Donne all'università
di Liliana Moro



Sulla base di dettagliate elaborazioni statistiche le autrici del volume "Donne all'università" edito da Il Mulino e curato da Aurea Micali, analizzano la situazione degli atenei italiani nell'ottica delle differenze di genere che segnano i diversi destini di giovani donne e uomini nel delicato momento in cui impostano la loro carriera scolastica e lavorativa.
Cifre che parlano chiaro e disegnano un quadro aggiornato della presenza femminile nelle università, analizzata sotto il duplice profilo dei percorsi formativi e del successo professionale. Viene così precisato, allargato e confermato quanto già messo in luce dall'inchiesta curata da Rossella Palomba "Figlie di Minerva. Primo rapporto sulle carriere femminili negli enti pubblici di ricerca italiani" che si riferiva in particolare all'ambito scientifico, mentre questo agile volumetto si occupa di tutti i settori disciplinari.
La massiccia presenza di studentesse in tutti i livelli del sistema scolastico è ormai un dato acquisito, dal 1998 si registra il sorpasso: si laureano più donne che uomini.
Proprio l'affluenza femminile ha consentito all'università italiana di avvicinarsi agli standard degli altri paesi, dove peraltro dagli anni Settanta si è registrata un'analoga tendenza alla femminilizzazione degli studi. Negli atenei le ragazze sembrano muoversi con agio, poiché si laureano prima, ottengono votazioni migliori, cambiano meno facoltà dei loro coetanei. Forse anche perché decidono in base ai loro interessi più che alle prospettive di lavoro.
E infatti a studi conclusi l'inserimento nell'attività lavorativa è tutt'altro che facile. I tempi d'attesa sono più lunghi e le retribuzioni in media più basse di quelle dei giovani che erano stati meno brillanti in ambito formativo. Il fatto di essere più brave non facilita la carriera.
Tuttavia il quadro cambia radicalmente se si considerano quelle -ancora poche- ragazze che hanno scelto studi tradizionalmente maschili, come ingegneria ad esempio: raggiungono posizioni soddisfacenti in percentuali più significative delle giovani che in massa hanno scelto studi a prevalenza femminile.
Il che sembrerebbe suggerire che lo scacco professionale sia la conseguenza di un minor investimento o di una diversa gerarchia operata dai due sessi nello stabilire le priorità d'impegno e di valore. Tuttavia altri dati smentiscono questa interpretazione.
Analisi articolate indicano l'importanza che un lungo percorso di studi riveste per molte giovani delle regioni meridionali che puntano su un elevato livello di cultura come arma contro la massiccia disoccupazione. In questo caso la scelta sarebbe oculata e mirata al successo professionale nella pubblica amministrazione.
Sul versante delle docenti universitarie, d'altra parte, le difficoltà nell'avanzamento di carriera, evidenti in tutti gli ambiti disciplinari, non sembrano derivare da minor coinvolgimento. Anche qui i dati proposti ci parlano di un maggior impegno delle docenti a tutti i livelli nell'attività didattica vera e propria, mentre i docenti sono molto più impegnati nell'amministrazione, nella gestione e nelle attività di consulenza.
Il volume contribuisce a colmare un vuoto di indagine sulla scolarizzazione femminile e sugli sbocchi professionali riservati alle donne, offrendo consistenti elementi statistici e quantitativi che permettono di osservare in dettaglio le situazioni di settori disciplinari e ambiti territoriali diversi e di avanzare ipotesi interpretative non precostituite, su un panorama che è complesso e in rapido divenire.

ISTAT
Donne all'università
Il Mulino, 2001
pag. 128, euro 9.30