L’indizio

di Donatella Bassanesi

È il passato e il futuro (il ricordo e l’immaginazione) a rendere al soggetto la possibilità, il tempo, il tempo che è quella certa possibilità (che può essere colta oppure no), e il tempo come traccia di un passaggio.

Il tempo prende perciò la sua forza nel confronto tra passato e futuro.
Per arrivare a questo ci vuole sospensione, in qualche modo distacco dal presente, che permette il momento del pensare, attiva il pensiero.

L’attività del pensiero può essere motore dell’azione solo quando non si esegue semplicemente un’azione ma si riflette a ciò che porterà a cui potrebbe portare, ci si fa responsabili di quella certa azione.
Può essere prodotto dell’azione quando si guardano ai risultati prodotti o possibili, se ne tiene conto o si mettono in conto.

Le azioni provengono da risoluzioni che appartengono al pensiero e perciò si danno nel confronto tra passato e futuro.

Così avviene che le azioni producano cambiamenti.
Perché le azioni sono tracce e sono tempi.
Perché la misura del tempo è traccia, la distanza del tempo sta nel segno della sua orma, si misura come ritorno ritrovamento.

Individualmente il confronto avviene tramite il pensiero, che sta tra passato e futuro ma non è punto di simmetria né asse della bilancia, non ha l’oggettività della giustizia.
Di fatto la seconda metà della vita pone ciascuno di fronte a un tempo diverso da quello a cui ci eravamo abituati fino a che era viva la rincorsa verso il futuro come un regalo aspettato come crescita e non solo fisica.

Nella prima parte l’origine apparentemente prossima non sembra porre vere domande, il riconoscimento di sé avviene con una proiezione verso il futuro. L’interesse per ciò che è avvenuto prima non è riflessione su di sé e sul mondo che si è direttamente conosciuto è piuttosto curiosità per ciò di cui non si è stati responsabili, di cui è impossibile trarre dirette impressioni.
Nella seconda parte l’origine risulta annebbiata in un certo modo confusa da quello che dell’origine si è venuto facendo. È la fine a prendere un crescente rilievo per le responsabilità che si sono dovute necessariamente assumere, per le reazioni, le  risposte. È sentire il peso del tempo. Subìto o affrontato.

Anche se sfuggita e temuta la fine è una possibilità alla quale anche se controvoglia ci si rivolge.
Così sentendo progressivamente la fine inevitabile anche se rimane sostanzialmente imprevedibile oscura temuta è anche (inconsciamente) compagna.

Perciò c’è un punto in cui comincia ad essere un pensiero che travalica il tempo, viene alla luce come riflessione intorno a cosa si lascerà dietro di sé. Una parte che in un certo modo rimarrà, come oggetti azioni pensieri come fossero parte di sé vivente, un’eredità che passerà ad altri, un non-essere che ricorda l’essere.

 

18-01-2010

 

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