Il secolo del gene
Intervista ad Evelyn Fox Keller a cura della redazione


Nell' Aprile 2000 Evelyn Fox Keller, scienziata e filosofa, è stata ospite della “Fondazione Rockefeller” di Bellagio (Como), per completare la stesura del suo prossimo libro.

L'abbiamo incontrata e ha risposto brevemente ad alcune domande sulle critiche al suo ultimo libro “The Century Of The Gene”, edito da Harward University Press, formulate dallo scienziato John M. Smith e pubblicate in Italia con grande rilievo sulla “Rivista dei libri”e sul quotidiano “Il Sole 24 Ore”.

 

In riferimento al tuo ultimo libro "The century of the Gene", ci è giunta eco di alcune critiche, ad esempio da parte di J. M. Smith, biologo riduzionista , alle obiezioni che hai sollevato nei confronti del determinismo genetico. Puoi riassumere per noi alcuni punti di questo dibattito?

Sono giunta alla conclusione che John Maynard Smith ha collocato il disaccordo tra noi sul piano della strategia, più specificamente come un disaccordo sul valore delle strategie riduzioniste e oliste nella biologia contemporanea. Davvero penso che ci sia qualcosa di travisato per due aspetti. Da un lato, il significato di riduzionista qui è del tutto specifico, si riferisce al riduzionismo genetico e, analogamente, l'olismo si riferisce semplicemente alle complesse interazioni tra le molte componenti del sistema. Ma anche messe così le cose, io ho dimostrato che il riduzionismo genetico è stato una strategia di immensa utilità per la ricerca scientifica, e spesso lo è ancora. E tuttavia la mia argomentazione sostiene che è stato talmente produttivo che ora probabilmente ha raggiunto i limiti della sua efficacia. Ancor più specificamente, la mia tesi è che questo discorso sui geni abbia raggiunto il limite della sua produttività/efficacia; cosa che non solo genera confusione (specialmente tra i lettori non specialisti), ma che ha anche iniziato a limitare l'immaginazione dei ricercatori biologi.

In Italia si sta svolgendo un acceso dibattito sul possibile utilizzo delle cellule staminali, che si suppone possano avere applicazioni terapeutiche nella cura di malattie o di degenerazioni senili. Le posizioni divergenti di liberali e cattolici stanno portando a un compromesso insoddisfacente. Qual è la tua opinione sulla clonazione a fini terapeutici?

Credo che la ricerca sulle cellule staminali per scopi terapeutici sia estremamente positiva e non ho nessuna obiezione morale al riguardo. Ma ciò è del tutto differente da quello che si suole chiamare clonazione - cioè il condurre a maturazione completa un uovo in cui sia stato trapiantato un nucleo. Ricerche di questo tipo sarebbero atroci se condotte sugli esseri umani, anche solo per gli enormi rischi che comportano. C'è un bell'articolo di R. Jaenisch in un recente numero di Science che a mio parere riassume egregiamente la questione.

Le ricerche di Barbara Mc Clintock sono divenute al giorno d'oggi fondamentali nel campo dell'ingegneria genetica. Ma la nuova tecnoscienza sembra assolutamente lontana dalla sua visione scientifica, dalla sua sintonia con l'organismo. Che cosa ne pensi?

Sì, questo era già chiaro quando Mc Clintock vinse il Premio Nobel. E naturalmente ciò è molto preoccupante. Ma è vero in ogni impresa che noi non possiamo controllare gli usi che verranno fatti del nostro lavoro. Questo è ovviamente vero anche per i libri, come ho appreso io stessa.

Questa vicenda può essere considerata emblematica del difficile rapporto tra donne e scienza, o dello scarso controllo che le ricercatrici hanno sui risultati del loro lavoro - come suggeriscono le biografie di altre scienziate come Rosalind Franklin. O questo è un problema per tutti i ricercatori?

Come ho detto prima, credo che si tratti di un problema per tutti i ricercatori. Anzi per tutti i lavoratori in ogni campo.

Oggi la scienza influisce sulle nostre vite come non è mai accaduto prima. L'informazione dei mass-media e gli interventi dei politici sono spesso sentiti dalla gente comune come generatori di ulteriore confusione e contraddittori. Sembra che la ricerca sia “impazzita” e non siamo più capaci di opporre un punto di vista razionale. A tuo parere, a chi compete la responsabilità e il compito di spiegare con chiarezza le opportunità e le scelte, e attraverso quali strumenti lo si può fare?

Sì, sono d'accordo - e questo è uno dei motivi principali per cui ho scritto "The century of the Gene". Non conosco un'altra via per tentare di spiegare, che essere “ragionevole”. Ma concordo sul fatto che la razionalità non sembra vincente in molte situazioni, oggi.

Per molti anni hai offerto ai tuoi lettori la preziosa mediazione della tua conoscenza specialistica, scrivendo opere in cui hai esposto con chiarezza ma senza banalizzare i complessi aspetti della genetica. Pensi che il fatto di saper comunicare la scienza in modo chiaro e accessibile possa essere considerata un'abilità specificamente femminile?

No, non penso. È quello che ho sempre cercato di fare, ma non credo che questo abbia a che fare con il fatto di essere una donna, e probabilmente nemmeno con quel tipo di esperienze che sono caratteristiche delle donne (come allevare bambini). Probabilmente ha a che vedere piuttosto con le specificità della mia biografia, ma non saprei in che modo ciò possa avere una relazione particolare con il fatto di essere donna.


Riportiamo qui di seguito il testo originale dell'intervista



1.WITH REFERENCE TO YOUR LAST BOOK, THE CENTURY OF THE GENE, WE HAVE HAD THE ECHOES OF SOME CRITICS, FOR EXAMPLE BY J.M.SMITH, A REDUCTIONIST BIOLOGIST,TO YOUR OBJECTIONS TO THE GENETIC DETERMINISM. CAN YOU SUMMARIZE FOR US SOME POINTS OF THE PRESENT DEBATE?

I realize that John Maynard Smith posed the disagreement between us as one of strategy, more specifically as a disagreement over the value of reductionist and wholist strategies in conetemporary biology. I actually think this is somewhat misleading, in a couple of ways. First, the meaning of reductionist here is quite specific, it refers to genetic reductionism, and correspondingly, wholism simply refers to the complex interactions of the many components of the system. But even so, I have argued that genetic reductionism has been an immensely useful strategy for scientific research, and even that it often still is. My argument however is that it has been so productive that it may now have reached the limits of its productivity. But more specifically, my argument is that talk of genes has reached the limits of its productivity -- that it not only generates confusion (especially among lay readers), but also that it has begun to limit the imagination of working biologists.

2.IN ITALY WE ARE HAVING A HOT DISCUSSION ABOUT THE POSSIBLE USES OF STAMINAL CELLULES, WHICH ARE SUPPOSED OF THERAPEUTIC APPLICATIONS TO REPAIR THE DAMAGES OF AGE OR DISEASE. THE DIFFERENT ASSUMPTIONS BY CATHOLICS AND LIBERALS ARE BRINGING TO AN UNSATISFACTORY COMPROMISE. WHICH IS YOUR OPINION ON CLONATION WITH THERAPEUTIC AIMS?

I believe that research on stem cells for therapeutic aims is extremely valuable, and I have no moral difficulty with it. But this is very different from what is usually called cloning -- i.e., bringing an egg with a transplanted nucleus to full term. This kind of research would be outrageous to conduct on humans if only because of the enormous risks involved -- there is a good article by R. Jaenisch in a recent issue of Science that I think sums up the arguments pretty well.

3.BARBARA MC CLINTOCK'S RESEARCHES HAVE BECOME NOWADAYS FUNDAMENTAL IN THE FIELD OF GENETIC ENGEENERING. BUT THE NEW TECHNOSCIENCE SEEMS EXCEEDINGLY FAR FROM HER SCIENTIFIC VISION, FROM HER FEELING FOR THE ORGANISM. WHAT DO YOU THINK ABOUT IT?

Yes, that was already clear when she got the Nobel Prize. And of course it is very troubling. But it is true in every endeavor that we cannot control the uses to which our work will be put -- this is obviously true of books as well, as I have learned.

4.THIS VICISSITUDE CAN BE CONSIDERED AS EMBLEMATIC OF THE DIFFICULT RELATIONSHIP BETWEEN WOMEN & SCIENCE, OF THE SCARCE CONTROL BY WOMEN RESEARCHERS ON THE RESULTS OF THEIR WORK - AS THE BIOGRAPHIES OF OTHER WOMEN SCIENTISTS AS ROSALIND FRANKLIN SUGGEST-.OR IS IT A PROBLEM SHARED BY ALL THE RESEARCHERS?

As I said above, I believe it is a problem for all researchers -- indeed, for all workers in any field.

5.TODAY SCIENCE IS ABLE TO AFFECT OUR LIVES AS NEVER BEFORE.
MEDIA INFORMATION AND POLITICAL INTERVENTIONS ARE OFTEN SEEN BY COMMON PEOPLE AS CONFUSING AND CONTRADDICTORY. RESEARCH SEEMS "GOT MAD" AND WE ARE NO MORE ABLE TO OPPOSE A RATIONAL POINT OF VIEW. IN YOUR OPINION, WHOSE IS THE RESPONSABILITY AND TASK OF EXPLAINING CLEARLY OPPORTUNITIES AND CHOICES AND THROUGH WHAT INSTRUMENTS?

Yes, I agree -- and it is one of the main reasons I wrote "Century of the Gene". I don't know any other way than to keep trying to explain, to be reasonable. But I agree that reason doesn't seem to be carrying the day in many situations today.

6.FOR MANY YEARS YOU HAVE BEEN OFFERING THE READERS THE PRECIOUS MEDIATION OF YOUR SPECIALISTIC KNOWLEDGE, WRITING BOOKS WHICH EXPOSE PLAINLY BUT WITHOUT TRIVIALIZATION THE COMPLEX ASPECTS OF GENETICS. DO YOU THINK THAT BEING ABLE TO COMMUNICATE SCIENCE PLAINLY MAY BE CONSIDERED A SPECIFIC WOMEN'S ABILITY?

No, I don't. Its something I have always tried to do, but I do not believe it has anything to do with being a woman, and probably not even to do with the kinds of experience that have been largely that of women (e.g., raising children). Probably it has to do with peculiarities of my own biography, but I can't see how these have any particular relation to being a woman.