Laura Bianchini – Il pensiero e l’azione di una donna nella  Resistenza cattolica
Annamaria Imperioso

 

 


La storia di Laura Bianchini si intreccia profondamente con la storia del mondo cattolico bresciano.

Laura Bianchini nacque a Castenedolo (Brescia)  il 23 agosto 1903 da Domenico e Caterina Arici, in una famiglia modesta. Con molti sacrifici riuscì a proseguire gli studi laureandosi brillantemente in filosofia e pedagogia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Si dedicò quindi all’insegnamento, prima nell’Istituto Magistrale di Brescia, di cui divenne preside, poi  presso il Liceo Ginnasio Arnaldo di Brescia come docente di storia e filosofia.

La sua passione per le tematiche educative la portò a collaborare con la casa editrice cattolica La Scuola, sorta all’inizio del ‘900, per la quale  realizzò alcuni libri scolastici: nel 1941 scrisse con Bianca Morandi  “Il focolare: antologia per le alunne della scuola media”, e nel 1943 insieme a Ottavia Bonafin  creò un libro di letture per le ultime classi delle scuole elementari: “Bontà”. Sempre negli stessi anni curò la pubblicazione  di  altri testi scolastici diretti agli alunni della scuola media  e scrisse su varie riviste italiane nel campo pedagogico e didattico. Compose inoltre  alcuni testi e saggi di argomento religioso.
La formazione spirituale e culturale di Bianchini si sviluppò a contatto con i padri Filippini dell’Oratorio della Pace di Brescia,1 una congregazione religiosa che riuniva intorno a sè l’élite spirituale e intellettuale dell’area cattolica  bresciana: un ambiente dove il dibattito culturale era molto aperto al confronto e al pensiero critico, dove la gioventù cattolica poteva leggere e approfondire il pensiero di Maritain e Mounier e in cui  era  educata all’impegno “integrale” del cristiano all’interno del corpo sociale.

Negli anni universitari ella fece parte della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana)  di cui divenne presidente del ramo femminile per sette anni, e del Movimento Laureati, due circoli universitari molto vitali e ricchi di spazi di discussione culturale e religiosa.
E fu proprio in questo contesto che ella  maturò progressivamente il suo antifascismo, che la portò poi  a un impegno militante nella lotta per la resistenza.   

Nel 1943 entrò nella redazione del giornale antifascista “Brescia libera” elaborando scritti e volantini clandestini. In ogni  scritto si ritrova l’impronta della sua forte personalità e del suo carattere indipendente: in uno di questi articoli, intitolato “Ai nostri professori” ella esortava con accenti lucidi e appassionati gli insegnanti italiani a non giurare al nuovo governo della Repubblica Sociale Italiana, costituita a Salò: <<Voi avete la responsabilità gravissima di averci illusi, Voi che tacevate, che sopportavate, che non avete mai trovato il coraggio di dire a noi, giovani inesperti, la parola della verità…. Se giurate, non siete educatori di anime, siete dei corruttori del costume>>.
Dopo l’8 settembre Bianchini ospitò nella sua casa di Brescia le prime riunioni di esponenti militari e politici dell’antifascismo bresciano. Quindi, divenuta sospetta alla polizia fascista, si trasferì a Milano ove si occupò dell’organizzazione dei soccorsi ai detenuti politici, diresse l’ufficio assistenza alle famiglie dei patrioti caduti e si dedicò al soccorso  dei perseguitati politici e degli ebrei, che aiutava a raggiungere la Svizzera mettendo spesso a repentaglio la sua stessa vita nel tentativo di salvarli.

Per comprendere meglio il clima culturale in cui maturò  il pensiero e l’impegno di Laura Bianchini occorre considerare l’apertura intellettuale e la vivacità di pensiero del clero bresciano, testimoniata anche  da una iniziativa molto avanzata di mons. Luigi Fossati, parroco del Duomo di Brescia: egli, alla fine del 1943, si propose di formare politicamente le donne attraverso l’organizzazione di alcune lezioni di sociologia  presso l’Istituto delle suore del S.Cuore a Brescia, a cui partecipò anche la prof. Bianchini. In tale contesto fu diffuso clandestinamente un documento, in fogli dattiloscritti,2 con una innovatrice proposta  per la promozione della donna nella vita politica. Il documento, ideato dallo stesso mons. Fossati, si articolava in 24 punti: egli partiva dalla concezione  dell’assoluta parità fra uomo e donna, ma constatava che “disseminare alcune donne nelle grandi assemblee legislative lasciava immutata la loro condizione di inferiorità, non solo per una carenza di educazione politica, ma anche per la diffidenza spesso presente nella componente maschile.”3 Il prelato proponeva quindi la fondazione dell’ Istituto Costituzionale Legislativo Femminile (o Camera della Donna), per superare i condizionamenti che impedivano alle donne di affermarsi  e di contribuire all’azione sociale con tutte le loro potenzialità e la loro  cultura. Il separatismo era visto come condizione necessaria a una presa di coscienza della donna per una partecipazione più attiva nella società,  attraverso la formulazione di  precisi obiettivi di intervento.  Tuttavia, l’innovativa proposta teorizzata e sviluppata dal documento non ebbe alcun seguito.
L’ambiente intellettualmente ricco e così  pieno di fermenti ideali  costituì quindi lo sfondo della scelta coerente operata da Laura Bianchini di impegnarsi attivamente contro l’ingiustizia e la violenza rappresentate dal regime fascista e per un rinnovamento  radicale della società.   E’ ormai acquisito, d’altra parte, che non fu il solo spirito cristiano, di carità, a muovere idealmente e concretamente una parte dei cattolici verso la condivisione della sofferenza, verso la solidarietà con la popolazione e quindi verso la Resistenza, ma una presa di coscienza molto profonda,  supportata da ragioni etiche e politiche.

Nei primi mesi del 1944 la prof. Bianchini entrò a far parte  della brigata partigiana “Fiamme Verdi”, una formazione a prevalente orientamento cattolico operante soprattutto in Lombardia e Emilia, ma diffusa anche in Piemonte e Veneto.  Nelle Fiamme Verdi militavano, oltre ai cattolici laici, anche dei sacerdoti che, condividendo con le proprie comunità di base  le scelte e i drammi della guerra, si ponevano in modo critico di fronte alle direttive prudenti e contraddittorie date dalle massime autorità religiose  intervenendo nella realtà sociale con azioni concrete. Fra questi: don Giuseppe Tedeschi, don Giovanni Barbareschi, don Giacomo Vender. Quest’ultimo, in qualità di assistente religioso all’interno della fabbrica MIDA (Manifattura Italiana Armi) di Brescia ebbe modo di entrare in contatto con i lavoratori dello stabilimento, spingendosi addirittura a collaborare con altri patrioti per l’approvvigionamento di armi da parte dei gruppi partigiani.4

Diretta emanazione delle Fiamme Verdi fu il foglio clandestino “Il ribelle”, di cui Bianchini divenne subito coordinatrice e dove, pur in una situazione di emergenza e nei momenti più tragici della guerra civile, ella non rinunciò mai, accanto ai bollettini di lotta partigiana, alle immagini dei martiri, agli identikit delle spie, a proporre il suo messaggio spirituale: scrisse articoli appassionati sulla libertà, sull’ordine sociale e sulla crisi di civiltà che aveva colpito il mondo moderno. L’anima dell’educatrice sentiva l’urgenza di un’opera spirituale e pedagogica che partisse dall’uomo per arrivare ad una rigenerazione sociale e politica, cosa che continuò a ribadire ardentemente e in modo irrinunciabile.
 “Il ribelle”, il giornale dei “ribelli per amore” voluto e fondato da Teresio Olivelli, che fece suo il motto già adottato da “Brescia libera”: “Esce come e quando può”, fu distribuito in tutto il nord Italia, arrivando quando possibile persino a Roma, grazie a squadre ben organizzate di distributori che si avvalsero soprattutto dell’opera delle staffette femminili.  Molti  articoli  sono stilati  dai sacerdoti citati nella pagina precedente, che si firmavano con diversi nomi di battaglia.  Laura Bianchini firmò i suoi articoli con gli pseudonimi Penelope, Don Chisciotte e  Battista, una scelta diversa da quella di molte partigiane cattoliche che si ispiravano al culto di sante eroiche nella scelta dei nomi di battaglia.     Dai suoi scritti emerge  il lavoro di approfondimento sulle ragioni della propria fede e la sua formazione filosofica con riferimento al personalismo cristiano, che pone al centro dell’ordine sociale la persona umana.

I concetti sul primato della persona umana e il rispetto dei diritti essenziali alla dignità della persona li ribadì nell’articolo “L’uomo e l’ordine sociale” (N.5 del 19 giugno 1944).  La riforma spirituale  delle coscienze è fondamentale per Penelope, convinta ritessitrice, (come la definiscono Antonio Fappani ed Elisabetta Selmi nella premessa al libro biografico di Giorgio Morett),  di una nuova civile convivenza: ordine sociale  come ordine interiore, spirituale,  che contempla la visione di nuovi valori rispettosi dei diritti sociali e della libertà: “…. la persona umana è il fine a cui l’ordine sociale – e potremo dire allo stesso modo l’ordine politico, l’ordine giuridico,  è subordinato…...la società è al servizio della persona umana, alla quale deve offrire le condizioni che le permettono di perfezionarsi, di svolgersi secondo i doni, le tendenze, le capacità di cui è stata dotata….non è la persona umana al servizio della società, perché ciò negherebbe la sua dignità, condannandola a vivere da minorenne, da schiava, da “cosa”.

E proprio In nome della libertà e della pace, allarmata per il clima di odio e di vendetta che ella temeva perdurasse anche finita la guerra, Penelope in data 25 luglio 1944 scriveva ne “Il disarmo degli spiriti” parole che meritano di essere lette: “…..Che cosa chiediamo alla lotta che sosteniamo, alla guerra che combattiamo?.....Noi alla nostra guerra chiediamo dei beni: la libertà per tutti sotto la tutela di giuste leggi, e per l’Italia quell’indipendenza, pur nell’auspicata comunità degli stati europei, che le consenta di conservare la sua vocazione di maestra di umanità fra i popoli: Per questo possiamo combattere e morire, uccidere e farci uccidere senza odio e senza violenza, ma solo per un indomito e santificato amore. Perché se l’odio distrugge, l’amore edifica….”

Una volta finita la guerra, Laura Bianchini proseguì il suo impegno politico partecipando ai gruppi di discussione e di elaborazione teorica che si erano formati intorno alla persona  di Giuseppe Dossetti,  e che tanta parte ebbero   nella nascita e  nella formulazione delle idee che sostanziò l’Assemblea Costituente. E fu proprio attorno a questo gruppo di cattolici impegnati come Dossetti, La Pira, Bianchini, Lazzati, Angela Gotelli, Fanfani e molti altri intellettuali di diversa estrazione  che  prese forma la famosa “ Comunità del Porcellino”, che si riuniva a Roma nella casa delle  sorelle Pia e Laura Portoghesi, presso le quali Laura Bianchini  alloggiava dal settembre 1945. Il curioso appellativo dato a questo cenacolo intellettuale, che diede un rilevante apporto all’elaborazione della nuova Costituzione, secondo   alcuni risale alla colorita espressione usata da Laura Bianchini quando perdeva la pazienza coi suoi compagni ‘gratificandoli’ dell’epiteto di “Porci”, che a volte diventava un affettuoso “Porcellini”.  Ma secondo Telemaco Portoghesi Tuzi, autore di “Quando si faceva la Costituzione” e nipote delle sorelle che ospitavano  il gruppetto di intellettuali, o ‘professorini’,  tale nome fu inaugurato anche in virtù del provvidenziale arrivo sulla magra mensa dei nostri commensali di un porcellino farcito portatovi da Vittorino Veronese, l’allora presidente delle ACLI. Fu in quel fortunato giorno, del 1947, che si dette avvio alla costituzione ufficiale della Comunità, dove Laura Bianchini brillava per intelligenza e indipendenza di giudizio, come ricorda Paolo Giuntella, un illustre suo ex allievo che talvolta veniva coinvolto negli accesi dibattiti  degli ospiti: <<Era piuttosto scorbutica e scostante, burbera, ma sprizzava vita e intelligenza, passione politica, civile e cristiana da ogni poro>>…..   <<Una cristiana integerrima>>,  ricorda ancora l’ex allievo: amava ripetere che <<un cristiano non può non essere anticlericale>> perché <<il libro più anticlericale della storia>>  non era certo il Candide di Voltaire ma piuttosto <<il Vangelo di Gesù Cristo>>.

Laura Bianchini fu membro dell’Assemblea Costituente, ove i suoi contributi si legarono soprattutto ai problemi della scuola e della donna.  Venne eletta alla Camera dei Deputati, nelle elezioni del 18 aprile 1948, nella corrente dei cristiano sociali di Giuseppe Dossetti della Democrazia Cristiana.
Dal 1953 al 1973 la Prof. Laura Bianchini tornò alla sua intima vocazione, l’insegnamento di storia e filosofia  presso il Liceo Virgilio di Roma, città in cui si spense il 27 settembre 1983.

Il Gruppo Promozione  Donna della città di Brescia ha voluto rendere omaggio a  questa limpida figura di donna, costituendo nel 1989  il premio “Città di Brescia/Laura Bianchini”. Nel 2009, ventennale dell’iniziativa, il premio fu assegnato proprio alla biografia curata da Elisabetta Selmi e Chiara Celiker: “Laura  Bianchini. Un’intellettuale cattolica tra fascismo, lotta partigiana e democrazia”, frutto della tesi di laurea incentrata sulla vita e le opere di questa straordinaria figura, discussa da un giovane ricercatore, Giorgio Moretti, precocemente scomparso.

Come hanno sottolineato le responsabili del Gruppo Promozione Donna, Tina Leonzi e Doralice Vivetti, “il libro è anche un po’ un risarcimento per questa donna esemplare, ma purtroppo poco conosciuta: ….”quella Laura Bianchini che fu membro della Costituente e parlamentare della Democrazia Cristiana ma soltanto per una legislatura, al termine della quale fu invitata a non ricandidarsi per lasciare il posto ad altri”.

 

BIBLIOGRAFIA:
AA.VV., Grande Enciclopedia della Politica. I protagonisti dell’Italia democratica. Le democristiane, 1947-1954, EBE, Roma 1999
C.Bianchi-iacono, Laura Bianchini,partigiana,membro della Consulta e della Costituente,dossettiana e professoressa, in www.camaldoli.org, 2012
A.Dal Brollo, Laura Bianchini: una vocazione alla verità e all’impegno, in “Coscienza”, Fatti,idee,dialogo, rivista mensile n.11-12, 1983
C. D’Inzillo, Breve storia del movimento femminile DC, Rizzoli, Milano 1967
R.Farina, Dizionario biografico delle donne lombarde, Baldini & Castoldi, Milano 1995
I giornali della Resistenza, in resistenza italiana.it
Istituto Storico della Resistenza Bresciana, La resistenza bresciana, n.11, T.E.A.M., S.Martino B.A. (Verona), 1980
R.Laterza,  Laura Bianchini, in Toponomastica femminile
M.T.Morelli, (a cura di) Le donne della Costituente, Laterza 2007
G.Moretti, Laura Bianchini,a cura di Elisabetta Selmi e Chiara Celiker, Fondazione Civiltà Bresciana, 2009
Movimento Femminile della D.C. di Milano, Donne Cristiane nella Resistenza, Tip.A.Molinari, Milano 1956
T.Portoghesi Tuzi e G.Tuzi, Quando si faceva la Costituzione, Il Saggiatore, Milano 2010
I Quaderni de “il ribelle”, a cura dell’Ass. Fiamme Verdi e dell’Istituto Storico della Resistenza Bresciana
M.T.Sega, Eravamo fatte di stoffa buona,nuova dimensione,Portogruaro 2008

 

Note

1 Su Laura Bianchini è stato pubblicato nel 2009 un testo che è la tesi di laurea di un giovane, Giorgio Moretti, morto purtroppo giovanissimo pochi mesi prima della discussione della sua laurea. La ricerca è stata riveduta dalla Prof. Elisabetta Selmi. Il testo è prezioso per la quantità di informazioni che raccoglie su questa luminosa figura di donna.

2 Maria Rosa Zamboni, Diritti e promozione della donna in un documento clandestino del 1944, in “La Resistenza bresciana”, aprile 1980, n.11, pp.59-80

3 V. La resistenza bresciana, Rassegna di studi e documenti, N.29, aprile 1998, pag.47

4 R.Laterza,  Laura Bianchini, in “Toponomastica femminile” http://toponomasticafemminile.it/laura-bianchini.html

 

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