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 In un mondo migliore       
 
 Christian ha dodici anni, non ride mai e non perdona. Ha visto sua mamma morire per un male incurabile e suo padre impotente di fronte alla tragedia. Rimasto orfano si trasferisce con il papà da Londra in Danimarca, a casa della nonna. Nella nuova scuola incontra Elias, coetaneo timido, deriso e pestato da bulli violenti che lo chiamano "Il topo" per via dei dentoni. Christian si fa paladino del compagno più debole, i due diventano amici e cominciano insieme un cammino verso il male, sotto gli occhi impotenti dei pur coscienziosi genitori. Il padre di Elias è un medico da campo che va e viene dall'Africa. Di carattere calmo e forte è capace di controllarsi e porgere l'altra guancia sia nel disarmare i violenti che per educare i figli. Cambierà atteggiamento quando dovrà curare uno squartatore di ragazze incinte? E quando l'adolescenza del figlio arriverà a una svolta "esplosiva" (i ragazzini costruiranno e faranno esplodere un bomba micidiale)? Se agli occidentali  piace  immaginarsi come un modello di  civilizzazione da esportare, come un mondo migliore a cui aspirare,  la regista Susanne Bier (“Non desiderare la donna d'altri”, “Dopo il matrimonio” e “Noi   due sconosciuti”) invece si prende la  briga di insinuare il dubbio, di chiedere conto delle contraddizioni che la nostra società produce e che la nostra natura contempla, azzardando l’accostamento tra un  conflitto tribale africano e un episodio di bullismo in Danimarca.   La storia ha una forza etica incisiva, benefica e a   tratti commovente. Il film è stato premiato al festival di Roma da giuria e pubblico 
 15-12-2010 
 
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