Donne velate?
La Costituzione della Repubblica dice sì

di Associazione Femminile Maschile Plurale


Sono giorni di progressivo allontanamento dai principi costituzionali, come emerge da sempre più frequenti dichiarazioni di chi invece, in Italia, dovrebbe farsi garante delle civile convivenza.

Anche nella nostra città, Ravenna, forze politiche e organi di stampa fanno proposte e  promuovono campagne “anticostituzionali”, come quella che mette in discussione la costruzione della Moschea e che denuncia il “velo” delle donne musulmane come  segno negativo di disuguaglianza.

Con il Comunicato che segue, l’associazione Femminile Maschile Plurale prende posizione, e invita la città a riflettere. Per fortuna le autorità ecclesiastiche di rito cattolico, anche nella nostra città, non mettono in discussione la libertà di culto e la costruzione di luoghi di “altro” culto e sanno bene che “la croce sulla bandiera nazionale”, proposta che si è sentita, incredibilmente, nei giorni scorsi, sarebbe un vulnus insopportabile ad un simbolo che parla a tutta l’umanità sofferente, al di là di ogni nazione.

Continueremo, in merito a questa e ad altre questioni, a fare sentire la nostra voce.

 

COMUNICATO STAMPA

DONNE VELATE?

La COSTITUZIONE della REPUBBLICA dice SI

 

Le donne musulmane della Lega Life di Ravenna, nel loro comunicato del 18 novembre scorso, hanno risposto talmente bene alla recente campagna di stampa de La Voce che le riguarda, che si potrebbe dire che non c’è altro da aggiungere.

Invece, leggendo bene anche l’articolo in La Voce a firma DT del 17 scorso, con espliciti riferimenti al silenzio delle femministe e del Comitato in  Difesa della Costituzione in merito al “velo” come simbolo di disparità e di segregazione,  è forse opportuno intervenire con poche e chiare parole.

Un inciso. In questi mesi si è parlato molto di silenzio delle femministe, su molte questioni.

Ma, a pensarci bene, siamo silenziose, o la stampa e i media “ci silenziano”?

Che le Moschee non siano questione di sicurezza e ordine pubblico, è, in base alla nostra Costituzione, del tutto evidente. I diversi luoghi di culto, con le insindacabili caratteristiche che ogni culto comporta, anche di diversa collocazione spaziale di uomini, donne, bambini, come è stato ed è in numerosi culti, e che la nostra Costituzione semplicemente riconosce come diritto di culto, sono, appunto un diritto. Perché la Costituzione li riconosce tutti?

Perché prima della Costituzione c’era, con lo Statuto Albertino, una sola religione di Stato, e le altre erano tollerate, e trattate in modo diseguale. Ora non più. Dopo la tragedia della seconda guerra mondiale e dell’olocausto, sono tutte sullo stesso piano giuridico, a prescindere dalla loro consistenza quantitativa e dalle loro differenze, teologiche e “performative” esteriori (tonache, clergyman, copricapi, veli, delle suore cattoliche e delle donne musulmane, segni e simboli, croci, colori), che segnalano, appunto, anzi vogliono segnalare differenze, distinzioni. Tutte le suore cattoliche, salvo quelle che possono decidere altrimenti, hanno veli.  Quindi, vogliono che si sappia che sono donne consacrate, così come molte donne musulmane, non tutte, vogliono che si sappia che sono musulmane, che il paesaggio civile le accolga, e le contenga.

Ci interessa molto più comprendere il significato del velo femminile, religioso e non, che non valutarle con il nostro metro.

Quale metro, poi? Il metro delle donne non credenti, o credenti in una qualche confessione? Anche le confessioni cristiane vedono enormi differenze nella presenza e nel ruolo delle donne “ordinate”: vi sono pastore valdesi, battiste, anglicane che dicono messa, nella chiesa cattolica ancora no. Vi sono anglicani che hanno abbandonato la chiesa anglicana e stanno rientrando nella chiesa cattolica per protesta: le donne debbono restare lontane a divinis.

Che orrore una donna pastora, casomai incinta, che porge l’ostia e il vino! Per molti uomini il solo pensiero è insopportabile. Forse anche per qualche donna.

Ma la nostra associazione Femminile Maschile Plurale, che ha fatto della pluralità un fondamento, e che vede alcune di noi fortemente impegnate anche nel Comitato in difesa della Costituzionedi Ravenna, si è data come metro la cultura critica, la consapevolezza che esistono donne e uomini, e che, nella attuale fase storica, solo la Costituzione e le leggi che rispettano la Costituzione sono criterio di giudizio civile e giuridico su quello che si può o non si può fare, o agire. Si possono costruire luoghi di culto di ogni professione, e ognuna/o può professare la sua religione, o nessuna. E tutte/i sono uguali davanti alla legge. Temo che DT non abbia compreso l’articolo 3, che dice che siamo tutte/i uguali nelle differenze, e che le differenze sono tutte accolte. Vogliamo negare le differenze di sesso e di lingua, o quelle politiche, o di condizione, o di religione? Proponiamo a DT di rileggere l’articolo 3 e bene interpretare. Non dice che gli umani sono tutti uguali, ma che, pur tutti diversi, hanno gli stessi diritti, in primis di esistere con le loro differenze, e che nessuna legge può discriminarli.

Nella religione islamica non ci sono sacerdoti, e, per quanto ci è dato sapere, si sono configurati, nel corso della storia e nei vari luoghi, molti diversi islam. Si sta configurando anche un islam europeo, o più d’uno, fermi restando i principali fondamenti. L’islam è un insieme di religiosità e di cultura, non è solo rito o verità indiscutibile.

La chiesa cattolica è cambiata nel corso della storia, o, meglio, la storia l’ha molto cambiata. Pensiamo, per esempio, come era la chiesa delle origini, addirittura “comunista”, e la chiesa medievale, potenza politica fra le potenze, e la chiesa che, in piena modernità, continuava ad accendere roghi. Chi erano le streghe bruciate, se non donne “strane”, e “diverse” dall’immaginario corrente? Ma c’era anche la grande esperienza benedettina, e lo splendore povero di fratello Francesco e sorella Chiara. E, saltando molto avanti, la tormentata storia del modernismo, e il ruolo fondamentale svolto da cattolici come Dossetti nella stesura della nostra Costituzione. Dobbiamo al personalismo cattolico, soprattutto, l’avere messo, nella Costituzione, al centro la persona, non lo Stato. La Repubblica si inchina di fronte agli inalienabili diritti di ogni persona, che viene prima ancora di chi è giuridicamente cittadina o cittadino.

E, stando ai giorni più vicini, abbiamo avuto la grande storia di papa Giovanni XXIII e la chiesa del Concilio, che ha facilitato l’incontro fra credenti e non credenti, e ha valorizzato la presenza  e l’autorità femminile nella chiesa.

Anche l’islam è stato ed è nella storia. Abbiamo conosciuto donne musulmane, a Ravenna, di grande cultura e consapevolezza civile, e di grande intelligente dignità, autorevoli nella città e all’interno della loro comunità, dove si esprimono e chiedono attenzione e rispetto. Con loro collaboriamo nella Rete Civile contro il Razzismo e la Xenofobia.

Sono velate.

Continueremo a lavorare insieme.

 

Ravenna, 2 dicembre 2009

 

 

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