La bestia nel cuore
di Sonia Scarpante


In un sabato piovoso con alcune amiche abbiamo deciso di regalarci un pomeriggio al cinema e siamo andate a vedere: “La bestia nel cuore” di Cristina Comencini. Siamo rimaste colpite dalla bellezza e dalla freschezza di tale film. La trama mostra uno spaccato della nostra società e dei problemi che possono ruotare intorno alla famiglia. Famiglia resa oggi, forse, ancor più convenzionale rispetto al passato, per il messaggio che da essa ne scaturisce.

Si coglie nella tessitura del film il bisogno di esternare i difetti, le problematiche della famiglia di cui noi facciamo parte. Si coglie la necessità di non risparmiarsi in un percorso di cura, mettendo in luce le incongruenze e le sofferenze che i rapporti umani e che la stessa famiglia, intesa come atto di convivenza, comunica quotidianamente.

La violenza dal padre subita, taciuta e mal vissuta dai due figli, si ripercuote attraverso tutta la trama nel percorso dell’oggi intervallato dalla memoria del passato, facendoci capire come i destini di quelle anime siano segnati, se non c’è, da parte di chi ha subito violenza, un atto di cura del dolore e di rinascita interiore.

La figlia, magistralmente interpretata dalla Mezzogiorno, prima di diventare madre, decide di ripercorrere la sua infanzia attraverso i ricordi offuscati dal dolore taciuto, per superare un malessere ed una fragilità oramai incontenibili. E cerca nel fratello, stabilito in America, attraverso quel passato comune, un aiuto per redimersi.

E questo ci spiega, come sia importante per noi rientrare in quel vissuto dell’infanzia reso frammentario dal dolore taciuto, per riprendere un percorso che ha bisogno di rimarginare le sue ferite, per riparare un’interruzione intima, dalla quale non se ne esce, se non siamo in grado di esternare quel dolore. E allora l’altro sé, in questo caso il fratello, identità fuori da noi, ci può aiutare in questa difficoltà dell’esprimere il dolore, senza la cui esplicazione la persona non può trovare la capacità dell’accettazione dell’accaduto e la consapevolezza del cambiamento che porta in alcuni casi anche al perdono.

Invece la madre di questi due fratelli mette in risalto tutta la sua pochezza ed il suo limite. Insegnante come il padre, tacitamente osserva questa “commistione fra bene e male” senza prendere alcuna posizione, diventando complice della stessa violenza.

Durante l’infanzia dei figli lei percepiva abbondantemente il loro dolore e a questo si negava, incapace del ruolo di compagna e di madre, che nell’amore ecceduto brucia il suo significato. Un amore che appare sottomesso al marito, un amore non paritario e violento perché nel silenzio e nell’accondiscendenza trova affermazione. Questa figura di donna svela quanta crescita debba essere ancora costruita perché la persona trovi nel suo significato interiore la sua fiducia e la sua corrispondenza.

Sorprendente l’interpretazione della Finocchiaro, che con la sua freschezza e la sua simpatia dona una luce al film che smorza i toni della sofferenza e della fatica del vivere quotidiano. Credo che un film si possa dire riuscito, quando riesce a farci riflettere, quando ci lascia dentro il desiderio del cambiamento, quando ci sprona ad essere autentici anche nelle incertezze del mondo. E questo film ci riesce benissimo.