingere gli Epa, gli accordi che Bruxelles vuole imporre ai nostri governi.

 

Come pensate di opporvi agli Epa?

Si tratta di un problema eminentemente politico. Ed è per questo che faremo delle azioni politiche per impedire la firma di questi accordi. Già siamo stati indeboliti dagli accordi di aggiustamento strutturale imposti negli anni Novanta dalla Banca mondiale. Da allora, l'Africa occidentale è sempre più dipendente a livello agricolo. Nello stato attuale, degli accordi di partenariato economico sarebbero un ulteriore disastro.

 

Che cosa proponete per sviluppare il mercato interno?

Bisogna imporre nuove dazi doganali, proteggere i nostri mercati, come si fa in tutte le aree del mondo. Attraverso questa protezione dobbiamo raggiungere la sovranità alimentare. Ci deve essere un impegno politico degli stati a definire una politica necessaria per produrre ciò di cui i cittadini hanno bisogno per nutrirsi.