Divina Eleonora

di Donatella Bassanesi 

Divina Eleonora è il titolo della mostra inaugurata a Venezia all'Isola di S. Giorgio nelle sale della Fondazione Cini, il 1° di ottobre e che durerà fino al 6 gennaio 2002.
 
"Divina Eleonora", così iniziavano le lettere di D'Annunzio alla Duse. E l'ombra, la retorica di D.Annunzio, ancora una volta, copre la figura non-retorica, moderna e alla ricerca di un nuovo teatro della nostra più grande attrice del Novecento. Eleonora, che ha una straordinaria e precoce vocazione teatrale (conoscerà e sarà stimata da Hoffmansthal, Rilke, Ibsen) e che è nipote di un capocomico di Chioggia, calca la scena per la prima volta a sei anni (la famiglia tutta lavora nel teatro) per interpretare una bambina nei Miserabili, a quattordici anni, interpretando Giulietta di Shakespeare impiega dei fiori per la scena del balcone, e li fa cadere ad uno ad uno: collegando con intuito sorprendente, Giulietta a Ofelia che danza la sua follia e compie la sua morte tra i fiori.

Tra il materiale esposto (costituito per la maggior parte dal lascito alla Fondazione Cini della nipote dell'attrice) spiccano i ritratti e le fotografie, in diversi momenti della vita e sul palcoscenico: un volto senza età eppure intenso, mai truccato (neppure in scena) sul quale scorrono molti volti (lo osservava Hoffmansthal); non giovane e non vecchia, gli occhi velati sempre, e una presenza chiara (con un mantello bianco, in abiti bianchi, in piena luce).

Gli allestitori della mostra hanno voluto 'rendere' la presenza della Duse (una donna alta e sottile) con una serie di manichini (che rivestono gli abiti che sono stati conservati, banchi, neri, dalle tonalità e dai disegni orientali, firmati Fortuny) disposti nelle sale e moltiplicati per l'intervento di specchi.
Non avremmo testimonianza del 'gesto' della Duse se lei non si fosse trovata costretta a calcare nuovamente le scene dopo la guerra (per essersi impoverita, dopo che era diventata ricchissima, con un investimento sbagliato in una banca tedesca). La vediamo perciò recitare in un film del 1922 Cenere. I nove minuti di spezzoni ce la mostrano mossa come dall'interno, una specie di danza. Qualcosa di antico e di profondo. E anche la sua voce pare fosse così.

In queste sale, dedicate a una donna che ha saputo vedere nel suo presente un futuro nuovo, tra gli oggetti - le valige, il baule, il servizio da te, da toeletta… - sparsi un po' ovunque a renderci una presenza, ci sono anche i libri - le sue letture - che, forse, sarebbe interessante analizzare attentamente.