L'in-canto delle parole di Adriana Perrotta Rabissi
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La riflessione collettiva ha preso le mosse da due considerazioni: una di carattere antropologico, l’altra di natura culturale-sociale. La prima, abbastanza condivisa da molte/i studiose/i del rapporto tra lingua e pensiero, è che la lingua non è stata, come si è creduto fino al secolo scorso, il più raffinato strumento di comunicazione - messo a punto dagli umani, in un momento indeterminato della loro storia di specie - per comunicare “cose”: idee, concetti, immagini già presenti nella propria psiche, bensì che la facoltà del linguaggio verbale costituisce la caratteristica biologica della nostra specie di appartenenza (homo sapiens sapiens), nel senso che non è esistita mente veramente umana priva di linguaggio, perché la mente umana é una mente linguistica. La seconda è che oggi si rivela indispensabile porre attenzione alle rappresentazioni culturali e sociali sedimentate nella lingua e trasmesse dalle parole che usiamo e ascoltiamo, per evitare di “essere parlate/i” dalla lingua, piuttosto che parlarla, a causa del grande diluvio di parole che ci rovesciano addosso i mezzi di comunicazione di massa.
Il Corso ha preso l’aspetto di un
laboratorio, infatti la dispensa è costituita in gran parte dagli scritti
delle corsiste e dai testi, letterari e non solo, da queste segnalati; la
qualità delle scritture espresse è notevole, ma è soprattutto interessante
il tentativo, in gran parte riuscito, di mantenere la specificità
dell'esperienza vissuta insieme, rendendo in qualche modo il “movimento”
dei pensieri e delle riflessioni, l'immediatezza delle intuizioni e delle
associazioni mentali che si producevano negli incontri, gli “slittamenti”
emotivi, i “deragliamenti di senso”, in una comunicazione che, anche se
scritta, mantiene la “freschezza” del parlato.
Adriana Perrotta Rabissi, |