IL
RESTO DI NIENTE
di Gemma De Magistris
Napoli
1799: rivoluzione partenopea, rivoluzione fallita, voluta da nobili
ed intellettuali "enciclopedisti" lontani dal popolo. Questo
nei libri di storia. Per le studentesse napoletane protagonista di questo
momento è la nobildonna portoghese Eeonora Pimentel de' Fonseca.
Il film di Antonietta De Lillo "Il resto di niente"
liberamente tratto dall'omonimo libro di Enzo Striano racconta
Eleonora.
Maria De Medeiros è una Eleonora bravissima ed estremamente
convincente. Lo sguardo liquido, mobilissimo si abbassa, coperto da palpebre
appena un po' pesanti, le spalle si incurvano lievi quando Eleonora comunica
una resa solo apparente, un non potere scegliere; poi la figura diviene
eretta, gli occhi sono spalancati, è uno sguardo che osserva ed
analizza senza posa. Eleonora chiede, anzi pretende, in un momento in
cui le donne non possono pretendere, carta, penna, una grande scrivania.
Vuole studiare, conoscere, vuole scrivere.
Scrive versi, poi il giornale dei rivoluzionari, legge la realtà
di una città a cui non appartiene per nascita ma che sente gradualmente
sua. La regista e l'attrice disegnano una figura di donna non solo storicamente
interessante ma vera nella sua compattezza e coerenza. Eleonora passa
da una adesione intellettuale alle nuove idee ad un "sentire i bisogni",
ricerca una comunicazione efficace che raggiunga i "lazzari",
stabilisce un legame forte con Graziella, prostituta, talvolta
sguaiata, cinica e fragile ma soprattutto Eleonora cerca con domande ripetute
in maniera quasi ossessiva, il senso delle cose, delle azioni perché
le conseguenze non siano "il resto di niente".
Una coraggiosa scelta politica che pagherà col patibolo all'età
di 47 anni, travolta insieme a centinaia di compagni dal furore della
rappresaglia borbonica. Eroina
per amore, come spesso si è detto? Sicuramente ma "amor
mundi".
4-04-2005
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