FATTI E IDEE DELLA RESISTENZA: un approccio di genere
a cura di Roberta Cairoli


Anna Maria Imperioso


L’impegnativo lavoro di Roberta Cairoli rappresenta indubbiamente una novità:  pur nella necessità, senz’altro rispettata, di adempiere al suo ruolo manualistico, la curatrice di questa originale opera ben inserisce la tematica di genere, totalmente assente da tutta la manualistica italiana relativa al ventennio fascista e alla Resistenza.
Ben congegnato nel seguire, anche con strumenti adatti (cronologie generali, fonti, bibliografie) il generale percorso storico italiano tra guerra e dopoguerra, questo manuale riesce ad affrontare con intelligenza i temi della partecipazione femminile alla resistenza e quelli del generale ruolo della donna in quegli anni e in quelli immediatamente precedenti e successivi.

I numerosi saggi presenti nel volume raccontano episodi trascurati dalla  storiografia classica, offrendo una visione ampia di ciò che fu l’antifascismo italiano, in tutta la sua complessità. Si dà conto  di una resistenza civile femminile che si espresse in forme di dissenso sociale o di aiuto e tutela della vita di persone a rischio. Comportamenti che, pur nascendo nella sfera privata, assunsero una  valenza pubblica (cfr. introduzione di Anna Bravo al volume in oggetto).

In particolare, il saggio  di Roberta Fossati sulle donne antifasciste, in un’ottica di approfondimento dell’approccio laico e cattolico, si inserisce in questo filone di ricerca, valorizzando la partecipazione attiva e non violenta di molte donne,  protagoniste inermi di azioni coraggiose e di gesti di solidarietà resistenziale. La storica allude a una sfera del materno “intesa come una modalità di conoscenza e di intervento legato alla concretezza e non ai principi, un “pensiero pragmatico”, che sa bene chi sono i nemici, ma vede che anche i nemici sono persone (….)”
Significativo anche il saggio di Lidia Martin sulle partigiane combattenti e sul diverso ruolo di queste, le Poche feroci che non esitarono ad usare le armi, contrapposte al modello delle Anime belle, antifasciste  corrispondenti ad un modello di donna culturalmente più accettabile, allora come oggi: staffette, organizzatrici o donne con ruoli più defilati. La tematica del rapporto di genere (uomo/donna, partigiano/partigiana) viene qui affrontato con spregiudicatezza dall’autrice, che sceglie con intelligenza il tema dell’uso delle armi tra le partigiane per provare a tracciare una linea di confine tra il maschile e il femminile nel fenomeno – umano e politico – della Resistenza antifascista.

L’odioso fenomeno dello stupro di guerra è al centro dello studio di  Emma Schiavon  (Violenza subita e violenza agita dalle donne in guerra. Rappresentazioni e realtà).  La storica svela, addentrandosi con precisione negli specifici teatri di guerra, le strategie dei Paesi coinvolti nel conflitto per contraffare la rappresentazione pubblica degli stupri di massa, usati da sempre  per annichilire le popolazioni da sottomettere. L’uso strumentale che se ne fece durante la prima guerra mondiale per indurre i paesi neutrali a intervenire contro il “barbaro tedesco” e la cappa di silenzio di tutta la pubblicistica sulle migliaia di stupri di guerra commessi dagli Alleati durante la seconda guerra mondiale, furono indicativi della trasversalità, anche culturale, dell’accettazione passiva del fenomeno da parte di una certa opinione pubblica e di un’analisi storiografica “distratta” quando non silenziosamente complice.

Infine, la testimonianza struggente delle esperienze di donne nei lager nazisti nel saggio di Valentina Greco (Resistere è un verbo plurale. Forme di resistenza femminile nei Lager nazisti). Resistere, in quel drammatico scenario, significò  rallentare il ritmo lavorativo, danneggiare prodotti industriali e manufatti. Perfino la sopravvivenza, in quello scenario infernale, rappresentò un vero e proprio atto resistenziale. Resistere è anche “fissare su carta le proprie memorie”, anche a costo della vita, ricordando per “affermare la propria esistenza contro l’annullamento voluto dai nazisti”. Resistere, nei campi di concentramento, fu anche ricordare che esiste tanta bellezza nella vita, nel mondo, tenendo vivo l’amore per la musica, i libri, e la memoria delle case dove si sperava di poter ritornare.

 

Fatti e idee della resistenza: un approccio di genere
a cura di Roberta Cairoli
BIBLION edizioni, 2013

 

8-08-2013

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