di Donatella Bassanesi È il passato e il futuro (il ricordo e l’immaginazione) a rendere al soggetto la possibilità, il tempo, il tempo che è quella certa possibilità (che può essere colta oppure no), e il tempo come traccia di un passaggio. Il tempo prende perciò la sua forza nel confronto tra passato e futuro. L’attività del pensiero può essere motore dell’azione solo quando non si esegue semplicemente un’azione ma si riflette a ciò che porterà a cui potrebbe portare, ci si fa responsabili di quella certa azione. Le azioni provengono da risoluzioni che appartengono al pensiero e perciò si danno nel confronto tra passato e futuro. Così avviene che le azioni producano cambiamenti. Individualmente il confronto avviene tramite il pensiero, che sta tra passato e futuro ma non è punto di simmetria né asse della bilancia, non ha l’oggettività della giustizia. Nella prima parte l’origine apparentemente prossima non sembra porre vere domande, il riconoscimento di sé avviene con una proiezione verso il futuro. L’interesse per ciò che è avvenuto prima non è riflessione su di sé e sul mondo che si è direttamente conosciuto è piuttosto curiosità per ciò di cui non si è stati responsabili, di cui è impossibile trarre dirette impressioni. Anche se sfuggita e temuta la fine è una possibilità alla quale anche se controvoglia ci si rivolge. Perciò c’è un punto in cui comincia ad essere un pensiero che travalica il tempo, viene alla luce come riflessione intorno a cosa si lascerà dietro di sé. Una parte che in un certo modo rimarrà, come oggetti azioni pensieri come fossero parte di sé vivente, un’eredità che passerà ad altri, un non-essere che ricorda l’essere.
18-01-2010
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