Haiti: una crisi umanitaria
di Anna Chiabov


Nina Goncharova

 

L’aeroporto di Port–au-Prince che si è visto inquadrato nelle riprese televisive di questi giorni in cui si è tanto parlato di Haiti, è intitolato a Toussaint Louverture, uno dei padri della patria haitiana.

Touissant era uno schiavo affrancato, istruito; minuto e agilissimo, cavalcava come un fulmine da una piantagione all’altra. Possedeva un forte ascendente, capace di far sorgere negli schiavi tratti dal Senegal, dal Sudan, dal Dahomey  (Benin), piegati dalla fatica e privati di ogni diritto, la determinazione a ribellarsi.

Erano gli ultimi anni del XVIII secolo. Saint Domingue, ‘la perla delle Antille', era la più prospera colonia francese. La Francia aveva abolito la schiavitù nel 1794, l’eco dei principi della rivoluzione era arrivata nelle piantagioni e negli zuccherifici portata dai figli mulatti di quei coloni che mandavano i propri figli a studiare in Francia.

L’abolizione della schiavitù veniva ignorata nella bella colonia, anzi i coloni spaventati dalle rivolte, chiesero l’aiuto di Napoleone che mandò a Saint Domingue tremila uomini guidati dal giovane generale Leclerc, che sbarcò accompagnato dalla moglie Paolina, proprio quella sorella dell’Imperatore che sposerà in seconde nozze il principe Camillo Borghese e sarà la modella di Canova per la celebre Venere.

Leclerc fece arrestare Toussaint Louverture e lo spedì in Francia. Imprigionato in una fortezza del Giura, Toussaint morì di freddo pochi mesi dopo. Era il 1803.

Nella colonia la rivolta era indomabile. Le truppe francesi, sconfitte e decimate dalla febbre gialla, incalzati dalla furia dei rivoltosi ora guidati da Jacques Dessalines, riprendono il mare. Paolina torna in patria vedova.

Dessalines, che ha lanciato il fatale ordine “Koupé tet, boulé kai (tagliate le teste, bruciate le case ), è vittorioso.

Il giorno di Capodanno del 1804 egli proclama l’indipendenza del paese: Saint Domingue riprende il none originario di Haiti (Terra montagnosa ), Dessalines si autoproclama imperatore. Le piantagioni sono state distrutte, i coloni sono stati massacrati.

 

Veniamo ai giorni nostri: a Capodanno del 2004 Haiti celebra il bicentenario della fondazione.

E’ presidente della repubblica il tiranno Aristide ‘democraticamente' rieletto nel 2001 a seguito di elezioni fraudolente che l’opposizione denuncia con forza. Eletto una prima volta nel 1990, aveva suscitato grandi speranze nelle masse popolari promettendo che le avrebbe traghettate dalla miseria assoluta ad una dignitosa povertà.

Nel 1991 un colpo di stato militare lo costringe all’esilio per tre anni. Venne reinsediato dieci anni fa sotto la protezione di ventimila soldati americani. La nuova strategia del potere di Aristide è fondata sulla violenza, uccisioni, stupri, arresti senza mandato di cattura, tortura. Al disciolto esercito si sostituiscono le ‘chimere' , ( pari ai famigerati tontons macoutes di Papa Doc Duvalier) che agiscono nella piena illegalità e godono delle totale impunità concessa dal presidente che arringa il popolo utilizzando il creolo, con discorsi sempre più deliranti sull’amore, sulla pace e sul sangue di Toussaint e di Dessalines, di cui si considera la reincarnazione.

Al regno dell’arbitrio si oppongono i partiti politici e le associazioni della società civile sottoposti a violentissima repressione ma eroicamente determinati a far maturare nel paese una coscienza civile da cui far partire un processo di svolta non violenta perché non si ripetano gli scenari del travagliato passato di Haiti.

Si oppongono anche due ex collaboratori di Aristide, Louis Jodel Chambelain e Guy Philippe che hanno organizzato la rivolta che dal nord del paese ha raggiunto la capitale.

 

Vorrei concludere citando una lettera dello scorso 3 marzo, ricevuta da un amico haitiano.

"La tempesta si è tramutata in cataclisma. Far partire il nostro Caligola-Nerone è stato un parto con il forcipe. Ci aspettavamo qualcosa di brutto. Aristide ha messo in atto il suo piano macabro, da settimane la propaganda parlava solo di apocalisse. Era necessario che quelli che ‘stanno su‘ fossero ridotti alla condizione di quelli che ‘stanno giù‘.

Di nuovo ‘Koupé tet, boulé kai‘ per mettere fine alla presenza di quelli che si oppongono alla  marcia del POPOLO.-

Il coraggio dei vari settori dell’opposizione ha creato un momento favorevole al rovesciamento del regime, ma senza la determinazione degli Stati Uniti, della Francia e del Canada, non si sarebbero  ottenute le dimissioni del tiranno.

Questi tre paesi si sarebbero augurati che si stabilisse un calendario per il passaggio delle consegne al fine di limitare gli effetti delle choc, ma Aristide il 27 marzo ha dato ordine alle sue ‘chimere‘ di dare un assaggio di quello che lui aveva in mente. Saccheggi, incendi, uccisioni a più non posso: capisse chi doveva capire che lui non intendeva andarsene. Diceva: “Nelle nostre vene scorre sangue buono, il sangue cattivo deve essere soppresso, è carico di microbi infettanti“.

Finalmente consapevoli di quello che sarebbe potuto accadere, gli americani hanno ottenuto le dimissioni di Aristide esercitando la necessaria pressione. Si dice qui che l’Ambasciatore americano abbia presentato al tiranno un mandato di cattura, con l’accusa di traffico di droga.

Arrivato nella Repubblica Centroafricana, Aristide e la moglie si dichiarano vittime di un rapimento.

La situazione ora è ben lungi dall’essere stabilizzata. Aristide ha lasciato qui un ordigno innescato: ha fatto fare una massiccia distribuzione di armi ai suoi partigiani, prima di lasciare il potere.

Sull’attuale quadro si proiettano due grandi ombre:

- Gli insorti sono membri del disciolto esercito di Haiti, poliziotti allo sbando, ex appartenenti ad una organizzazione paramilitare di trista fama.

- La classe politica è alla bancarotta e, secondo costume, dopo un momento in cui sembrava saldata dall’obiettivo di liberarsi di Aristide, ricomincia ad accapigliarsi.

Il bilancio è di pesante disfatta economica in conseguenza agli espropri, saccheggi e incendi.

Decine di depositi, di banche, di pompe di benzina, di industrie manifatturiere, di centri commerciali, di facoltà universitarie, di ripetitori televisivi sono stati saccheggiati o distrutti dal fuoco. Miliardi di dollari andati in fumo che incideranno enormemente sul tasso di disoccupazione già catastrofico.

Il costo umano è disastroso, non si contano i morti, la repressione della rivolta a Saint Marc può essere paragonata a Orandour. La crisi umanitaria è al culmine"

 

traduzione dall'inglese di Sisa Arrighi