Boicottare del salone del libro di Torino, perché

di Donatella Bassanesi

Si voleva aprire un discorso sulle persecuzioni? Perché non è stato dedicato il salone del Libro agli scrittori dei popoli perseguitati?
Si voleva favorire un discorso sul conflitto in medio oriente? Si poteva dedicare il salone del libro agli scrittori israeliani e agli scrittori palestinesi?
Perché una dedica particolare agli scrittori israeliani?

Si poteva dedicare agli scrittori ebrei? Era la stessa cosa? Sì e no.
Sì perché si dice che Israele è la nazione-rifugio per ogni ebreo. No perché è considerato ebreo, sono parole di Amos Luzzatto (precedente capo delle comunità ebraiche in Italia), solo chi è di tradizione (origini) e di religione ebraica. In questo modo si toglie in parte la discriminante razziale. In parte, perché il dato di origine riconduce a una inevitabilità, un destino a cui non ci si sottrae, ma di cui viene privato chi non si riconosce nella religione (ebraica).
L’eccezionalità dell’ebreo sta dunque nel fatto che, almeno formalmente, oggi,  se non è di religione ebraica non è ebreo. Dunque oggi l’ebreo si colloca strutturalmente in ambito religioso (il popolo di Dio, la terra promessa) a ragione di, e con il pretesto con cui si fanno le guerre, si uccide, e non per un desiderio inesausto di vendetta ma per rispondere a Dio, corrispondere a una volontà superiore quasi fosse un mandato, sottrarsi al quale sarebbe bestemmia. Perciò lo stato di Israele si configura come Stato non laico, chiuso in un integralismo che esclude (mette in cattività) l’altro a cui non ci si riferisce, che non si vede, che non si sente, perché ogni riferimento deve essere condotto alla propria intrinseca originalità (essendo elezione originaria non si contraddice, non può finire, e non finisce fino a che la dizione ebreo coincide con di religione ebraica).

Dunque lo Stato di Israele, stato confessionale, non può che essere integralista. La sua eccezionalità sta nel fatto di essere circondato da ‘Stati canaglia’ che vorrebbero avere la bomba atomica ma non l’hanno, e di non essere ‘Stato canaglia’ possedendola. Il suo perpetuo sottrarre la terra, le possibilità di vita alle popolazioni che lì abitavano (i palestinesi), la sua guerra perpetua non ha relazione né con l’idea di rifugio, né con un postumo irrefrenabile desiderio di vendetta o di ricompensa, si colloca invece nell’area e nella storia delle guerre di religione (furono guerre contro gli infedeli, contro gli eretici... contro l’altro, furono civiltà cancellate).

Così la dedica particolare agli scrittori israeliani del salone del libro di Torino si rivolge, è un omaggio allo Stato d’Israele e cancella le violenze continuamente e quotidianamente rivolte contro i palestinesi.
Questo viene occultato con la sempre ventilata eccezionalità di perseguitati (tout court, al di là di ogni comportamento, che prescinde da qualsiasi realtà di fatti, permette di non riconoscere le proprie violenze quelle che mettono in atto e a ragione delle quali hanno poi paura), per la quale non ‘si mescolano’ con altri perseguitati del nazismo sterminati nei lager, come gli omosessuali, come il popolo rom al quale non è stato riconosciuto alcun risarcimento per la strage subita, che pur non essendo un popolo che ha aperto guerre è diventato (e non a caso capro espiatorio...  ed è di questi momenti l’intenzione del nuovo sindaco di Roma Alemanno di sgomberare tutti i campi rom intorno a Roma...

Rosa Luxemburg scriveva (in una lettera a Mathilde Wurm, del movimento delle donne socialdemocratiche, partecipa nel ’17 al congresso di fondazione dell’USPD), Wronke in P. , 16 febbr. 1917) “Che cosa vuoi dire con le sofferenze degli ebrei? A me le povere vittime delle piantagioni di gomma a Putumayo, i negri dell’Africa con i cui corpi gli europei giocano a palla, mi sono altrettanto vicini”. È il “silenzio dell’infinito”, “in cui echeggiano senza essere uditi tanti gridi” a risuonare tanto “che non mi rimane nel cuore nessun angolino particolare per il ghetto” (R. Luxemburg, Lettere 1893-1919, Ed. Riuniti, Roma, 1979, cit., pp. 222-223).
Rosa Luxemburg, che nasce ebrea, non riconosce eccezionalità nell’essere ebrea. Il suo pensiero, il suo discorso, agisce nel mondo, si colloca nello spazio che mette in comune i differenti, è critica che si rivolge agli altri e anche alla propria parte, non chiude il mondo nei confini richiesti dalla costruzione dello ‘stesso’ (quello verso il quale si sta comunque sia, qualsiasi cosa faccia, per un dato imprescindibile, in definitiva per omologazione che è mancanza di discussione, sordità), che è trascrizione delle radici come tradizione, (che sono poi letture a ‘posteriori’ e ‘giustificative’, al presente di un certo dominio).
A me, personalmente, piacerebbe che il boicottaggio del salone di Torino costituisse il segnale di una volontà collettiva (non solo marginale) di leggere il presente ‘per come stanno oggi le cose’, di una luce che illumini le discriminazioni di oggi, le profonde ingiustizie a cui è ogni giorno sottoposto il popolo di Palestina.

8-05-2008

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