Il diario di Frida Kahlo

di Donatella Bassanesi


Frida Kahlo


Frida Kahlo sapeva cantare. La sua voce era profonda. La sua risata viscerale. Diceva parolacce. Aveva un grande amore per gli amici. E sapeva stare con la gente comune.
La si considera vicina ai dadaisti per le provocazioni, e ai surrealisti nella tensione all' origine e nell'interesse per l'inconscio. Di lei Diego Rivera dice: "Mai fino ad allora una donna era stata capace di mettere sulla tela tanta disperata poesia".

Il diario non l'ha concepito per il pubblico, è una memoria privata. Sta dunque fuori scena, cioè è ob-scena: osceno.
Un diario dunque che è testimone di un essenziale sentimento verso se stessa.
Essere assente come totalità ("le mie gonne con le balze di merletto e la vecchia camicetta che portavo sempre, fanno il ritratto assente di una sola persona"). Essere frammentata ("non sono malata, sono a pezzi") e insieme frammento. Desiderante appartenenza ("terra libera e mia. Soli distanti che mi chiamano perché faccio parte del loro nucleo").
Partendo dal suo corpo non malato ma "fatto a pezzi" va oltre le sue messe in scena, i suoi travestimenti con gli spettacolari ornamenti delle contadine messicane, il vestito-travestimento-provocazione che mostra un'assenza (ciò che si è perduto) rivelando contemporaneamente desiderio di appartenenza (a una terra, l'antico Messico, sono degli olmechi, aztechi, toltechi gli dei, i miti, i templi).
Entrare in questo fuori-scena permette di capire di che cosa si compone la scena, quali artifici la rendono possibile e a quali segreti pensieri permette di emergere da quel fondo indistinto dell'essere di cui si alimenta la vita. E' farsi guardare (interrogare) dalla maschera. Artificio meraviglioso, che nascondendo mostra, smaschera.


Pittrice lenta, meditativa, il cui lavoro interiore diventa misteriosamente vicino al prossimo, al mondo animale, delle piante, delle terre e dei cieli, considera la conoscenza di sé bellezza, un divenire mai un compimento, e l'amore un generare unirsi, un evento sacro, nel diario ha un tratto rapido, tormentato, che rivela l'immediatezza della sensazione appena provata (disegni che fissano provvisoriamente immagini latenti appena affiorate).

Sono appunti teorici, riguardano le forme del fare e quelle del pensare. Quel luogo che sta tra ed è "orma di piede e orma di sole".

"Il mio desiderio è capire la linea la forma l'ombra il movimento". "Con enorme inquietudine, ma con la certezza che tutto è governato dalla 'sezione aurea'. C'è un adeguamento cellulare. C'è un movimento. C'è luce. Tutti i centri sono gli stessi. La pazzia non esiste. Siamo gli stessi che eravamo e che saremo. Senza contare sul destino idiota".
"Sorpresa, indugiò a osservare le stelle-sole e il mondo vivo-morto e a stare nell'ombra".
"La vita scorre, e apre sentieri, che non si percorrono invano. Ma nessuno può trattenersi, 'liberamente' a giocare su quel sentiero, perché ritarda o devia il viaggio atomico e generale".

Ricerca di unità come esistenza compresente degli opposti. "La rivoluzione è l'armonia della forma e del colore e tutto esiste, e si muove, sotto una sola legge = la vita = Nessuno è separato da nessuno. Nessuno lotta per se stesso. Tutto è uno. l'angoscia e il dolore, il piacere e la morte non sono nient'altro che un processo per esistere. La lotta rivoluzionaria in questo processo è una porta aperta all'intelligenza".

La morte compagna. "Un'enorme uscita molto silenziosa", "siamo diretti verso noi stessi attraverso milioni di esseri pietre - esseri uccelli - esseri astri - essere microbi - essere fonti di noi stessi", "io credo che sia meglio andare, andare e non scappare. Che tutto passi in un momento. Magari".

La pena e il dolore: "Aspettare con l'angoscia contenuta, la spina dorsale spezzata, e lo sguardo immenso senza poter andare, lungo il vasto sentiero… movendo la mia vita serrata nell'acciaio", "silenziosamente, la pena / rumorosamente il dolore. Il veleno accumulato mi lasciò a poco a poco l'amore. Mondo strano era già il mio di silenzi criminali di vigili occhi estranei equivocando i mali".

E infine il ritrovamento di se stessa bambina (la seconda Frida). "Entravo e scendevo fuori del tempo nelle viscere della terra, dove la mia 'amica immaginaria' mi aspettava sempre. Non ricordo il suo aspetto né il suo colore. Ma ricordo la sua allegria - rideva molto. Senza suoni. Era agile e danzava come se non avesse peso alcuno. La seguivo in ogni suo movimento, e le raccontavo, mentre lei danzava, i miei crucci segreti. Quali? Non ricordo. Ma lei sapeva dalla mia voce tutte le mie cose. Quando ritornavo alla finestra, entravo per la stessa porta disegnata sul vetro. Quando? Per quanto tempo ero stata con 'lei'? non so. Forse un secondo o migliaia di anni… Ero felice. Cancellavo la 'porta' con la mano e 'spariva'. Correvo con il mio segreto e la mia allegria nel più remoto angolo del cortile di casa mia, e sempre nello stesso posto, sotto un albero di cedro, gridavo e ridevo. Sorpresa di essere sola con la mia gran felicità e con il ricordo cos' vivo della bambina. Sono passati 34 anni da quando ho vissuto quella magica amicizia e ogni volta che la ricordo, rivive e cresce, sempre di più dentro il mio mondo".


Sarah M. Lowe (a cura di)
Il diario di Frida Kahlo, autoritratto intimo
Arnoldo Mondadori , 1995