L'avventura delle incomponibili vicende umane

dialogo tra

Manuela Fraire e Rossana Rossanda

 


 

 

Rossana Rossanda. L'ambivalenza della maternità m'è parsa sempre abissale. E poi in genere l'ambivalenza delle relazioni. Fra le idee che non mi tornano ci sono le distinzioni correnti fra amori, affetti, amicizie, che mi paiono molto differenti nelle modalità e nell'emotività che investono e nel patimento che ne può derivare: l'investimento, per dir così, è ad alto rischio per gli amori, minore per gli affetti e quasi zero per le amicizie. Queste ultime sono le più generose perché sono quelle in cui metti meno a rischio del tuo: vuoi il bene dell'amico o dell'amica senza temere che venga tolto a te, cosa che nell'amore è inevitabile. L'amicizia è gratis. Io ho avuto la fortuna di averne di amici. E la sfortuna di subirne la perdita. Puoi più facilmente trovare un altro amore se ne hai bisogno (suppongo perché in esso metti molto del tuo desiderio), piuttosto che un amico simile a quello che hai perduto. Nell'amico c'è meno di te, e c'è più di lui o di lei.

Manuela Fraire. Tu parli come chi ha avuto grandi amici e li ha perduti.

Rossana Rossanda Ne ho avuti due e li ho perduti negli ultimi anni, perché i miei amici uomini erano coetanei o più grandi. Le mie amiche, scoperte tardi, sono fortunatamente più giovani. Con i due amici perduti, che ho accompagnato nella morte, non è che stessimo molto insieme - l'amicizia non è ansiosa - è che quando ci incontravamo, magari dopo tre mesi, si riprendeva un discorso sempre essenziale per tutti e due, come se si fosse interrotto ieri. Un amico è un luogo di tranquillo deposito di sé. Non succede spesso con chi ti è caro. Con uno dei due non c'era comunanza politica generica, ma un comune modo di vedere il mondo fra due individui molto diversi. Era un medico ebreo algerino, un illuminista. Che cosa avevamo in comune? Era come un fratello grande per il mio compagno, e questo contava molto. Ma ci conservavamo spazi e tempi separati, discorsi separati.
Con l'altro c'è stato mezzo secolo di comunanza politica quotidiana. E un accordo politico totale? No. Una formazione culturale analoga? Neanche. Ma abbiamo preso decisioni definitive insieme, lavorato assieme e ci siamo spesso scontrati.

Manuela Fraire Si può dire che il vostro incontro/scontro è stato molto strutturante per tutti e due?

Rossana Rossanda Anche il dissenso è strutturante.

Manuela Fraire È molto vero e ha ragione chi dice che la parola che la madre ti insegna dovrebbe servirti per dissentire da lei. Se quella madre è davvero, come dice Aulagnier, il «portaparola», dovrebbe venire il momento in cui ci si sente autorizzati a utilizzare la sua parola per strutturare il proprio discorso distinto e diverso dal suo.

Rossana Rossanda Egli aveva subito perdite crudeli, più di quel che dovrebbe toccare a una creatura. E forse non è un caso che nel suo dolore io arrivassi, ci fossi - come se quel che ci eravamo detti fosse qualcosa di originario e triste. Come me era stato radiato dal Partito comunista, ma ne aveva sofferto di più: se uno incontrava il Pci a diciotto anni e ne veniva messo fuori trent'anni dopo, non era un incidente dell'esistenza. Il Pci non era un partito come la Dc, era una specie di vocazione, come diventare un benedettino, intendo non un ordine contemplativo, ma un ordine attivo, ragionante e interveniente. Se ne vieni espulso, molto viene messo in questione, in te e nella tua idea del partito. Lui ne patì molto.

Manuela Fraire E tu?
Rossana Rossanda Io meno.

Manuela Fraire A me pare che ci sia differenza tra te e altri, rispetto al modo in cui avete vissuto l'uscita dal Partito comunista. Il tuo amico sembra averla vissuta come una perdita e un impoverimento, tant'è che quando è stato possibile ha cercato di riaprire il dialogo con alcune fette del partito, se non proprio da dentro comunque restando per un certo tempo sulla soglia. Non so se sbaglio, ma non ho sentito in te un vero senso di perdita rispetto all'uscita dal Pci, anzi semmai un certo orgoglio di non essere mai diventata anticomunista come invece è successo a molti che sono usciti. Rispetto alla politica, alla partecipazione politica, alla passione politica attorno a cui alcuni, come te, hanno costruito non solo un modo di pensare ma un modo di vivere ogni rapporto significativo della vita, e riguardo invece all'indifferenza che molti dimostrano per quello che accade al mondo, tu ti senti ferita anche personalmente. Quello che ho sentito in questi ultimi anni è che il silenzio di uomini e donne su accadimenti molto significativi l'hai vissuto come una specie di condanna a morte del significato che tu hai sempre assegnato alla vita e in particolare alla tua vita. Ecco che la perdita per te non sembra riguardare l'ideologia e tanto meno il partito...

Rossana Rossanda No, è la perdita di ben altro. È una perdita del senso, somiglia a una perdita di senso. Per me è insensato il mondo in cui viviamo e mi pare sorprendente che ci si rassegni a esso. Aggiungici il discorso della malinconia, che facemmo l'anno scorso, e cioè che non solo non si è realizzato quel che da comunista volevo ma che il comunismo, e poco importa se fosse quello mio o altra cosa, ha portato con sé una grande coda di tragedia, e vedi bene che al posto del senso trovo un geroglifico. È tanto se lo decifro, e in ogni modo non ho più tempo per ricominciare a tessere. Non ho più i quarant'anni del sessantotto, e anche su quello - che pareva così innocente - c'è da riflettere senza troppa indulgenza.

Manuela Fraire L'abbandono dell'impegno politico per te equivale a una perdita di senso?

Rossana Rossanda È una perdita di senso. Per chi lo ha abbandonato. Io no, non posso costruire granché ma posso tentar di portare «di pianto in ragione», per dirla con Fortini, quel che ci viene tolto e quel che ci viene offerto. È senza senso vivere come si vive: più deprivati di potere che mai sul nostro destino, smarriti di fronte a noi stessi. Si patisce e si subisce. Tre quarti della teoria del postmoderno, la fine delle grandi narrazioni, l'effimero, è un tentativo di svicolare alla perdita di senso. Maldestro. Certo non tutti accettano il tragico dibattersi degli uomini per qualche cosa che va al di sopra di loro. Io ho avuto una formazione diversa, ero abituata a pensare che la vita è tragica nel senso cinquecentesco della parola - Racine, Pascal - dove il conflitto non si aggiusta, non si risolve, non c'è pacificazione. Come nella tragedia greca, o per errore o per pazzia o per intervento divino, la vicenda umana è incomponibile. Ma questo ne fa anche una straordinaria avventura. Fa pensare che nel VI secolo avanti Cristo, decine di migliaia di persone di ogni ceto si spostassero per settimane, per vedere le ultime tragedie.

Manuela Fraire La tragedia veniva vissuta e condivisa con molti altri spettatori. La ritualità aiuta molto. Si vive assieme il quasi della tragedia e il dopo.

Rossana Rossanda Nella tragedia non c'è un dopo. Finisce con la morte d'un protagonista, eliminando il problema, non sciogliendolo.

Manuela Fraire Nel finire c'è un compimento, e c'è per forza un dopo poiché lo scorrere del tempo non appartiene a ciò su cui l'umano ha controllo, né signoria...

Rossana Rossanda Forse hai ragione. L'ho presa larga per dire che una perdita politica può essere vissuta in due modi. Uno come seguito di errori, debolezze, tradimenti dovuti a un fatale degenerare dell'umano, l'altro come un percorso tragico, pieno di errori e cadute, ma non senza senso.

Manuela Fraire Questo è quel che ti dico: la perdita non puoi fare a meno di registrarla, anche se un modo - terribile in verità - per non accettarla è il rifiuto costante di tutto ciò che la mette in forma. Ciò che chiamiamo conseguenza è anche questo.

Rossana Rossanda Io tendo non solo a registrare ma ad accettare che l'esistenza umana sia tragica. Per tragico non intendo drammatico, lacrimoso, insopportabile, intendo di rara soluzione e attraverso molta perdita. In questo caso non esorcizzo il Pci che mi ha cacciato e se ne è andato lontano da quel che era, non mi dico neanche «Se badava a me sarebbe invece prosperato»; è una storia mal finita, per molta debolezza ed errore. Il problema che era stato posto resta. Se uno la vede così, non c'è da stare allegri, ma non ha risentimenti. Io non ne ho. C'è stato un passaggio della mia vita e della storia, che è un passaggio tragico. Lo rifarei. Anche se è stato un coacervo di spinte incomponibili.

Manuela Fraire Che cosa è incomponibile? Vita e morte?

Rossana Rossanda Vita e morte di certo, almeno per il singolo morente o morituro. Pare che nel ciclo biologico siano invece assolutamente necessarie l'una all'altra. Ma noi siamo solo in parte, la parte che non pensa, dentro al ciclo biologico, la coscienza ne è estromessa. Ma anche la vita è fatta di incomponibili. O vivi evitando di pensare alla morte o vivi una finitezza che ti nega. Se questo non è tragico...

tratto da:

Emanuela Fraire e Rossana Rossanda
La perdita
a cura di Lea Melandri
Bollati Boringhieri, maggio 2008,
€ 6,50, 88 Pagine

vedi anche:

Il passaggio di un tempo altro di Lea Melandri

 

da il manifesto del 8-05-08

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