Alla ricerca di un'ingegnere con l'apostrofo

Valeria Fieramonte

 

 

 

Esiste un sapere  tecnico delle donne? Provano a rispondere all’ardua domanda le ingegnere dell’AIDIA ( Associazione Italiana Donne Ingegneri e Architetti) , in un interessante libro dal titolo: “Alla ricerca di un ingegnere con l’apostrofo”, edizioni tipografia del Genio Civile, presentato con il sostegno del CNI ( Consiglio Nazionale degli Ingegneri) anche in un’aula parlamentare a Roma nell’ottobre 2013.

Per farlo, le autrici  - ( il libro è stato materialmente scritto da Giovanna Gabetta ed ha in copertina un bel disegno dell’artista Enrico Baj , figlio di una delle ingegnere di cui si parla) – hanno raccolto e raccontato un piccolo numero di storie di donne laureate in ingegneria da un secolo a questa parte, e anche elaborato , sotto forma di grafici, le risposte a un questionario, per trarne possibili generalizzazioni.

Già dalla premessa, di Amelia Lentini: “ a tutte noi, che abbiamo dovuto accettare con un sorriso una cravatta come regalo di partecipazione alle conferenze internazionali, che abbiamo dovuto indossare l’elmetto sopra il chador…” si capisce che il mondo dell’ingegneria è ancora fortemente maschile, uno dei pochi rimasti,  e che il prestigio della categoria è ancora abbastanza elevato ( di solito le donne entrano in modo più stabile e in numero maggiore quando esso diminuisce, come si è visto dalle recenti vicende bancarie).

Le storie raccontate coprono quasi un intero secolo – dal 1908 al 1991 -  e parlano di donne nate tra il 1880 e il 1970, che sono poi state divise in quattro gruppi sulla base dell’anno d laurea.

Le pioniere,
-  la prima donna laureata in ingegneria è Emma Strada, a Torino, nel 1908, - hanno partecipato nel 1957, a Torino, alla fondazione dell’AIDIA. Erano più o meno contemporanee di Virginia Woolf, nata nel 1882. Provenivano tutte da famiglie benestanti e cinque su sei erano figlie di ingegneri. Gli iscritti all’università, dal 1908 al 1922 erano passati da 4000 a 11 mila, gli ingegneri erano il 4% del totale e le donne si contavano sulla punta delle dita. Mentre però in Inghilterra all’inizio del ‘900 il dibattito sul ruolo della donna era già vivace, qui da noi in Italia ecco cosa diceva Mussolini: “ la donna deve obbedire, la mia opinione è in opposizione a ogni femminismo. Naturalmente essa non deve essere schiava, ma se io le concedessi il diritto elettorale mi si deriderebbe. Nel nostro stato essa non deve contare.” ( Mussolini intervistato da Emil Ludwig nel 1932)

E’ in questa atmosfera che le prime ingegnere italiane si sono laureate e hanno lavorato, e immaginatevi come poteva essere comodo andare in un cantiere con vestiti lunghi fino ai piedi e cappellini avvolti in velette di mussola… Comunque, hanno attraversato un’epoca di grandissimi cambiamenti e ben due guerre mondiali. In Italia fu approvato il suffragio ‘universale’ nel 1911, ma riguardava solo gli uomini. Le donne dovranno attendere il 1946, ben 35 anni dopo. Ma il fatto che il suffragio sia stato chiamato lo stesso universale mostra in quanta poca considerazione fossero tenute: in pratica, nessuna.

Ecco come parla di Emma Strada, la prima laureata, un nipote in una lettera al Corriere Della Sera:” fu tenuta un’ora in trepida attesa della proclamazione da parte della commissione di laurea non perché i voti e la tesi non fossero ottimi, ma per il grave dubbio se laurearla ingegneressa o ingegnere: alla fine si optò per il secondo termine.”

E’ affascinante leggere delle vite di queste donne pioniere: si nota anche che le donne hanno avuto una vita un po’ più facile nel ’68 e dintorni, all’epoca dei grandi movimenti femminili e studenteschi: dal 1970 al 1980 la percentuale di donne laureate in ingegneria è passato dal solito risicato 1% al 5%: una percentuale ancora minuscola ma significativa. Tutte hanno trovato lavoro, specie nella pubblica amministrazione, e sono soddisfate della loro vita.

Ma dà da pensare, per esempio, il confronto tra Maria Artini, che è diventata dirigente alla Edison negli anni venti-trenta, e Gianna Cecchinato, a cui negli anni ’60 è stato detto chiaro e tondo alla Snam progetti che non avrebbe potuto diventarlo: entrambe lavorano per grandi aziende statali e la situazione sembra peggiorata nel tempo: un dato in controtendenza?

Nel leggere le elaborazioni statistiche mi ha molto colpito il fatto che nei tempi più recenti, anche con una laurea impegnativa come ingegneria, alcune donne abbiano rinunciato al lavoro e scelto di stare a casa a curare i figli ( nell’ultima generazione anche causa crisi).
Un’ altra curiosità è sul  numero dei figli: se si analizza l’andamento del numero dei figli per donna in Italia, che era eguale a circa 4,5 all’inizio del ‘900 per scendere gradualmente fino all’1,24% del 2000, si nota che le nostre ingegnere sono anche qui in controtendenza: finchè le donne facevano molti figli loro non ne avevano o ne avevano pochi, invece quando le italiane avevano raggiunto il tasso di natalità più basso della loro storia, le ingegnere hanno avuto un tasso di natalità più alto della media. Come mai?

Dopo gli anni ’80 si è visto che in Europa sono i paesi con occupazione più debole come l’Italia ad avere  il minor numero di figli, mentre il tasso di fecondità è più alto dove è maggiore l’occupazione femminile. Ma, per quanto riguarda le ingegnere, sembra che ancora oggi siano costrette a  scegliere tra lavoro e maternità e in questo molto poco è cambiato.

Molto interessante è anche il riassunto delle tappe significative  del cammino delle donne italiane nel ‘900:  1946, diritto di voto, 1965, Franca Viola è la prima ragazza in Sicilia a rifiutare le’ nozze riparatrici’ e a far condannare il suo rapitore, con l’appoggio del padre.  1968:  depenalizzazione dell’adulterio. Fino al ’68 l’adulterio è stato un reato, ma solo le donne erano punite con la prigione, come successe alla ‘Dama Bianca’ per il suo amore con Fausto Coppi. Nel 1975 è stata sancita la parità tra marito e moglie, mentre solo nel 1981, cioè tardissimo, è stato abrogato il delitto d’onore’! Infine nel 1996 la violenza sessuale è diventata reato contro la persona: prima lo era solo contro la morale.

Queste date non sono preistoria, sono molto recenti, anche se , o forse proprio per questo, non sembra che poi nella realtà sia cambiato molto…
Quanto al sapere tecnico delle donne, rimando alle conclusioni di questo libro davvero emozionante nei suoi amarcord mescolati a dati statistici difficilmente contestabili: non mi è parso però che si possa parlare, almeno per ora, di un vero e proprio ‘sapere tecnico’ delle donne, o almeno, non nel campo dell’ingegneria. Sembra piuttosto che  si stia sviluppando un metodo di approccio alla tecnica tendenzialmente diverso da quello maschile…
 

31-1-2014