Donne coraggio in Somalia

di Gianna Beltrami

 

 

Giovedì 5 maggio 2005 alla libreria Azalai in via G. G. Mora 15 a Milano si è tenuto un incontro con Hawa Aden Mohamed direttrice del Galkayo Education Center for Peace and Development in Somalia. Il tema riguardava “Il ruolo della donna in Somalia”.

La signora ha parlato del diritto di famiglia in Somalia dove la famiglia è di tipo patriarcale, organizzata secondo la legge islamica e regolata da un Codice di Famiglia del 1975 che proibisce la poligamia, stabilisce pari diritto all’eredità per uomo e donna e l’affidamento dei figli alla moglie in caso di divorzio. Questo codice non è assolutamente rispettato.

Nella società somala le donne hanno un compito procreativo, sono passibili di ripudio e s’incaricano delle cure domestiche, del lavoro nei campi e con gli animali e di piccole compravendite utili alla famiglia. La partecipazione delle donne alla vita politica non fa parte della cultura somala e anche il governo militare insediatosi nel 1869 le ha solo strumentalizzate e ingannate. Con la guerra civile del 1990 le condizioni delle donne sono molto peggiorate ed esse sono esposte a ogni tipo di violenza.

Dopo la guerra civile le donne hanno problemi legati alla guerra (traumi, malnutrizione, stupri), sono molto povere e non hanno diritto di parola né in privato né nella vita politica.

Il Galkayo Center si occupa globalmente della difesa dei diritti delle donne, della loro istruzione e formazione professionale, dell’educazione sanitaria di base anche relativamente all’AIDS, delle mutilazioni sessuali e della presa di coscienza delle donne rispetto a problematiche più generali, femminili e no (per es. l’ambiente).

Il Centro ha organizzato una scuola privata (le scuole pubbliche non esistono più) per 700 ragazzi in età scolare (le femmine non hanno diritto all’istruzione) e svolge un lavoro educativo anche sui genitori .

La mutilazione dei genitali avviene sulle bambine dai 4 ai 12 anni ed è considerata una pratica religiosa non solo islamica. In realtà ciò non corrisponde a verità tanto che il Center ha riunito 28 capi religiosi i quali hanno convenuto che manca una indicazione religiosa per la mutilazione ma poi non hanno voluto contrastarla perché la ragazza che non l’ ha subìta non potrà mai esser sposata.

In Italia vivono 28.000 donne che hanno avuto la mutilazione.

La Svezia quando invia in Somalia aiuti economici esige che sia dichiarato che non verranno utilizzati per la mutilazione.

Il Center è una goccia d’acqua rispetto all’oceano di violazioni di diritti ma tra minacce di vario livello prosegue nel suo impegno grazie alla collaborazione di un bel gruppo di donne.


 

Se qualcuno è interessato può contattare
Associazione Spazio Solidale Onlus, via Croce 20, 20060 Bussero (Milano)


 

lunedì, 16 maggio 2005