Donne al lavoro: gli infortuni

a cura di Annamaria Medri


Carol Rama

Alcuni dati Inail

· Gli infortuni: 230.000 è il numero delle donne che ogni anno restano vittime di incidenti sul posto di lavoro.
· Incidenti mortali: 120 tante, ogni anno, le donne che perdono la vita al lavoro. In pratica una ogni tre giorni.
· I licenziamenti : 40% questa è la percentuale delle donne che smette di lavorare dopo aver avuto un infortunio.

A partire da queste cifre ho cercato di mettere insieme alcune informazioni, dati e notizie sul fenomeno degli infortuni nel lavoro delle donne.

L'8 marzo, "festa" delle donne, è proprio nata per ricordare e rimediare la morte di operaie rinchiuse nel proprio luogo di lavoro, fuori dalla casa.

8 MARZO - INIZIATIVE SUL TEMA DELL'INFORTUNIO AL FEMMINILE 2003

Alle radici della festa dell'8 marzo, c'è un tragico incidente avvenuto all'inizio del XX secolo negli Stati Uniti, nel quale persero la vita diverse donne lavoratrici, e da allora si sono perpetuati eventi commemorativi in ogni parte del mondo.Il Gruppo di lavoro Donne dell'ANMIL, grazie al supporto di tutte le sedi provinciali, ha impreziosito la Festa della Donna di una valenza sociale specifica: lo scopo, di anno in anno, rimarrà quello di rievocare il dramma degli infortuni in rosa e di migliorare la normativa sul risarcimento degli infortuni alle donne.Il Gruppo di lavoro Donne dell'ANMIL, creato nel 2000 da 5 donne invalide, concentra la propria attività sulle problematiche femminili all'indomani della guarigione clinica: la riabilitazione ed il reinserimento di una donna infortunata nella società civile, infatti, comportano un più concreto ed oneroso impegno psicologico, rispetto alla condizione maschile.


Da una ricerca dell'Anmil (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) si legge tra l'altro

"I dati sui problemi legati all'integrazione sociale e lavorativa sono lo specchio di un fenomeno molto grave che denuncia comportamenti illegali oltre che immorali ancora molto diffusi. Basti pensare che la fascia di età inferiore ai 50 anni denota una forte spinta al licenziamento che oscilla tra un massimo del 40% nel Nord Ovest ed un minimo del 30% dell'area Sud e Isole.
E, dopo l'infortunio, in media circa il 60% delle donne oltre i 50 anni ha smesso di lavorare, mentre, nelle aree geografiche Centro e Nord Est in media circa il 40% delle intervistate fino a 50 anni ha cambiato azienda. Solo nel Nord Ovest arriva al 57% la percentuale di donne rimaste a lavorare nella stessa azienda in cui hanno avuto l'incidente.
Inoltre, le donne con età inferiore ai 50 anni intervistate nell'area Sud e Isole non hanno generalmente cambiato ruolo (80%), mentre nel resto d'Italia le appartenenti alla stessa fascia di età hanno cambiato ruolo almeno per il 50% dei casi e in particolare al Centro (66,66%) a probabile conferma della maggiore rigidità del mercato del lavoro al Sud."

"Gravi problemi sono emersi anche rispetto alla vita di coppia. La maggior parte dichiara di avere avuto un compagno al momento dell'infortunio; di queste, la gran parte conferma che la persona le è rimasta generalmente vicino; nella fascia di età più giovane l'area del Centro risponde con il 74,54% delle intervistate che il compagno le è rimasto "abbastanza" o "molto" vicino; nella fascia di età oltre i 50 anni è sempre il Centro che evidenzia la percentuale più alta nel dare risposta positiva (oltre il 78%).
Tuttavia emerge il dato significativo che una donna su cinque in media dichiara l'abbandono del compagno dopo l'infortunio.
E, nel periodo successivo, oltre il 60% in media delle donne intervistate della fascia di età inferiore ai 50 anni si è separata e il picco più alto è registrato con il 64,29% al Centro e al Nord Ovest."


Da il manifesto - 04 Marzo 2004 pag. 10

Lavoro, l'infortunio è donna
Aumentano gli incidenti al femminile. Una proposta di legge per le lavoratrici invalide
MARIANGELA SAPERE

In Italia ogni anno 230 mila donne sono vittime di incidenti sul lavoro: di questi, circa 120 sono mortali. In pratica, un giorno su tre una donna muore sul posto di lavoro. Il dato drammatico è che gli infortuni crescono più dell'occupazione: secondo quanto registra l'Istat, infatti, nel quinquennio 998-2003 la percentuale di donne occupate è aumentata del 13.4%, mentre gli incidenti delle lavoratrici sono aumentati del 21,9%. Il fatto che il numero degli infortuni sia più alto di quasi dieci punti percentuali rispetto al livello dell'occupazione suggerisce che le tipologie di lavoro che accolgono le forze femminili sono diventate più rischiose, più precarie, e meno protette. Inoltre, secondo un sondaggio dell'Anmil (associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) il 25-30% delle donne rimaste invalide per incidenti sul luogo di lavoro, con punte del 39,7% nel nord ovest, subisce "spinte" al licenziamento da parte del datore di lavoro. Il tema degli infortuni torna d'attualità grazie a una nuova proposta di legge "bipartisan" presentata ieri dalle parlamentari Carla Mazzuca (Udeur) e Dorina Bianchi (Udc), prime firmatarie di un testo che mira a tutelare le donne rimaste mutilate o invalide in seguito a incidenti sul lavoro. Il documento nasce dal lavoro di un gruppo di donne invalide, operanti all'interno dell'Amnil e prevede tra l'altro incentivi e sgravi per i datori che assumono donne infortunate, contratti di formazione e banche dati per agevolarne l'inserimento, permessi straordinari di 12 ore al mese per le cure psico-fisiche. Ma, e questo è il punto centrale della proposta, si mira ad istituire un servizio di sostegno psicologico.

Sono proprio le cause psicologiche, infatti, quelle che determinano in molti casi, l'allontanamento dal lavoro. Dai dati forniti dall'Anmil emerge che circa il 40% delle infortunate, in seguito all'incidente, approda al licenziamento, e spesso l'allontanamento è volontario, dovuto a condizioni di depressione o al malessere vissuto nell'ambiente di lavoro. La legge prevede che, su richiesta della donna, dovrà essere disponibile all'interno dell'azienda, un gruppo di sostegno formato da un medico/psicologo della Asl, un membro della struttura aziendale e un assistente sociale. Ma se questa proposta può essere una cura, per chi combatte con invalidità spesso drammatiche, non previene la formazione del problema.

La questione è sollevata da Paola Agnello Modica che si occupa di infortuni per la Cgil. L'obiettivo, per la sindacalista, deve essere l'estirpazione delle cause del male, e dando uno sguardo al quadro presente ne individua due: "L'attuazione della legge 30 e la legge delega 229/2003 per il riassetto normativo in materia di salute e sicurezza - spiega - Questi provvedimenti segnano una nuova fase di attacco ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, che porterà ad un peggioramento delle condizioni di lavoro". La legge delega 229, secondo Agnello Modica, riscrive le norme in materia di sicurezza sul lavoro: queste dovranno essere compatibili con le esigenze organizzative e gestionali dell'azienda. Per quanto riguarda la legge 30, questa avrà come conseguenza l'aumento della precarietà e di conseguenza una diminuzione della tutela e della sicurezza sul lavoro. I dati sugli infortuni dimostrano, infatti, che c'è uno stretto legame tra il numero degli incidenti e la tipologia del lavoro precario. Problema che riguarda in particolare le donne: il lavoro femminile è sempre più legato alla precarizzazione.

Dal sindacato arriva chiaro un messaggio, anche con l'approssimarsi della data simbolica dell'8 marzo: lottare per il riconoscimento dei diritti delle donne, collettivi e individuali, contro lo smantellamento dei diritti già acquisiti. Per la Cgil, ogni iniziativa che miri alla tutela delle donne sul lavoro è lodevole, ma non bisogna perdere di vista la radice del male: sarebbe come mettere un "cerottino su una piaga". E l'invito va proprio alle parlamentari già attive per la tutela delle donne: combattere per i diritti messi in pericolo dall'attuale maggioranza e porre un freno, nei fatti, al deterioramento delle condizioni sul posto di lavoro.