COCKTAIL D'AMORE

Presentazione di Margherita Giacobino




M. Giacobino



Per leggere questo libro ho dovuto superare la mia innata diffidenza verso i questionari; è vero che questo questionario si presentava diverso dagli altri, per esempio mancavano le domande sulle oppressioni e persecuzioni subite in quanto lesbica, c'è sì una parte che riguarda il coming out in famiglia e quanti membri della famiglia ti hanno diseredata e maledetta, ma è una parte molto ridotta, trattata con mano leggera.

Già dopo poche decine di pagine emerge tuttavia la sensazione netta che non solo il questionario è diverso, ma anche l'uso che si è fatto delle risposte, perché qui non noto l'effetto farfalla trafitta che di solito mi prende alla gola quando leggo i risultati di un questionario: quel sentire che i soggetti esaminati sono stati debitamente eterizzati dall'entomologo, che per studiarli prima li ha ammazzati ovviamente, nella buona tradizione scientifica, e ora ce li presenta belli infilzati, e con un tocco di bacchetta magica li trasforma in numeri, percentuali e formule tipo: la lesbica media ha 42 anni, una depressione cronica e un reddito sulla soglia della povertà
Forse a questo alludeva anche quel manifesto di Arcilesbica, quello con la ragazza tristanzuola che si rifaceva al Silenzio degli innocenti, e aveva come logo la farfallina: un animale, tra l'altro, che pesa niente, vive ancora meno ed è fra i primi a essere sterminati dall'inquinamento, per cui il suo uso poteva anche sembrare un po' simbolico della condizione lesbica

No, qui i soggetti dello studio non sono stati infilzati, sono rimasti vivi e vegeti, tant'è vero che continuano a parlare, a raccontarsi, si sentono le voci, e questo è già eccezionale, un risultato particolarmente insolito e interessante

E allora la lettura diventa, più che una compulsazione di percentuali, l'ascolto di queste voci, che sono disposte in modo da far sentire diverse campane, modi di essere, sensibilità che magari sono diametralmente opposte, eppure qui trovano tutte un loro spazio, invece di darsi sulla voce a vicenda; invece di litigare e non parlarsi mai più, qui continuano a parlare, ed è anche piuttosto piacevole sentirle, perché - e qui comincio a rendermi conto del lavoro di orchestrazione, di regia che c'è dietro - si sono evitate le dissonanze eccessive, le invasioni di campo, si è cercato insomma l'equilibrio, l'armonia

In questo senso di benessere che si rafforza mentre prosegue la lettura, si fa strada in te un sospetto: vuoi vedere che la comunità lesbica non è poi così malaccio come credevo?
Perché in effetti con questo libro è possibile aggirarsi in questa comunità senza subire eccessivi traumi, anzi ti rendi conto che le varie posizioni sono messe tutte nella luce migliore, quella che più consente di capirle, e/o di relativizzarle nel confronto con posizioni ed esperienze molto diverse
E allora ti rendi conto che qui c'è una sapiente, pervasiva regia del gruppo autoriale, che mi verrebbe da definire come una vera e propria regia materna
Materna in quanto amorevole, saggia, pacata, attenta: è come avere delle mamme intelligenti che hanno organizzato una festicciola tra bambine in cui ognuna è riuscita a divertirsi e a sentirsi protagonista, senza per questo mettere in ombra le altre

Un risultato notevole, magistrale
E ti chiedi: ma sono veramente riuscite a mettere tra parentesi i loro giudizi e opinioni, passioni e idiosincrasie? La risposta è: no, per fortuna.
Ci hanno provato, ma hanno saputo porsi dei limiti
Perché loro, anche se danno spazio per esempio alle voci delle apolitiche, di quelle che rifiutano i gruppi o le etichette o che ritengono il femminismo un fenomeno estinto, loro invece - il gruppo autoriale, le mamme buone del questionario - hanno alcuni punti fermi e passioni radicate, e infatti ogni tanto gettano lì, tra un intervista e l'altra, una frase di Monique Wittig o Teresa de Lauretis o Simonetta Spinelli, tanto così per ancorare con sufficiente autorevolezza il loro pensiero, per demarcare un percorso con dei segnali di un certo peso
E poi ci sono anche le citazioni sotto i titoli di ogni capitolo: Christa Wolf, Szimborska, Dickinson, Woolf, Lorde, Saffo (vabbè, questa era d'obbligo) che sono come tanti piccoli nuclei irradianti di sensibilità femminista, stelle guida, direi quasi che in queste citazioni è racchiuso il senso del sacro di questo gruppo di conclamata laicità

Insomma come fanno per rendere armonioso il coro che - come noi tutte sappiamo bene per esperienza personale - appare nella realtà tanto dissonante?
Con la dolcezza. Con la femminile arma della dolcezza, abbinata alla persuasione e alla tenacia. E a una buona dose di strategia.
Loro lasciano parlare tutte, poi dicono: vedete come siamo diverse, tante e diverse, e c'è posto per ognuna. E con un piccolo tocco qua e là ti rimettono in carreggiata - basta una citazione al momento giusto, una frasetta tipo: 'essere lesbiche è un cambiare le regole del gioco' ed eccoci di nuovo su un livello di pensiero, di elaborazione, di coscienza…
Insomma con questa attenzione continua e col metodo dolce, loro ti impediscono di concentrarti sulle cose con cui non sei d'accordo, che magari ti irritano, e mettono invece in luce l'aspetto umano, positivo, di ognuna - o relativizzano le affermazioni negative, le esperienze brutte

E così riescono a dissipare quella bruma che spesso vela l'esperienza lesbica, per vari motivi: c'è chi si sente sfigata o minoritaria, e chi magari è troppo esigente e vorrebbe che tutte le lesbiche fossero bellissime e intelligentissime e vestite da Armani, c'è chi ha il problema dell'omofobia interiorizzata e chi quello del coming out - e tutto questo costituisce una bruma che si appesantisce sulle teste, impedendo spesso di vedere i tanti lati positivi della vita delle lesbiche, le tante esperienze belle, piene di coraggio, innovative
(è una bruma, vorrei precisare, che oggi mi pare pesare un po' su tutti, non solo sulle lesbiche; e che mi pare legata alla perdita di punti di riferimento che facciano da mediazione tra il privato, la famiglia, la cerchia amicale, e la società allargata, che ormai è un'entità mostruosamente grande,impersonale… ma qui il discorso si allargherebbe troppo)

Insomma questo libro ti apre veramente delle finestre sulle diversità, ti permette di apprezzarle e meravigliarti
Io per esempio mi sono meravigliata del coraggio e della determinazione delle madri, ho ammirato molto quelle che affermano: se mio figlio, mia figlia, si sentirà diversa perché ha due madri e nessun papà, be' lo affronterà, gli/ le daremo tutti gli strumenti possibili per capire che la sua non è una situazione diminuita ma solo diversa, e poi farà da solo/a…
Penso a tutti quei genitori che nutrono i figli, fisicamente e psichicamente, di porcherie, adducendo che così non si sentono diversi, poverini; che li educano al conformismo per non farli sentire emarginati, che in ogni occasione vorrebbero risparmiargli la fatica di pensare e di crescere, e penso che queste madri lesbiche rappresentano davvero - adesso cito anch'io Wittig, per mantenermi in tono - un'avamposto dell'umano, perché trattano i loro figli senza falsi sensi di colpa per delle scelte giuste, gli danno fiducia, vogliono farli crescere persone integre, e non numeri di una maggioranza

E' vero che di tanto in tanto un qualche giudizio, però, riemerge - e meno male, se no sarebbero troppo perfette
Per esempio, quando citando una donna che non ha fatto il coming out con la mamma perché, dice, non voleva farla soffrire inutilmente, e aggiunge: prima avevo bisogno del suo riconoscimento, adesso so di essere io anche senza che mia madre mi riconosca,
e segue il commento: 'Un tale comportamento può essere rivelatore dell'omofobia diffusa cui nemmeno le lesbiche sono immuni, al punto che spesso proiettano sui genitori quell'immagine negativa di se stesse che hanno introiettato.'
Ecco, io qui mi chiedo: ma non è che di tanto in tanto questa centralità lesbica ci prende un po' la mano? Perché sospetto che le mamme teste dure, irriducibili, che non lo vogliono sapere neanche morte, esistano davvero, non siano solo in frutto di una fantasia da omofobia introiettata…
Che poi fa pensare, l'omofobia introiettata, a una specie di disturbo digestivo, un incubo dovuto all'ingestione di cibi pesanti: e ti viene da colpevolizzare l'ingorda che giù omofobia come fosse panna montata…
Ma le mamme impervie esistono nella realtà, non solo negli incubi; come esistono i padri che se ne fregano, i fratelli gelosi eccetera; e anche l'omofobia esiste nella realtà, direi prima di tutto nel linguaggio che parliamo (non a caso moltissime voci si levano concordi nel dire: parliamone, diciamo questa parola, lesbica, omosessuale, diciamola finché non ci fa più paura) e quindi non vorrei che, in questo ridurre il mancato coming out a un'indigestione di omofobia ci fosse di nuovo un rispuntare di colpevolizzazioni, un frullare di ali di farfalla come sul luttuoso poster di Arcilesbica

Nel complesso, comunque, a parte critiche assolutamente marginali, che dire se non che è un lavoro poetico, un lavoro di raffinamento di idee, parole, emozioni
Che si sente una grande accoglienza, una saggezza che si muove dietro le quinte
Lavoro poetico proprio in senso di linguaggio, di saper prendere le parole, le frasi, e collocarle nel punto scelto, come in un grande collage : attribuzione di senso - non a caso l'ultimo titoletto è La forza della comunità - perché il lavoro è consistito proprio nel raccogliere voci singole e farle diventare un coro, a volte un po' dissonante è vero, ma mai troppo
Perché se nella vita le parole, le esistenze singole, le singole affermazioni, possono da sole risultare sperse o peregrine, ingenue o individualiste, e alcune di loro difficilmente o mai si potrebbero mettere a confronto perché troppo diverse e lontane, qui invece - e questo lo rende veramente un prodotto comunitario - emerge una voce collettiva fatta di tante voci diverse che però insieme, invece di una babele o una cacofonia, diventano polifonia

E ci chiediamo: ma è una comunità lesbica reale o un'utopia quella che qui viene tratteggiata? E come hanno fatto le autrici a dare l'impressione che al suo interno non ci siano quegli elementi che non mancano mai in ogni comunità, tipo le insopportabili, le superdepresse, le analfabete di ritorno, le pazzerelle, le stronze tout court? Le avranno censurate? O per loro stessa natura, costoro non compilano i questionari? Oppure - e qui forse risiede la grandezza delle fabbre - da qualsivoglia materiale umano sono riuscite a ricavare risposte sensate, rispettose, intelligenti?
Questa è una domanda che rivolgo alle autrici
L'altra è: come si guadagnano il pane tutte queste lesbiche? e ancora: quanto pane si guadagnano?
Lo so che la mia è una curiosità bassamente materiale, ma nel questionario riportato in calce c'è una domanda sulla professione e sul reddito, i cui risultati non mi paiono però comparire nel testo; e allora mi chiedo: sarà perché le autrici sono più delicate e sensibili di me e non si curano dei dettagli vili; o magari ancora una volta hanno voluto risparmiarci gli aspetti più negativi della realtà?
Resta il dubbio.
Comunque ho apprezzato almeno che, fra le risposte alla domanda 'Che cosa ti attrae maggiormente in una donna (possibili risposte multiple - e vedete già da qui l'animo autenticamente democratico delle autrici)' sia inclusa anche la 'posizione sociale ed economica', peraltro pochissimo gettonata (2,6%)
D'altra parte, che le donne non amassero le donne per soldi, in qualche modo già lo sapevamo
In compenso, ho fatto la strabiliante scoperta che la maggior parte delle lesbiche è soddisfatta della sua vita sessuale; questa è stata davvero una sorpresa, che mi ha indotta a pensare che la famosa 'morte del letto lesbico' (una traduzione esilarante di lesbian bed death) sia un'invenzione del mainstream invidioso, una specie di contrattacco, come quello contro il femminismo

In conclusione c'è una specie di tirare le somme, un momento di lirismo politico:
la chiarezza che le lesbiche "sono costrette a un doppio movimento, contemporaneamente affermare e negare se stesse, (…) rivendicare con orgoglio e passione il nostro essere", e allo stesso tempo lavorare per una società in cui questo 'di più' che ci riconosciamo adesso non esista più, perché tutte le differenze avranno segno positivo

io penso che questo è degno di Carla Marx
una Carla Marx collettiva, che quindi eviterà gli accecamenti individualistici, il culto della personalità; una Carla Marx lieve, saggia, poetica, non fissata su quelle cose tanto materiali e pesanti tipo le differenze di classe (che abbiamo visto nel questionario non ci sono), ma piuttosto sugli aspetti culturali e di linguaggio, insomma postmoderna, simpatica, complessa e buona - sì diciamola questa parola così desueta, oggi infatti non si parla più di bontà ma di buonismo, che comunque è un po' diverso
la nostra Carla Marx invece è buona, siamo andate scoprendo le sue virtù: è accogliente, saggia, non violenta, tratta bene i soggetti dell'indagine, è positiva, insomma alla fine è anche un po' santa perché concilia l'inconciliabile quindi qualche miracoletto lo fa, anche se per fortuna si tiene aggrappata a una certa laicità di fondo che le impedisce le estasi peraltro così popolari fra certe femministe di questa città e regione


Milano, Università delle Donne, 6 Marzo 2005