La lettera-pubblicata da Liberazione domenica 20 marzo- con cui Leonardo Palmisano, aderendo alla FdS, indica gli assi indispensabili su cui costruire una sinistra di cui il nostro paese ha bisogno, mi ha confermato nella scelta, difficile e talvolta disperante, di impegnarmi per la costruzione di una sinistra “unita e libertaria”. Vi trovo sintetizzate, infatti, quelle istanze che sempre più considero indispensabili per un nuovo soggetto politico di sinistra che sia capace di cogliere ed esprimere i bisogni di fondo della nostra società qui e ora in una prospettiva di cambiamento. Innanzitutto la fisionomia e la forma-partito su cui Liberazione ha avviato da tempo un indispensabile dibattito. Quando alcuni mesi fa Eleonora Forenza su questo giornale indicò i pericoli sottesi al personalismo populistico del leader di SeL, venne pesantemente sconfessata forse perché, da una dirigente nazionale si pretendono discorsi prudenti, che lascino aperta la strada per possibili, vagheggiate, alleanze. Ho sempre considerato mortiferi i tatticismi e, proprio perché abbiamo l’ambizione di costruire un organismo che abbia fondamenta profonde, che regga nel tempo, quale roccia più sicura della verità? Se, come scrisse Gramsci, “dire la verità, arrivare insieme alla verità, è operazione comunista e rivoluzionaria” è non solo utile ma necessario discutere, cercare assieme, provo ad aggiungere qualche riflessione al dibattito ed alla lettera di Palmisano. Alcune settimane fa, sul manifesto, di fronte alle rivolte libiche, i tre fondatori del giornale si chiedevano stupiti: ”Come è successo che uomini e movimenti, sui quali erano state riposte tante speranze ed erano stati magnifici nelle lotte di liberazione, siano arrivati al punto di sollevare il rancore di tanta parte del loro popolo?” “ Cosa è accaduto in quelle società……perché ovunque è degenerazione? Sarebbe stato possibile un esito diverso?” Da umilissima ex manifestarda mi sono chiesta perché persone del calibro di Rossanda, a cui devo la mia formazione politica, non individuassero nel leaderismo, nella permanenza al potere di un leader o di un partito con leadership eterne, uno dei fattori fondamentali della degenerazione di coloro che pur erano stati “magnifici nelle lotte di liberazione”. Da dove deriva questa cecità, anche in compagni/e coltissimi/e, di fronte all’oggettivo pericolo conservatore del bisogno di un leader che pensi e agisca anche per te ? Che, chissà per quale potere, (a meno che non si creda in un influsso divino) resterà, per sempre, immune da tutte le debolezze degli umani e, quindi, dall’ambizione che acceca, dal bisogno di potere che affama, dal considerarsi “speciale” perché oggetto del desiderio e della proiezione salificante di intere masse di “fedeli”? Perchè la sinistra sembra così analfabeta sul piano degli affetti ,delle passioni, delle pulsioni insomma su tutto quanto la psicanalisi ha portato alla luce, del mondo sommerso che ci condiziona e ci guida? Forse, eredi prometeici dell’illuminismo ( di cui continuo a ritenermi debitrice ed erede) temiamo che il prendere in mano il lato oscuro dei mortali ci rovinerebbe il sogno di un mondo incantato dove regnano libertà e pace? Anche per quanto di violento e regressivo ci insegna la storia, il leaderismo è una iattura ed il pericolo principale per una forza politica che abbia l’ambizione di essere di massa, non solo di mobilitare le masse! Quando si discute di forma-partito, di correntismi, di centralismi democratici…è indispensabile aver cura di questo aspetto: del bisogno contraddittorio che tutti/e hanno di essere libere/i e di delegare il peso della propria liberazione. Come suscitare, proteggere, coltivare il senso di partecipazione piuttosto che quello di delega? Come sostenere il fardello della responsabilità che è l’altra faccia della partecipazione democratica? A queste necessarie domande si collegano i tre temi che Leonardo Palmisano individua per la costruzione di un “nuovo paradigma teorico di riferimento”. 1) “la lotta alle dominazioni maschili, anche in campo dell’immaginario collettivo” 2) “la conservazione del pianeta…” 3) “il progresso civile, che deve fare il paio con il progresso etico…” Specialmente per quanto riguarda i primi due temi , come sappiamo, nella FdS c’è ancora molta strada da fare ma i movimenti di questi ultimi giorni dimostrano che o si inizia a connettere queste tematiche alla storia e cultura della sinistr o saremo condannati all’ insignificanza ed inutilità. C’è tanto lavoro da fare ma..se non ora, quando?
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