La donna di Buttiglione, non ancora cittadina

di Lidia Menapace

 
Milano, 14 gennaio 2006

Arrivata in pullman da Milano a Bolzano insieme alla folta (quasi un centinaio!) delegazione locale (abbiamo avuto uno strepitoso successo con i nostri slogans bilingui che davano un tocco esotico alla manifestazione: “Eins zwei drei, ma quando te ne vai?, vier fuenf sechs jetz kommt die neue Hex’, sechs acht vier und jetz bestimmen wir”, uno due tre, ma quando te ne vai, quattro cinque sei, arriva la nuova strega, sei otto quattro adesso decidiamo noi), stanca ma felice come si scriveva da bambini nei diari della domenica, sono riuscita ancora a sentire Buttiglione e Livia Turco a “Primo piano”.

Lascio stare Turco, che ha detto cose condivisibili e corrette, voglio fermarmi su Buttiglione che mi ha fatto una strana impressione: stretto tra Turco e Bianca Berlinguer non aveva vita facile, ma uno non è mica ministro per niente! Dopo un primo tentativo di delegittimare la manifestazione (non erano “le donne”, ma solo alcune donne e forse non la maggioranza ecc. e altre sciocchezze) è caduto in una sorta di atteggiamento addolorato e avvilito: mi pareva sincero: era - come dire? - un uomo arcaico sofferente. Non so dire se sia peggio o meglio di quelli che sono moderni e stronzi, ma certo è più ragguardevole eticamente, anche se irrimediabile culturalmente, si direbbe.

Buttiglione ha una idea della donna che non la comprende come cittadina, in sostanza le donne sono ancora a ben prima della Rivoluzione francese, dato che hanno diritti solo se madri legittimamente sposate, altrimenti sono oggetto solo di beneficenza derivata dal marito legittimo che hanno. Vi par possibile? eppure quando parlava di donne ha sostenuto che la reversibilità della pensione è un “risarcimento” della carriera non avuta per seguire i figli e il marito (dei quali sono appendici o dipendenti: potrebbero dunque essere licenziate per matrimonio o maternità?) e non credo saprebbe come giustificare, se non come una moderna perversione, il fatto che è reversibile anche la pensione della moglie verso il marito (e sarebbe giusto che lo fosse, nelle due direzioni, anche per le coppie di fatto, ovviamente). A queste è disposto a dare beneficenza solo se ci sono figli.

L’idea di riformare l’organizzazione del lavoro - anche di quello domestico - in modo che avere figli sia una scelta esercitabile serenamente, senza dover rinunciare ad essere quello che si è nel lavoro in società ecc. non lo sfiora nemmeno: il lavoro spetta agli uomini, le donne stanno a casa a fare bambini. Qui si capisce il profondo legame che ci fu tra politica demografica del regime fascista e appoggio incondizionato della Chiesa cattolica, ma siamo appunto nell’arcaismo più straordinario.

Buttiglione come alcuni pezzi di cattolicesimo preconciliare (Lefebvre, Opus Dei, Comunione e liberazione) non sembra accettare (come invece ha detto il Vaticano II) che il fine primario del matrimonio sacramentale non sia più la riproduzione, ma il mutuo amore e aiuto e si inceppa ogni volta che incontra un legame che non abbia prole (sarebbe facilissimo avere il riconoscimento di nullità del matrimonio canonico se valesse tale convinzione).

Ma un atteggiamento simile lo fa poi addirittura crudele verso persone che magari si mettono insieme perché anziane, che hanno o stringono un legame affettivo e fanno coppia, ma naturalmente non hanno figli (che siano etero od omo): debbono dipendere dalla beneficenza e non mettere insieme legittimamente le loro risorse economiche o l’alloggio o la cura ecc. Tremendo!

Uno stato sociale fondato su una cultura simile sarebbe solo una forma nemmeno tanto moderna di stato assistenziale con discriminazioni aspre tra persone e con allargamento delle aree di dipendenza invece che di quella di libertà. Non so davvero se Buttiglione sia recuperabile. Ma questi sono fatti suoi: per noi vale che è un ministro in carica e la costituzione vigente (che ha giurato di rispettare) all’ art. 3. fa obbligo, come uno dei compiti fondamentali della Repubblica, di rimuovere le cause che ostacolano il pieno sviluppo delle persone come singoli e nelle formazioni sociali in cui si svolge la loro vita: sicché non può legittimamente sostenere come ministro che lo sviluppo della persona è sottoposto a una delle più viete visioni veterocattoliche, che persino per la Chiesa forse sono un po’ eretiche. Questo a nostra volta non ci riguarda, noi che possiamo e dobbiamo invece fortemente richiedere il rispetto pieno della Costituzione da un ministro e parlamentare in carica.

Non dimentico di dire che il risultato delle due manifestazioni del 14 gennaio non può essere se non la richiesta formale e precisa che nei programmi politici per le prossime elezioni sia scritto esplicitamente il rispetto pieno di tutte le libertà, compresa la libertà di indirizzo sessuale e di scelte riproduttive.

 questo articolo è apparso su Liberazione del 18 gennaio 2006