Conferenza
di Arjin Amed e Berfin Hesil
Vi
ringrazio per essere venute e vi ringrazio anche in nome di tutte le donne
curde per la solidarietà che ci state esprimendo con questa iniziativa.
Nel 1923 a Losanna i governi europei hanno diviso il Kurdistan in quattro zone, e allo stesso modo anche la donna curda è stata divisa in quattro. Le donne allora si sono trovate a dover imparare la cultura di questi altri paesi e ad abituarsi a non essere più curde. In Iraq si conosce bene la politica anticurda del governo di Saddam. Si sa che cosa è successo nella parte del Kurdistan iracheno, quando nel 1988 sono stati massacrati cinquemila curdi con il gas e dove ci sono due forti partiti curdi che ora però stanno collaborando con gli Stati Uniti, notoriamente contro i diritti del popolo curdo. In Siria invece le carceri sono piene di curdi che quando escono portano per anni i segni fisici e psichici della detenzione. In Iran quando
ci sono state le proteste per larresto del presidente Ocalan i poliziotti
hanno ucciso dieci curdi. In Turchia da più di 20 anni cè una guerra sporca contro il popolo curdo e contro il Kurdistan. Di questa guerra a soffrirne di più è la donna curda. Quando i militari turchi arrivano nei villaggi le donne vengono violentate davanti ai loro mariti e i figli uccisi davanti alle loro madri. Tante giovani per non essere violentate preferiscono uccidersi. Nella società
curda la donna non ha mai avuto un ruolo importante, né la possibilità
di esprimere le sue opinioni. Per questo le donne curde prima di poter
lottare contro il nemico hanno dovuto lottare contro la mentalità della
loro famiglia e della loro società. Gli uomini
avendo una vita pubblica sono entrati prima in contatto con il sistema
del regime turco che vieta luso della lingua curda. Così i mariti
a casa hanno riprodotto questo divieto, picchiando le loro mogli quando
le sentivano parlare in curdo. Fino agli anni Settanta, fino alla nascita
del movimento di lotta per i diritti dei curdi, la maggior parte del popolo
si vergognava di parlare curdo, sia in strada e che in famiglia. In Turchia la lingua che si parla nelle scuole è il turco e gli insegnanti parlano solo turco. Anche in Kurdistan la lingua ufficiale che si parla nelle scuole è il turco perché il curdo è vietato, però gli insegnanti lo capiscono perché sono curdi. Insegnano il turco e raccomandano ai loro alunni di parlarlo anche a casa, ma nelle case le donne parlano curdo tra loro: le anziane perché non sanno il turco, le giovani lo hanno imparato per forza, per non essere picchiate dai loro mariti, ma non vogliono parlarlo. Porto qui la mia esperienza: io ho studiato in Turchia e in Kurdistan per tanti anni. Nel mio primo anno di scuola non parlavo ancora turco, incominciavo allora con gli insegnanti che mi dicevano che a casa dovevo parlare turco e non curdo, che era vietato parlare curdo. Mia madre non sapeva il turco, non lo sa nemmeno ora. Ho imparato il turco quando sono andata in Turchia, nelle grandi città, a studiare perché se non sai il turco non puoi andare a scuola. Fino agli anni Settanta le donne non andavano a scuola. La società curda era ancora molto feudale e si pensava che fosse meglio dare unistruzione ai maschi, perché "imparavano di più". Per questo le donne hanno conservato la cultura curda, rimanendo rinchiuse nella famiglia. Originariamente la religione curda è lo zoroastrismo (alauiti), ma con larrivo degli arabi nel Kurdistan si è diffuso lIslam. Ci sono anche altre religioni minoritarie tra cui il cristianesimo. Tuttavia il culto religioso non è così sentito da avere effetti sulla politica, mentre in Turchia cè un partito musulmano che cerca attivamente di far sentire la propria influenza. La lotta vera e propria delle donne curde è cominciata dopo gli anni Settanta con il movimento curdo di liberazione, quando è cresciuto il PKK. Lemancipazione della donna incomincia attraverso la lotta del movimento curdo a partire dal 1987 quando Ocalan ha cominciato a lottare per il popolo curdo. Il presidente
Ocalan diceva che le donne curde hanno un ruolo molto importante nella
lotta, diverso da quello delle donne che hanno partecipato ad altre lotte
di popolo. Per esempio in Vietnam la donna non ha cominciato a lottare
per i suoi diritti, ma per quelli del suo popolo. Prima quando arrestavano le guerrigliere curde le uccidevano, ora le violentano perché nella società curda la donna rappresenta lonore della famiglia. Violentando le donne i soldati cercano di rompere la solidarietà che cè tra il movimento e la popolazione, perché una donna violentata è il disonore della famiglia. Per questo le portano nei villaggi e sistematicamente le violentano davanti ai contadini, davanti alle loro famiglie. Vi voglio raccontare la testimonianza di due donne che hanno subito violenza: Zara Sarach
ha 28 anni ed è madre di due figli. Nel 1990 suo padre aveva 75 anni.
Fu arrestato durante il capodanno curdo. E una festa laica
che esiste da 2000 anni e che cade il 21 marzo: i curdi la festeggiano
in piazza con fuochi e balli. La storia di Zara è simile a quella di molte altre. Quando le donne si impegnano direttamente per ottenere il rispetto dei loro diritti, dei diritti umani e dellautodeterminazione del popolo curdo, come il diritto di parlare curdo e di avere scuole curde, vengono incarcerate e subiscono violenze e torture continue. Lela Sana è stata la prima donna curda eletta nel parlamento turco, a Diyarbakir, capitale del Kurdistan. Il suo partito ora è stato messo fuori legge dal governo. Quando ha giurato fedeltà al parlamento con i suoi colleghi di partito, lo ha fatto in curdo, nella sua lingua. Per questo tutti i neoparlamentari curdi sono stati subito arrestati e incarcerati. Ora deve scontare 15 anni. Queste sono le storie di due donne curde, ma le forme che assume la lotta delle donne sono molteplici. In Turchia
le donne che hanno perso i figli vanno al Galata Sarai, ad Istanbul, con
le foto dei loro figli per cercare notizie e alimentare una speranza.
Da due anni ogni sabato vanno e si siedono per terra. Ogni sabato vengono
arrestate, picchiate e torturate. Sono le madri del sabato, tra le quali
ci sono donne di 75 anni. Con loro protestano anche donne turche, ma sono
poche perché hanno paura. In Turchia se una donna protesta conto il governo
e chiede il riconoscimento dei suoi diritti non è importante se sia curda
o turca, viene comunque arrestata e torturata. Le donne curde lottano anche in altri paesi. A Bruxelles cè il Parlamento curdo in esilio, che è composto in larga percentuale da donne. A Bruxelles cè anche una televisione curda, che trasmette via satellite, in cui lavorano per la metà donne. In molte città ci sono associazioni curde e le donne si riuniscono ogni settimana per discutere dei loro specifici problemi. Le repressioni sulla donna sono solo una parte di questa guerra contro il popolo curdo. Dallaltra ci sono gli almeno seimila villaggi curdi distrutti e incendiati; i bambini che non possono andare a scuola e le famiglie che non possono dare nomi curdi ai loro figli, che devono avere un altro nome sui documenti; i profughi in Turchia che non hanno nessun diritto e non possono lavorare perché curdi. Noi come donne e come giovani vogliamo che la guerra finisca subito. La Turchia ha bruciato i nostri villaggi ha massacrato tantissime persone, ha incarcerato almeno diecimila prigionieri politici e sta accusando il PKK di tutto questo. Ma noi non abbiamo vietato la lingua a un popolo, non abbiamo massacrato nessun popolo e non abbiamo negato la sua cultura. Adesso per la Turchia siamo diventati terroristi. Nelle carceri
turche ci sono molti militanti di sinistra turchi che solidarizzano con
i curdi anche nelle proteste con lo sciopero della fame. Nel PKK stesso
ci sono tanti turchi perché il PKK non combatte solo per i diritti del
popolo curdo, ma combatte per i diritti del medio oriente in generale.
Il PKK ha dalla sua parte il popolo, non ha una ideologia nazionalista.
Per questo si dice che il PKK è il popolo e il popolo è il PKK. In Germania ci sono mezzo milione di curdi e noi donne abbiamo chiesto di fare una festa per l8 marzo ma il governo tedesco non ci ha dato il permesso, sostenendo che era una manifestazione per Ocalan e che siamo terroriste. La Germania attua la stessa repressione della Turchia, anche se non ci torturano e non ci violentano: quando ci sono state le proteste per larresto del presidente Ocalan sono stati arrestati i manifestanti che ora rischiano di essere estradati. In Germania cè una forte presenza di turchi e di curdi, ma al contrario di quello che si potrebbe pensare in un contesto di immigrazione non cè una unità tra curdi e turchi, soprattutto da quando è successo tutto questo. Ci sono però tanti turchi che difendono la lotta dei diritti del popolo curdo, come lo scrittore turco Ismail Besigi che ha scritto tanti libri sui diritti del popolo curdo o come tante donne turche sposate ai curdi. Ma in Germania ci sono anche tante donne turche che ci odiano. Per le donne lemigrazione ha significato un grosso cambiamento sia nella vita quotidiana che nella vita sociale. Le forme che assume sono molteplici perché dalle città le donne partono insieme a tutta la famiglia, dalle campagne può succedere invece che le donne partano solo dopo i loro mariti. Lemigrazione in generale accelera il processo di emancipazione femminile perché allestero le donne lavorano tutte. Può anche succedere che allinterno della famiglia siano loro le uniche ad avere un reddito e questo modifica molto i rapporti. Venti anni
fa le donne non riuscivano a parlare di politica, adesso ricoprono ruoli
molto importanti. Nello stesso PKK ci sono molte donne giovani, che mantengono
contatti internazionali e che possono fare tanto. Il presidente Ocalan è venuto in Europa per trovare una soluzione politica con laiuto dei paesi europei perché il problema curdo non è più un problema solo della Turchia, dellIraq o della Siria, ma è diventato un problema internazionale. I governi europei hanno risposto chiudendo gli occhi. Il presidente Ocalan è stato eletto dal popolo. Forse per gli europei può sembrare strana questa esaltazione per Ocalan che ci porta a chiamarlo presidente, perché non ci sono state delle elezioni, ma è grazie a lui che abbiamo conosciuto il valore nella lotta per la libertà e per questo è un padre della patria. Voglio ricordare che prima del 1970 ci sono state almeno ventotto rivolte dei curdi che sono state soffocate nel sangue. Adesso il nostro presidente si trova in un grande carcere, da solo, sotto interrogatorio con due persone mascherate. Non gli è riconosciuto nessun diritto, nemmeno quello di vedere i suoi avvocati che quando hanno cercato di incontrarlo sono stati picchiati dalla folla fuori dal carcere senza che i poliziotti intervenissero. LEuropa sta chiudendo gli occhi per i suoi interessi economici e direi che cè una sudditanza nei confronti degli USA; non si vuole trovare una soluzione perché in Kurdistan cè petrolio per tutto il mondo e cè lacqua che è il futuro del Medio Oriente. Il Consiglio dEuropa sa benissimo che la Turchia non rispetta le minoranze, ma la Turchia è strategica per la NATO perché è la porta del Medio Oriente. Durante le proteste che ci sono state in tutto il mondo per larresto del nostro presidente non abbiamo usato le armi, non abbiamo ucciso, né massacrato. Però quando a Berlino ci sono stati quattro morti e diciotto feriti tra i curdi, la Germania non ha accusato il governo israeliano di terrorismo, ma i manifestanti. In questo si vede la democrazia e la vera faccia dellEuropa. Il governo
svizzero per il 21 marzo, che è il capodanno curdo, ha mandato i suoi
tremila militari nelle città per controllare i festeggiamenti. E una cosa veramente strana che per lEuropa non esistano i diritti del popolo curdo. Noi per lEuropa non esistiamo e non possiamo avere gli stessi diritti degli altri popoli, anche se siamo 40 milioni di persone. Quando Ocalan è stato in Italia ha lanciato la proposta che il Kurdistan turco ricevesse un larga autonomia, paragonabile a quella proposta per il Kosovo. Con il suo arresto è stata perduta una occasione grandissima da parte dellEuropa. Lipotesi di una larga autonomia senza arrivare allindipendenza potrebbe essere accettata dal popolo curdo perché per noi non sono importanti i confini: noi non vogliamo uno stato, vogliamo i nostri diritti, chiediamo che venga riconosciuta la nostra cultura e il diritto di poter parlare nella nostra lingua. Si può considerare anche lipotesi di una federazione mediorientale per il popolo curdo. Ma il problema principale è quello dei diritti. Da quando è stato arrestato Ocalan le divisioni che cerano tra i partiti si sono dissolte, perché con il suo arresto è stato tradito un popolo, non solo il leader di un partito. Attualmente tranne i due partiti in Iraq che stanno collaborando con gli Stati Uniti, Israele e Turchia, gli altri non sono più divisi né al loro interno né tra di loro. Sono tutti uniti nella lotta per i diritti del popolo, e questo significa lottare anche per il presidente perché tramite lui siamo arrivati fino a questo punto. Nel Parlamento curdo europeo sono riuniti tutti i partiti curdi. E composto da 65 parlamentari, di cui 12 del Pkk, ma non è stato riconosciuto da alcun governo estero. Il Parlamento curdo di Bruxelles è nato perché in Turchia non esiste un vero parlamento curdo e perché lEuropa non ha accettato di dialogare con il Pkk e trovare una soluzione politica. Prima in Turchia esisteva un gruppo del partito filo curdo che si riuniva clandestinamente e ancora oggi cè il partito Hadep, filo curdo, che sta cercando di partecipare alle elezioni che ci saranno il 18 aprile in Turchia, ma ha molte difficoltà perché è bersaglio di repressioni e la metà dei suoi membri è in carcere. Il fronte esiste solo in Europa e lavora entrando in contatto con qualsiasi schieramento politico, senza pregiudiziali. Mandiamo gruppi misti, delegazioni straniere e curde, per controllare la situazione dei profughi in Turchia, nelle carceri, nei villaggi, nelle città, ma anche dai lavoratori o da chi vive in condizioni di estrema povertà. In Europa cerchiamo di fare informazione e controinfomazione per far conoscere quello che succede in Kurdistan organizzando riunioni e manifestazioni. LItalia ha un ruolo importante per il Kurdistan e il presidente Ocalan, anche se è stato solo 2 mesi, vi aveva riposto molte speranze. LItalia infatti potrebbe ospitare una conferenza internazionale di pace, per questo dobbiamo influenzare il governo italiano affinché agisca. Lultima speranza del popolo curdo è lItalia. Gli altri stati non faranno niente se non armare i propri eserciti contro la nostra popolazione, come stanno già facendo. (a cura di Elena Negro e Luciana Percovich) |