Storia di Ipazia

di Sara Sesti

 

 

 

E' finalmente uscito nelle sale italiane dopo dubbi, opposizioni e ostruzionismi l'atteso Agora, ultimo film del regista cileno Alejandro Amenabar (The Others, Mare Dentro) che ha diviso pubblico e critica all’ultimo Festival di Cannes per il suo contenuto “anticlericale”.

C’è voluta una mobilitazione del popolo di Internet con diecimila firme sotto una petizione per ottenere che un film dedicato alla vita di Ipazia, la più celebre matematica e filosofa dell’antichità, venisse proiettato anche nel nostro paese.

Perché mai una scienziata vissuta nel quarto secolo dopo Cristo fa paura ancora oggi? Le ragioni sono tante: Ipazia era donna e intellettuale, intelligente, colta,  libera pensatrice e di religione pagana. Ma soprattutto morì lapidata dai fondamentalisti cristiani quando il cristianesimo fu proclamato religione di stato ad Alessandria d’Egitto, capitale delle scienze dell’Impero Romano.

La storia di Ipazia iniziò nel 370 proprio ad Alessandria. Fin da piccola  ricevette un’istruzione di prim’ordine dal padre Teone, matematico e astronomo, direttore del “Museion”, la più famosa Accademia dell’antichità. Approfondì poi i suoi studi presso la Scuola neoplatonica, ad Atene e in Italia.

All’età di 31 anni assunse la direzione della Scuola neoplatonica di Alessandria. Insegnante di matematica e di filosofia, divenne un’autorità e un indiscusso punto di riferimento culturale nello scenario dell’epoca. Ammirata per la sua bellezza e la sua saggezza, scelse di non sposarsi perché si riteneva già “sposata alla verità”.

 


 

 

Ipazia è passata alla storia della scienza per i commenti ai classici greci scritti con il padre. Le sue opere originali sono andate perdute, ma alcune copie sono state ritrovate nel Quattrocento nella Biblioteca Vaticana. Le notizie di prima mano su di lei provengono dalle lettere di Sinesio di Cirene, l’allievo prediletto. Testi tramandati in quanto Sinesio si convertì al cristianesimo e divenne vescovo.

La sua opera più significativa è un commento in tredici volumi all’Aritmetica di Diofanto, il “padre dell’algebra”. Scrisse anche un commento in otto volumi a Le coniche di Apollonio di Pergamo, un’analisi matematica delle sezioni del cono, figure dimenticate fino al Settecento quando vennero usate per illustrare le orbite ellittiche dei pianeti. In quest’opera Ipazia inserì il Corpus astronomico, una raccolta da lei compilata di tavole astronomiche sui moti dei corpi celesti.

Ipazia fu autrice con il padre di un commento all’Almagesto di Tolomeo, una mastodontica opera in tredici libri che raccoglieva tutte le conoscenze astronomiche e matematiche dell’epoca, e di un’edizione riveduta e corretta degli Elementi di Euclide.

Secondo Sinesio, la studiosa mise in discussione la cosmologia tolemaica che poneva la Terra al centro dell’universo, intuì la relatività dei moti poi descritta da Galileo e l’ellitticità delle orbite dei pianeti annunciata nel 1609 da Keplero.

 



Ipazia si occupò anche di meccanica e di tecnologia applicata. Le vengono attribuite due invenzioni: un areometro, usato per determinare il peso specifico dei  liquidi e un astrolabio, utilizzato per calcolare il tempo e per definire la posizione del Sole, delle stelle e dei pianeti.

Nonostante vivesse in un’epoca influenzata dalla misoginia aristotelica, in cui le donne venivano considerate esseri inferiori, ad Alessandria poteva essere in qualche modo sopravvissuta la tradizione egizia di valore femminile (il culto di Iside, la rilevanza delle regine): di fatto Ipazia divenne così celebre per il suo acume filosofico e per la sua capacità di divulgazione, che molti affrontavano lunghi viaggi per ascoltare le sue lezioni. Fu anche la prima matematica della storia anzi, fu la sola per più di un millennio: per trovarne altre bisognerà attendere il Settecento.

La sua vita si concluse nel 412 con una tragica morte. Il contesto storico in cui  ebbe luogo il suo assassinio è il periodo in cui il cristianesimo effettuò una sorta di mutazione genetica con l’editto di Costantino del 313, diventando poi religione di stato con l’editto di Teodosio del 391, e iniziando a sua volta a perseguitare nel 392, quando furono distrutti i templi greci, bruciati i libri “pagani” e distrutta la Biblioteca di Alessandria

Gli avvenimenti precipitarono a partire dal 412, quando divenne Patriarca il fondamentalista Cirillo. In soli tre anni, servendosi di un braccio armato costituito da monaci combattenti, i Parabolani, il vescovo sparse il terrore nella città. Vittime furono i rappresentanti della scienza ellenistica, che proponevano un razionalismo e una tolleranza inconciliabili con la religione emergente. Sfruttando abilmente i conflitti sociali tra le diverse etnie esistenti in città, dopo la cacciata degli ebrei, iniziò l’epurazione degli “eretici” neoplatonici.

Fu così che Ipazia, pagana, ma convinta sostenitrice della distinzione tra religione e conoscenza, donna che rappresentava una provocazione per la sua condotta di vita indipendente, per l’impegno civile e per la sua influenza politica, cadde vittima di tale persecuzione. Durante un agguato, tesole da un gruppo di fanatici cristiani, fu massacrata. Aggredita per strada fu scarnificata con conchiglie affilate, smembrata e bruciata.

Oreste, governatore di Alessandria, denunciò il fatto a Roma, ma Cirillo dichiarò che Ipazia era sana e salva ad Atene. Dopo un’inchiesta, il caso venne archiviato "per mancanza di testimoni". 

 

 

In seguito la sua figura venne sussunta proprio nell’agiografia cristiana, trasformata in Santa Caterina, che ha gli stessi caratteri: una studiosa di Alessandria, martire.

La fama di Ipazia ha attraversato i secoli ed è stata rilanciata durante il Rinascimento. Il pittore Raffaello Sanzio la raffigura tra i più famosi scienziati e filosofi nell’affresco della “Scuola di Atene” (1509-1511) nei Palazzi Vaticani. Nell’affollamento del dipinto, è l’unico personaggio che guardi verso lo spettatore, quasi un atto di sfida.


La studiosa è diventata anche il simbolo di molte cose: ad esempio del contrasto fra gli Elementi di Euclide e la Bibbia, opere definite da Piergiorgio Odifreddi le due summae del pensiero matematico greco e della mitologia ebraico- cristiana”. Oppure della possibilità provata che anche le donne sappiano pensare, ed eccellere addirittura nelle scienze matematiche.

A Ipazia è intitolato il sito dell’Unesco nel quale vengono aggiornate tutte le iniziative a favore del sostegno della presenza delle donne nella scienza. Il Planetario di Torino ha scelto lei come rappresentante dell’astronomia antica e una miriade di associazioni e comunità femminili ne hanno assunto il nome.

Attendiamo con ansia di scoprire quale lettura ce ne propone ora Alejandro Amenabar col il suo Agorà.

La biografia di Ipazia è tratta dal testo:
Sara Sesti, Liliana Moro,
Scienziate nel tempo.
Edizioni LUD, Milano 2010
Ultima edizione aggiornata, Ledizioni 2020