Concepire massacri

di Donatella Bassanesi


Bianca Maria Neri

"Nel 1925 la Convenzione di Ginevra pone fuori legge l’uso dei gas chimici. Tuttavia gli italiani impiegarono poi i gas per domare le ribellioni nelle colonie, e negli anni ’80 l’Iraq fece uso di gas contro militari e contro civili iraniani.
Il permanere di sistematici genocidi è sistema che si regge sulla paura del diverso la cui persecuzione è ammonimento per tutti. Mentre il clima di paura installato attraverso la repressione serve a coprire interessi (gli affari, i poteri) che proprio attraverso le forme repressive acquistano vantaggi.
È un’inversione di tendenza quella che si realizza nel 1914 rispetto alla prima abolizione formale della tortura in un paese occidentale che si ebbe nel 1870. inversione che deriva dal fatto che le guerre non si dichiarano più, semplicemente si fanno. Perciò neppure le paci si negoziano più. Questo comporta per un verso che negli stati moderni ci sia un numero di vittime civili molto maggiore di quelle militari, e per un altro che nelle operazioni di pubblica sicurezza sia tollerato l’uso della tortura e dell’omicidio" (Eric J. Hobsbawn, Age of Extremes – The Short Twentieth Century 1914-1991 1994; tr. it. Il secolo breve, Milano, 1995, p. 27).

Il secolo breve segna il declino dell’Europa.
Le industrie vengono portate altrove.
Mentre il mondo è complessivamente una unità operativa, a partire dalla prima guerra mondiale al collasso dell’URSS.

L’ultima parte del secolo potrebbe essere chiamata ‘età delle catastrofi’.
E perciò si guarda al futuro con paura (nonostante il benessere raggiunto) perché il novecento è stato il secolo dove maggiormente si cercò di terrorizzare i civili (specie con i bombardamenti aerei), il più sanguinario, per “la dimensione, la frequenza e la lunghezza delle guerre” e perché “ha prodotto catastrofi umane senza precedenti” (dalle carestie ai genocidi) (Eric J. Hobsbawn, Il secolo breve, cit. pp. 25, 26).

Tra il 1947 e il 1973 si colloca l’età dell’oro del capitalismo. Capitalismo che, insieme al socialismo, ha sepolto il mondo dei nostri antenati.
L’introduzione dell’individualismo in economia aveva portato la borghesia a liberarsi dell’individualismo come morale, nella cultura e nel comportamento, forme di individualismo che aveva d’altra parte, sempre cercato di tenere lontano perché in antitesi con l’interesse puramente personale (che è evidentemente contro l’interesse dell’altro, contro l’altro).
Così “i presupposti umanistici e razionalistici condivisi sia dal capitalismo liberale sia dal comunismo” (ibid.p. 23) che avevano retto la lotta contro il fascismo, entrano in una crisi che è “sociale e morale” (ibid.). Ma la situazione nelle sue articolazioni, i confronti, sono complessi e difficilmente comprensibili.
Ciò che è sopravvissuto della Rivoluzione d’Ottobre sono le istituzioni interpretate dai vincitori del secondo conflitto mondiale (ibid. p. 16). Così fu la temporanea alleanza del capitalismo liberale e del comunismo a salvare la democrazia. E d’altra parte va riconosciuto che i capitalisti furono salvati prima in guerra e poi in pace dal comunismo, avendo il capitalismo tratto dai regimi socialisti l’economia pianificata (ibid. pp. 19, 20).
Il mondo che si era formato con la rivoluzione russa del 1917 va in frantumi negli anni ’80. La frattura è fra economie organizzate secondo il modello sovietico / ed economie del resto del mondo.

Nella nostra civiltà occidentale il 1914 è la data con cui inizia l’età dei massacri. Non indica che in precedenza non si uccidesse, indica che esistevano regole in un certo senso ‘cavalleresche’ fra contendenti che si rispettavano considerandosi contro-parti. Ma con la prima guerra mondiale questo finisce. Fu guerra totale prima di tutto perché la politica e l’economia si erano fuse.

La Germania parlava di guerra fulminea.
Ciascuno poteva pensare che in fondo poteva cavarsela e pensava a come cavarsela. Individualmente. Un’idea implicita nella teoria dell’economia capitalistica, ossia una società “che consiste nell’assemblaggio di individui egocentrici tra di loro separati, i quali perseguono solo la loro gratificazione (sia essa definita come prodotto, come piacere o con qualunque altro nome)” (Eric J. Hobsbawn, Il secolo breve, cit. p. 29).
La figura del nemico implica un punto di vista diverso intorno ai pensieri, alle cose e al mondo.
Concepire i massacri è potuto avvenire negando esistenza all’altro.
È la cancellazione dei morti dell’altra parte e l’esaltazione dei propri trasformati da quella “aureola di eccezionalità che in passato era riservata solo agli eroici ‘grandi caduti’” (G. De Luna, Il corpo del nemico ucciso, Torino, Einaudi, 2006, p. 257) a tentare una simmetria nella percezione per “non far risaltare la sproporzione del confronto” (ibid.).

Nel corso del Novecento le guerre sono state condotte in misura crescente per un verso “contro le infrastrutture economiche degli stati” per un altro “contro le popolazioni civili” (Eric J. Hobsbawn, Il secolo breve, cit. p. 26).
“Nelle guerre civili è implicito un eccesso d’orrore; un surplus di violenza svincolato dalle stesse finalità immediate del confronto bellico. Perché ci si uccida tra italiani e italiani, tra spagnoli e spagnoli (...) non basta dichiararsi nemici: occorre negare nell’altro, prima il fratello, poi l’uomo, relegandolo nella condizione di animale” (G. De Luna, La passione e la ragione – Il mestiere dello storico contemporaneo, Milano, Mondadori, 2004, p. 147).
Si torna a una simmetria con se stessi quando si è disposti a sacrificare la propria vita per un bene comune, a una simmetria con l’altro quando la morte dell’altro coincide con la propria morte. Nel terrorismo “il vero obbiettivo è riuscire a non avere paura” (G. De Luna, Il corpo del nemico ucciso, cit. p. 268).

 

31-03-2010

home