Arlette Farge, Il braccialetto di pergamena
di Liliana Moro

 

Ricostruire il passato è, ovviamente, il lavoro di chi fa storia, ma quali e quante sono le difficoltà e i tranelli con cui si deve misurare chi si propone di raggiungere un simile obiettivo?

La storica francese Arlette Farge pone la questione in modo del tutto particolare in questa sua opera che trae spunto dalla lettura dei registri presenti negli Archivi nazionali della Prevostura dell’Île-de-France. Vi sono conservati gli oggetti e gli scritti rinvenuti sulle persone trovate morte per la strada o nei fiumi durante il XVIII secolo. Non propriamente documenti, o a volte qualcosa di simile, ma anche semplici biglietti o piccoli talismani e simboli religiosi, a volte niente altro che sigle, iniziali tracciate su pezzetti di cuoio o ricamate su camicie e fazzoletti.

In ogni caso segni di identità, tracce di una vita troncata in modo repentino da un incidente oppure da un gesto volontario.

Segni più o meno intenzionali, non espliciti, comunque, e di ardua interpretazione per la frammentarietà e l’esiguità. Ma la storica ne coglie le implicazioni con sensibilità, attenta a frequentare il confine tra il noto e l’ignoto con tutta la precauzione e il rispetto di chi è consapevole di maneggiare esistenze non meno reali per il fatto di essere passate.

L’attualità del mondo è stampata sul corpo (…) E il presente ritrovato nelle tasche dei defunti rappresenta l’insieme di ciò a cui essi furono presenti…

La trama della ricostruzione storica è condotta dalla Farge con l’acuta ma serena coscienza dell’ampiezza di quanto rimane, e rimarrà necessariamente, ignoto. Ed è con delicatezza che si accosta alla vita e alla cultura di coloro che non avevano accesso a pieno titolo alla scrittura,  la traccia principe lasciataci da chi è vissuto prima di noi.

Nel secolo dei lumi, però, l’alfabetizzazione aumenta, anche tra le donne: quasi tutti in qualche modo frequentavano la scrittura, soprattutto chi abitava in città e anche chi, pur vivendo in campagna, attraversava per varie ragioni la città.

… questa popolazione precaria, come peraltro la popolazione colta, ha bisogno di parole per svolgere in modo congruo la sua attività e inserirsi in un’appartenenza sociale condivisa. (…) Scrivere, offrire lo scritto, dire qualche parola sullo scritto è legame, dignità, presentazione del sapere.

Così ci viene offerto uno spaccato di esistenze sfuggenti e per ciò stesso suggestive nella loro similarità al nostro presente, nella complessità delle situazioni reali che non sono mai comprensibili attraverso semplificazioni e nette divisioni catalogatrici.

Con una scrittura controllata e piacevole, attraverso un metodo raffinato e rispettoso che è un esempio di democrazia scientifica, se così si può dire.

Le tracce non possono sostituire le voci, ma sono anche tracce di parole scritte. Il corpo grazie a loro si è fatto voce, e qualcosa come uno spazio di ascolto si apre, dove il silenzio primeggia. (…) Che rumore faremo che non venga ad assordare con la sua scienza la voce e le parole di coloro che, distesi sulla carta dei registri, sono stati innanzitutto distesi sul letto dei fiumi, piegati dalla miseria e dal dolore?

Non capita sovente di trovare tanto rispetto per l'oggetto della propria indagine e tanta consapevolezza del potere fornito dalla cultura.

Arlette Farge, Il braccialetto di pergamena.
Lo scritto su di sé nel XVIII secolo,
Edizioni Sylvestre Bonnard, 2003,
pagg. 75, € 12.