La località perduta: difesa d’ufficio, non-senso
di Donatella Bassanesi


 

Ti domando, la località è difesa?
È assenza? Ma non come indicibile assoluto? Come negazione di una presenza? È mancanza e mancamento? È venir meno di ciò che  potrebbe non esserci mai stato?
Non luogo è più di sradicamento? Appartiene all’ordine degli assoluti, come di-speranza e più ancora come in-esistenza (che attrae a sé come un destino)?

Strada di cui non c’è né entrata né uscita, che non si percorre, e neppure si vede, dove non passano parole  e neppure silenzi, semplicemente un vuoto indifferente-astrazione.

La nascita era lungo le linee dei bombardamenti, sulle strisce dei treni notturni, attraversati tra passi passetti tra le immondizie dimenticate: la santità degli ultimi di cui c’è–non c’è traccia lungo le scarpate delle ferrovie.

Non c’era più nulla da volere. Tutto se n’era andato silenziosamente per un silenzio senza come. Sola la Morte avanzava fraterna-materna coprendosi pudica le labbra, chiamando il silenzio.

Silenziosi terrori corrono lungo le linee telefoniche, tra parole maldestre e gli odori permanenti di antiche vite.

Le parole si assolvono di aver alterato i silenzi,
scalmanate, strampalate,     
intendono tenere il palcoscenico,
e sferzano l’aria con risate, malsane, nello stridore della rotaia.

La seconda domanda rincorre la prima che, nascosta sotto il tetto, occhieggia deduttiva – le parole non dette, i silenzi nascosti.

Aveva dimenticato tutto,
per qualsiasi cosa,
che chiunque portava fuori,
dalle cantine abbandonate,
ai rumori del tempo,
nelle oscurità cantate,
delle notturne memorie,
rubate ai tormenti.

Poveri silenziati rancori corrono lungo le schiene curve a raccogliere ciò che non c’era.

Tu credi sia facile morire,
ma la vita si attacca,
stringendo struggendo,
con le unghie e coi denti,
i brandelli che non sanno sfuggire
alla presa,
silenziosi si contorcono,
attorcigliandosi tentano di sparire.
 

11-03-2011

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