Il 14 gennaio le donne ritornano al futuro
di Claudio Jampaglia

 

Difficile dire quante,  ma di sicuro saranno tante sabato pomeriggio a Milano, dalla stazione Centrale a piazza del Duomo, “per la libertà femminile, origine di tutte le libertà e misura della democrazia e per la difesa della legge 194 e della laicità dello Stato, contro l'intimidazione e la colpevolizzazione delle donne”. Senza troppi amarcord, con in testa il messaggio in bottiglia lanciato alla fine di novembre da Assunta Sarlo e fatto proprio da migliaia di donne in poco più di un mese: “Usciamo dal silenzio! ”.

È venuto il tempo di guardarsi in faccia e riconoscersi compagne di pensieri comuni, per riprendere il filo di quel ragionare su di sé e vincere l’estraneità di tanta politica. Un tempo da prendersi o riprendersi per sé, tra lavoro e spesa, lezioni e affanni quotidiani. Dalle 1500 il 29 novembre alla Camera del lavoro di Milano e in centinaia in decine di città, si sono mosse le donne (e basta, senza aggettivi), via internet e con un tam-tam nei luoghi della vita, dello scambio, dell’aggregazione che promette una partecipazione da movimento.

Sessanta pullman da 36 città, treni da Bologna, Roma, Genova, voli da Bari e dalla Sicilia, il bollettino dell’organizzazione è in costante aggiornamento (grazie al lavoro e alla determinazione di Susanna Camusso e Cristina Pecchioli della Cgil Lombardia): L’invito ora è a “mandare 10 sms e mail alle amiche, amici e conoscenti”, “a mettere il volantino nelle caselle della posta del palazzo”, “ad appenderlo al bar, dal fornaio” (persino al super), “a coinvolgere figlie e loro amiche”.

Ci sono ancora venti incontri sparsi sul territorio nazionale per informarsi e pochi posti su pullman e treni (elenchi e info su www. usciamodalsilenzio.org). Sul palco saranno tutte accolte da Ottavia Piccolo, con Cristina Gramellini di Arci-Lesbica a testimoniare l’unione con la manifestazione “Tutti in Pacs” in svolgimento contemporaneo a Roma (con uno collegamento in diretta tra i due palchi offerto da RadioPopolare), Karina Scorzelli Vergara mediatrice culturale cilena a raccontare le donne migranti, Fiorella Mattio lavoratrice atipica spiegare perché la “precarietà è il contraccettivo del futuro”.

E poi ancora le letture di Anna Boniauto, Maddalena Crippa, Debora Villa, Carmen Covito e l’assolo maschile di Paolo Hendel.

 Scelte chiare, diritti civili e libera scelta per tutti e tutte. Sembra proprio una ripartenza, perché se è vero che le donne sono uscite dal silenzio solo nelle emergenze, come spiega Lea Meandri, “questa volta la stura ce l’ha data qualcosa di più dell’attacco alla legge 194, un’indignazione e una rabbia più generale perché sono sempre altri a parlare e decidere per noi. Medici, politici, scienziati, filosofi, preti ci dicono come essere, quando e se fare i figli o l’amore. Non si tratta solo dell’abitudine a spiare le donne fin dentro all’utero o dell’eterna colpevolizzazione per i figli che non si hanno, quelli che si fanno (magari femmine), per il piacere per se stesse o ancora del diritto di scelta sull’aborto, si tratta della negazione della progettualità delle donne come tali. E allora si riprende la parola, in maniera plateale e rumorosa, in piazza, nella polis, nel pubblico contrapposto al privato, come negli anni ’70. È rinata una forza collettiva”.

Aderisce tutta la sinistra dall’Arci alla Fiom, le donne Ds e del Pdci, le Giovani comuniste e il Forum donne di Rifondazione (che con Giovanna Capelli rivendica i risultati all’interno del Prc sui temi della sessualità come della procreazione assistita) e ci saranno di sicuro anche radicali, verdi, riformisti e tutti quelli che credono nella laicità e che la questione di genere in politica non sia solo un problema di servizi alla famiglia. Finora, in prima fila, in questo movimento milanese sono state le sindacaliste, le giuriste di Medicina democratica, le operatrici dei consultori, le giornaliste.

Un mondo di professionalità stufe del recinto della loro competenza per poi ritrovarsi a vivere in una società che arretra e giudica le libertà di ciascuna, mentre manifesti, pubblicità e starsystem grondano merce a forma di culi e tette. Vista la partecipazione ai primi incontri, l’incognita potrebbe essere rappresentata dalle più giovani, figlie e sorelle, anche se alcuni dati positivi non mancano, assemblee nelle università sulla 194 affollate come non sembrava più possibile (racconta la ricercatrice Eleonora Cirant), incontri nei licei in autogestione che sfociano in confronti sulla sessualità e i rapporti di genere. Linguaggi diretti e poco codificati, scarso apporto di ideologia e molta voglia di andare al sodo, segnali di un voglia di ripartire, senza rivangare troppo i bei tempi delle lotte che furono.

Perché qui da lottare ce n’è molto, non solo per resistere agli attacchi alla 194 o affermare i diritti delle coppie e famiglie di fatto (omo, etero o come ciascuno crede), ma perché sembra davvero di camminare in mondi separati: la vita da una parte, politica e morale dall’altra.  

questo articolo è apparso su Liberazione del 11 gennaio 2006