Cara Sara, non so se si possa definire recensione la mia. E' una cosa scritta un po' a caldo con gli occhi anche della madre. Ho visto hotel Rwanda con mia figlia (16 anni) e il suo
"ma tu già c'eri e perfino io ero già nata" mi ha provocato parecchie riflessioni. E' un po' strano l'utilizzo di già: sempre mia figlia, guardando la presentazione di una mostra sul movimento delle donne negli ultimi 20 anni aveva affermato "ma tu c'eri già". In questo secondo già c'era come stupore, orgoglio, desiderio di sentire raccontare, nell'altro come una lieve accusa. Scusa la confidenza, mi faceva piacere condividere questa cosa. Grazie per l'attenzione Gemma

Hotel Rwanda


di Gemma De Magistris

 

 

Il film di Terry Gorge sulla guerra civile in Rwanda del 1994 racconta una storia vera: un direttore d'albergo "occidentalizzato" riesce a salvare 1200 persone utilizzando denaro e amicizie importanti e rischiando la vita e la famiglia.
Ma non mi è sembrato un film sull'uomo qualunque che gradualmente comprende e sceglie. Mi sembra invece un film sul pudore. Nel mito di Prometeo (nel Protagora platonico) Zeus dona agli esseri umani l'arte politica; essa comprende la giustizia ma anche il pudore inteso come capacità di vergognarsi del non giusto.

Hotel Rwanda è un film sulla possibilità di provare ancora quella vergogna. Dal punto di vista cinematografico ha tutti gli ingredienti per coinvolgere: i bambini, il massacro. Ma non provoca la lacrima piuttosto fa vergognare ed è una vergogna collettiva quindi più difficile. E' un film sull'indifferenza, sul gioco delle parole (atti di genocidio è diverso da genocidio, nero rwandese è diverso da negro), sull'annientamento dei bambini perché annullando una generazione si annulla un popolo.

Fa scaturire, infine, anche una riflessione sulla ineluttabilità di ciò che avviene perché non è ozioso, talvolta, chiedersi "come sarebbe andata se…?"
Molto convincenti le interpretazioni (con un bravo Don Cheadle) ed abile l'uso della fotografia che rende bene il prima e il dopo: prima c'è un'Africa luminosa, colorata, dai contorni netti poi arriva il buio fisicamente e metaforicamente ed i contorni quasi spariscono, tutto si confonde come la distinzione hutu e tutsi che non si spiega perché non c'è nulla da spiegare.

E' un film onesto ed essenziale; i dialoghi sono brevi ma le battute significative. Insomma vale la pena di vederlo per imparare, ricordare e riflettere

 

 

18- 03- 05