TRATTO DAL LIBRO DI ZOE HELLER "LA DONNA DELLO SCANDALO"

Diario di uno scandalo

di Gemma De Magistris

 

Il sottotitolo del film recita una cosa tipo "solo una donna può tradire un'altra" spostando l'attenzione su qualcosa che nel film non ho percepito. E' vero che questo film può avere diverse letture, per me ne ha una fondamentale: l'orrore della solitudine.

Barbara Covett (Judi Dench) è una insegnante, rispettata, temuta e forse detestata dai suoi studenti che non sono esattamente dei ragazzini inglesi beneducati ma sembrano degli animali da addomesticare. Arriva nella scuola una nuova collega di arte e Barbara, attraverso il suo diario (l'unico a cui può dire tutto, ci informa all'inizio del film) ce la presenta.

Sheba Hart (Cate Blanchett), la nuova docente è sicuramente un po' bizzarra, ma più che altro ci tiene a mostrarsi tale, in fondo è una donna piuttosto anaffettiva, poco incline a riflettere sulle conseguenze dei suoi gesti, delle sue azioni, delle sue scelte. Sheba fa perchè è convinta che, dopo 10 anni di assistenza ad un figlio affetto da sindrome di Down, la vita le debba un risarcimento. Sheba pensa di essere buona, discreta moglie di un suo ex docente, madre capace e devota di una adolescente indifferente e falsamente cinica, in sintonia con gli studenti perchè in fondo durante le ore di arte anche il baccano è consentito. Ma Sheba non ha mai conosciuto "quasi per diritto divino" la solitudine.


Barbara è sola, è sempre stata sola. In una splendida scena in cui la Dench è di una bravura straordinaria e si offre alla macchina da presa nella vasca da bagno come a simboleggiare un esporsi totale, un nominarsi assoluto, ci racconta che si può essere talmente sole che il contatto lieve e fugace con il bigliettaio del tram può dare come una scossa di eccitazione. Da quanto tempo Barbara cerca un'amica? e perchè un'amica?
Barbara non è lesbica, prova tenerezza, amore, comprensione, entra in empatia sì forse avrà avuto, potrebbe avere desiderio ma è così poco importante.  Quando Barbara offre e cerca un contatto fisico è di una tenerezza adolescenziale. (Le adolescenti, da quello che mi risulta non hanno paura di toccarsi, non ancora), Sheba invece da piccola borghesuccia in cui si è trasformata, bruscamente la interompe.
 
Mi è venuta in mente una frase di cui però preferisco non citare fonte ed autrice: "quando si soffre sono le braccia di una donna che vuoi sentire intorno a te".

Ma Sheba non è la persona giusta per Barbara, la ferisce con indifferenza, noncuranza, con la sua totale amoralità, a lei interessa un rapporto sessuale con un suo studente quindicenne, una storia di sesso in cui il desiderio e la passione non giocano alcun ruolo. Sheba al primo colloquio con Barbara si racconta troppo, con troppa noncuranza e Barbara sa, scrive e ci dice che questo non è raccontare chi si è veramente, è solo un affastellarsi di fatti, eventi. E' come dire: ecco questa è la storia della mia vita, il resto non importa.

Ma a Barbara importa il resto, vuole "avere" Sheba come ogni amica vuole "avere" una amica, averla sul serio, e questo lo si ottiene lentamente, gradualmente, le maschere cadono con molta lentezza, dolcezza, comprensione, non c'è mai nulla di brusco.  Ma in questo rapporto manca quel momento magico, quella sorta di rivelazione in cui non necessariamente una parola o un discorso, ma un gesto, uno sguardo, un contatto fisico, vero, fa diventare una conoscente, una collega, amica e si entra in un'altra dimensione. Barbara è alla disperata ricerca di questo ma non lo ha trovato e reagisce crudelmente perchè la continua frustrazione, la solitudine intesa come un grande buco nero in cui sprofondare, fa diventare perfidi. E si vendica, la denuncia; davanti allo scandalo, allo smarrrimento del marito, la accoglie in casa. 

E' un momento bello per lei, eppure sa che l'amica è fatta in un certo modo, ma le vuole bene, è disposta ad accettarla.
 Anche qui una scena brevissima, una coperta che copre dolcemente una caviglia mentre Sheba dorme, non c'è nessuna morbosità, solo una delicatezza infinita.

Poi l'amica torna a casa, sempre per diritto divino, in fondo cosa ha perduto? Una professione che non è in grado di svolgere con autenticità, null'altro. Avrà di nuovo il suo disordinato e sciatto laboratorio, "una stanza tutta per sè" che non è in grado di apprezzare, anche quella le è dovuta. Come se la riflessione di Virginia Woolf sul fatto che ogni donna ne avrebbe diritto non la toccasse ed infatti non la tocca, lei non c'entra.
 
 Barbara di nuovo sola e senza più lavoro, è però ancora aperta all'imprevisto, compra un nuovo diario, sembra di sentire l'odore delle pagine bianche e ritenta.... Sembra patetica, non lo è  mai, è forte, crudele, talvolta rassegnata ma straordinaria nel suo credere che sia ancora possibile un legame vero, una relazione d'amore, e per lei amore è talmente tanto che si è un po' soprafffatti.

Inutile aggiungere che l'interpretazione della Dench è eccezionale. E' lei a creare il tema che non è lo scandalo o lo squallido rapporto tra studentessa e allievo, ma c'è altro e quell'altro è un animo complesso che non riesce a mettere a nudo almeno un pochino quello di un'altra di cui essere finalmente "amica".

24-02-07