Donne violentate, picchiate, uccise. Ma una donna si può uccidere anche senza armi e senza spargimento di sangue: con le parole, con gli atteggiamenti, al riparo delle mura domestiche. Ordinarie storie di straordinaria violenza psicologica che mietono vittime, eppure passano inosservate. Come quella vissuta e raccontata da Rosalind B. Penfold nel lancinante diario a fumetti Le pantofole dell’orco. Rosalind B. Penfold non esiste: è solo lo pseudonimo scelto da questa affabile signora canadese che mi sta davanti, ma la sua storia è vera. Inizia, come tante storie d’amore, nel modo più luminoso e romantico, con gli sguardi, le rose, le telefonate. Tutto sembra lusinghiero, all’inizio; ed è per questo che è facile finire dentro una storia distruttiva, racconta Rosalind. «Perché tutti quelli che poi ho imparato a interpretare come segnali d’allarme allora mi sembravano positivi: le dieci telefonate al giorno erano per me un segno d’amore. Ora so che erano il segno di una personalità estremamente fragile che aveva bisogno di sapere dove mi trovavo in ogni momento della giornata». Ed è così che, sedotte dal corteggiamento e dall’attaccamento, ci si può ritrovare a vivere con una persona che gradualmente invade i tuoi spazi, ti invade, ti cannibalizza. Questo raccontano, anzi “gridano” i disegni di Rosalind: la trasformazione di un uomo fragile e collerico che sembra sinceramente innamorato in una sorta di cannibale e di una donna forte che si crede sinceramente innamorata in una vittima a tutti gli effetti. «Ci illudiamo spesso di essere forti perché riusciamo ad affrontare situazioni difficili nel lavoro e nella vita - spiega Rosalind - e invece ci dimentichiamo del fatto che se si fa cadere una goccia d’acqua sulla roccia ogni giorno, per anni, anche la roccia finisce per sgretolarsi. Gli abusi verbali e psicologici non si avvertono subito ma producono effetti cumulativi che possono mandare in frantumi l’identità». Il partner ti urla che sei incapace, ribadisce che sei inaffidabile, sostiene che sei psichicamente instabile - l’inchiostro di queste vignette dilaga, fino a ricoprire la pagina di una densa nube nera -; il partner ti insulta, ti ferisce, ti tradisce e, se lo scopri, ti fa passare per visionaria. «Questo tipo di abuso è anche peggiore di quello fisico. Non ne esci con un occhio nero, ma distrutta dentro. Viene meno qualsiasi forma di autostima e se lui continua a negare i fatti, si arriva a dubitare perfino della propria percezione della realtà. E si vive una condizione di dualismo perché si osserva un comportamento doppio del partner: fuori casa è tranquillo, perfino premuroso; a casa è infido, violento. Si cammina sui cristalli per decifrare quello che vuole, per cercare di rabbonirlo. Ma ci si fa sempre e comunque male.» Quante donne si sono riconosciute, si riconosceranno nella storia di Rosalind? «Sono convinta che questo libro darà alle tante Roz del mondo il potere di cambiare le loro esperienze. E’ un libro che conferma che quello che stanno vivendo è vero. Può sembrare strano, ma quando ho vissuto quella situazione provavo una sensazione di irrealtà, pensavo che nessuno mi avrebbe creduto. Così, quando mi capitava qualcosa che mi sconvolgeva, correvo in bagno e buttavo giù un disegno di quello che mi era successo. Avevo bisogno che ci fossero delle prove documentarie». Che di Roz ce ne siano tante, e abbiano bisogno di alimentare o resuscitare la propria autostima per uscire dalla trappola dell’orco in pantofole è confermato dal grandissimo numero di contatti registrati dal sito www.friends-of-rosalind.com. Un sito di indubbia utilità, che collega con diversi centri di aiuto e fornisce indicazioni per riconoscere e definire chiaramente i principali segni di abuso, quelli che passano quasi inosservati, rubricati sotto la voce “lo dice perché è arrabbiato”, “lo fa perché è geloso e a me ci tiene”. Perché le trappole dell’orco sono ben dissimulate. Ecco, riflettendo su queste situazioni, devo ammettere che c’è una domanda che mi perseguita da sempre. E che si è rafforzata prepotentemente negli ultimi anni, dopo aver messo al mondo due creature di sesso maschile. Ma questi uomini deboli e aggressivi, insicuri e violenti non sono pur sempre “nati di donna”? Non li abbiamo cresciuti noi? E dunque, come educare al rispetto - di sé, dell’altro - i bambini e gli adolescenti? Rosalind ha le idee chiare. «Io penso che l’abuso consista soprattutto nell’attraversare, nel superare i confini dell’altro. Invadere il partner in tutti i sensi. Perciò dovremmo per prima cosa rispettare il bambino affinché lui possa imparare davvero che cos’è il rispetto, e cercare di fare in modo che si senta affettivamente protetto, sicuro. Le persone sicure non hanno alcun bisogno di controllare e di invadere la vita degli altri».
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Liberazione del 19 maggio 2006 |