Noluthando Mabandla -
Lindiwe Madikwa - Sindiwe Magona -
Sindiswa Merile - Nomonde Qotole -
Thokozile Sayedwa - Nomsa Somdaka Questo è il frutto del mio lavoro per come concepisco il mio ruolo di scrittrice. Una “chiamata alle armi!” indirizzata ai miei compagni africani. Nessun paese ha mai trionfato voltando le spalle alla sua lingua e nessuna civiltà, per ottenere qualche tipo di successo o di eccellenza al suo interno, chiede di diventare meno di ciò che in realtà si è. Si è verificato un fenomeno molto triste negli Stati uniti di recente. I discendenti degli schiavi, gente che era stata portata via con la forza dall’Africa e resa schiava nelle piantagioni di zucchero di quel paese, cercarono di creare una loro lingua – l’ebonico. Tra le tante cose che vennero strappate, rubate a queste persone, c’era la loro lingua madre. Quelli che venivano dalla stessa regione, o che si sospettava appartenessero allo stesso o ad un simile gruppo linguistico, furono deliberatamente separati. Unico obiettivo di tanta fatica, uccidere la lingua che parlavano (è impossibile far sopravvivere una lingua nell’isolamento). Naturalmente, ci riuscirono. Oggi, gli africano-americani non hanno una lingua madre; nessun’altra lingua eccetto quella di coloro che li resero schiavi. Gli africani con il nome di un clan in Sud Africa sono eccezionalmente fortunati. Sebbene siamo appena emersi dall’oppressivo sistema dell’apartheid, le nostre lingue sono ancora intatte. Tristemente, andiamo ora incontro ad un destino simile a quello che toccò agli schiavi – venire privati della lingua. Ancor più triste è il fatto che accadrà grazie al nostro stesso operato. Oggi, il genitore africano si dà tanta pena per far sì che il figlio o la figlia parlino solo inglese. Stiamo sacrificando le nostre lingue sull’altare del “progresso”. Ma chi saranno questi individui, senza una lingua madre? Perché stiamo facendo loro peggio di quanto persino l’apartheid è riuscito a fare a noi? Ho messo insieme un gruppo di persone che vorrebbero scrivere, chiamato il Gruppo di Scrittrici di Gugulethu (GSG). Non si paga niente; all’aspirante scrittrice si chiede solo di venire, di partecipare a questa associazione in cui usiamo il xhosa, la nostra ricchezza come popolo, la nostra eredità! Ho detto che le scrittrici di questo libro sono esordienti. È vero; ma quanto ad esperienze personali ne hanno da vendere! Gli argomenti con cui si misurano lo dimostrano chiaramente. Ascoltate Somdaka (Preziosa) sull’importanza dei bambini e su come andrebbero tirati su. Sayedwa, ancora molto giovane, ci offre un assaggio di alcune delle esperienze che devono affrontare i giovani oggi, nella vita di ogni giorno. Due racconti ci mostrano cosa può significare l’eredità. Mgumane-Qotole (Un uomo non è solo il suo cappello), ci fa vedere cosa provoca tra dei fratelli, uno dei quali è ricco; mentre Mabandla (Ogni albero ha la sua resina – così si intitola il racconto) ci avverte dei pericoli che derivano dal credere di amare i propri figli mentre li stiamo solo viziando. In “This is some place” – Merile ci ricorda il passato e le rimozioni coatte che crearono così tanto turbamento tra quanti vennero portati via con la forza dalle proprie case e spediti in posti come Gugulethu. Madikwa (Come Nowinile andò a Cape Town) parla di una donna – con due figli piccoli e affamati al seguito – che lascia il villaggio e va a Cape Town alla ricerca del marito, “inghiottito” da quella città. Qui, dunque, ci sono sei racconti
delle mie iniziate. Come qualunque madre, ce ne ho messo anche uno mio,
“La sposa di Modi” ad accompagnarli. Vostra, al servizio del
paese
edizioni Gorée,
marzo 2007, € 14,
Pagine 200 |