Chiara Ingrao, Migrante per sempre

Angela Giannitrapani

 

E’ la storia di Lina, una bambina di un paesino siciliano che in tenera età viene privata della madre e del padre che negli anni Cinquanta emigrano in Germania. Insieme alle sorelle e a due fratellini, viene affidata alla nonna che diventerà il loro riferimento genitoriale. Soffrirà atrocemente dell’assenza materna e ancor di più della severità e della intransigenza di lei nell’unico mese di convivenza durante le sue ferie.
Appena adolescente, toccherà anche a lei emigrare, richiamata dai genitori in Germania. Saranno anni duri, il lavoro ripetitivo e alienante, così lontano dalla sua indole. Ma l’inclinazione ad avvicinarsi a ciò che più risponde a sé stessa la muove al cambiamento, spostandola da un lavoro all’altro, da un luogo all’altro e quindi dalla Germania alla Sicilia, dalla Sicilia alla Germania di nuovo e poi a Roma e poi chissà… potrebbe anche essere il Guatemala, al seguito di un prete operaio oppure tornare al suo ultimo lavoro impegnandosi nel sindacato in tutta responsabilità ma soprattutto lavorare con il cuore. Perchè nelle sue ultime tappe Lina finalmente sceglie una migrazione volontaria.

La storia di Lina è anche quella di donne forti. Vincenza, la madre, che lei sente poco affettuosa, è una donna severa, incorruttibile ma aiuta i compaesani a varcare i confini con la Germania, aspettandoli di notte nel cimitero del paese in cui vive. Crede fermamente nel lavoro come strumento di dignità e autonomia.
Ma è da lei che la figlia assorbe l’indipendenza di pensiero e la ricerca di attività più consone a sé. La nonna, bracciante e raccoglitrice di pistacchi, diventa madre e padre per Lina, per le sorelle e i fratelli. Anche lei lavoratrice forte, convinta comunista e dalle radicate idee di riscatto sociale. Fronteggia e sovrasta il marito, guidando tutta la famiglia e tenendola unita non solo nel suo affetto ma anche nel coraggio e nella libertà di parola. Si abbassa solo per raccogliere tra i rami inferiori degli alberi i pistacchi e si imbratta le mani solo della resina delle foglie che gliele rendono scure e appiccicose.
Lei che sa riconoscere e rispettare con gratitudine l’albera madre, la sola generatrice dei preziosi frutti:

Nella pistacchiera l’unico che si può toccare è l’albero maschio, diceva la nanna. Un albero secco con il naso all’insù, che non fa resina e non fa frutti: fa solo semi, che volano a portare figli[…] dritto in piedi in mezzo alle femmine grasse di frutti e piegate dal peso. Gli unici alberi che ti piangono addosso, diceva la nanna, quando gli strappi i figli. Perché non sono alberi: sono albere. […] Si sentì invadere da una strana felicità, dolcissima e ignota. Non c’era mai stata, tutta sola sotto il silenzio di un’albera”

Anche chi resta sembra far parte integrante di questa migrazione femminile perché ne patisce la lontananza, assumendone i ruoli inediti, colmando relazioni famigliari sfalsate: i nonni diventano genitori, sorelle e fratelli adattano distanze e vicinanze nello sforzo di appartenenze e il paese, pur imprigionato nei pregiudizi, offre madrine e padri sociali.

Un libro che non lascia respiro, senza una sola pagina superflua e dal ritmo avvincente. Rappresenta una migrazione circolare che fa girare una bambina e la accompagna a chiudere il cerchio del tempo e degli spazi fino all’età adulta. La sua pur tenace vitalità, tuttavia, non basta a toglierle dall’anima quella identità di migrante che lo sradicamento continuo disegna e che sembra eternare precarietà.
Deve misurarsi anche con la nuova immigrazione italiana, entrando in relazione di amicizia con una colf peruviana, Rosa. Un legame di affinità e di conflitti, che la obbliga a guardarla e a guardarsi con spietata sincerità, come quando Rosa le dirà:

“…io sono stufa marcia, amica mia di dire a me stessa che un giorno il carciofo sboccerà in un bel fiore, senza più spine nel centro. E ancor di più di raccontarmi la favola che quel fiore prima o poi metterà radici e si farà albero, a Roma, a Milano o chissà dove. […] Voglio accettarmi per quella che sono, voglio esserne fiera. […] sono straniera e sono libera, sono figlia del mondo. Sono una migrante, Lina; e lo sei anche tu, che ti piaccia o no. Chi è stata migrante resta migrante per sempre”

E Lina troverà proprio nella continua propulsione al cambiamento nuovi progetti, sempre più vicini ai richiami del suo animo e coerenti con un cammino sempre consapevole.

 

Chiara Ingrao, “Migrante per sempre”

Baldini + Castoldi, 2019, pag 416, € 20

 

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