La neve non è più bianca, neppure ad alta quota

Valeria Fieramonte

 

 

Poveri ghiacciai: secondo i dati raccolti dal progetto Share - Stations at High Altitude for Research on the Environment gestito e coordinato da EvK2CNR - che comprende un'area di 600 KM2 sul massiccio dello Stelvio, dal 1954 al 2007 i ghiacci si sono ritirati del 40%, e il fenomeno pare essere in accelerazione: questo significa che, anche solo in termini di riserva di acqua è andato perduto l'equivalente di oltre 700miliardi di litri di acqua, ed è un dato approssimato per difetto, perchè non sono stati fatti molti monitoraggi, specie negli anni 60 e 70, e solo a partire dal 2000 l'interesse per il fenomeno è aumentato, anche perchè era ormai molto visibile ad occhio nudo.

In Italia il primo catasto dei ghiacciai risale alla fine degli anni '50, è stato poi aggiornato con nuovi studi  negli anni 80, ma solo nel 2012 è partito il  nuovo catasto dei ghiacciai italiani, che segnala una tendenza comune a tutto il mondo, fatto salvo per qualche eccezione.
A peggiorare le cose ci si sono messi anche i laghetti di montagna:  sono scomparsi 36 laghi alpini situati in gran parte sotto i 2500 metri di quota, mentre sono apparsi 22 nuovi laghetti sopra i 2900 metri, di carattere abbastanza effimero, perchè tendono ad evaporare in fretta.
Comunque 8 laghetti di meno, equivalenti a quasi dieci grandi bacini artificiali di perdita d'acqua!

Un altro dato di grande interesse scientifico è stato tratto dagli studi sul black carbon e il particolato ( PM10), e dalle osservazioni sull'inquinamento dell'aria: ormai anche ad alta quota, sulle cime incontaminate, la neve non è più bianca, dentro ci sono polveri sottili prodotte dai combustibili fossili, in aumento, secondo controlli incrociati in vari punti, di percentuali che vanno dal 41% ( Monte Cimone) al 69% ( rifugio Guasti): anche se in alta montagna l'inquinamento è molto minore – in pianura occorre infatti considerare un aumento degli inquinanti atmosferici  100 volte maggiore -   l'effetto delle particelle porta a una fusione accelerata della neve e del ghiaccio, e anche questo si può vedere ad occhio nudo.

“ Data l'estensione e le caratteristiche dei ghiacciai esaminati, gran parte dei dati possono considerarsi estensibili ai ghiacciai alpini italiani,” - dice Guglielmina Diolaiuti, ricercatrice della Università Statale di Milano e responsabile scientifica del progetto Share. “Le Alpi possono venire considerate delle 'torri d'acqua', che svolgono un ruolo cruciale per l'accumulo e il rilascio di questa preziosa risorsa. I dati di riduzione glaciale ottenuti nell'ambito di Share Stelvio indicano chiaramente che le 'torri d'acqua' stanno modificandosi sempre più rapidamente”.

L'unica buona notizia è che al passo dello Stelvio è stata eseguita una perforazione record di 235 metri di profondità e si è scoperto che il permafrost ( terra sempre ghiacciata) è più profondo di quanto ipotizzato in precedenza ( si pensava non fosse più alto di 100 metri).
E che non è cambiato il quantitativo totale delle precipitazioni. E' stato anche ritrovato, nel corso delle ricerche, un tronco di 4000 anni fa, di pino strobo, che ha permesso di ricostruire il passato climatico e glaciale della zona.

Infine sul portale www. flanet. org si può trovare un libro appena prodotto dal programma di ricerca  triennale del CNR e di diverse università lombarde, e sostenuto dalla Fondazione Lombardia per l'Ambiente  e dal comitato EvK2CNR, che parla appunto con maggiore dettaglio  delle acque del parco dello Stelvio, ed è scaricabile da internet.

 

13-12-2013