Area ‘Rapporto Tempo /Denaro’

Due piccoli gruppi approfondiscono ciascuno un processo costruttivo specifico: uno la griglia, l’altro il diario.

Quindi una griglia per elencare, per misurare, anche se non in modo neutro e asettico, che mostri anche la distanza da una concezione e da un’esperienza “classica” e confermi quanto sia nebulosa la descrizione dell’oggi.

Il piccolo gruppo che ha costruito la griglia racconta parti e modi del percorso di costruzione, nel presentarla alle altre:

- raccogliere, accostare elementi che ci potessero aiutare a trovare delle ricorrenze, o delle intermittenze, aprissero domande più definite, mirate, sul tema del rapporto T/D su cui nei nostri incontri ci siamo ripetutamente interrogate,

- parlare di Tempo e Denaro triangolando con lavoro: per farlo si è cercato di evidenziare gli stereotipi che abitualmente attraversano la conversazione quotidiana,

- difficoltà a nominare il denaro, trattato come elemento residuale; riuscendo ad “autorizzarsi” a parlarne, emerge con la precisione che fa “esplodere” un vulcano assopito, e si porta dietro elementi di diversità, legati a rappresentazioni di valore, a ideologie molto consistenti,

- il Tempo è stato spesso quello che sta TRA, poiché cambia la qualità e la percezione del lavoro,

- tentativo esplicito di ricomporre le due variabili Tempo e Denaro.

Emergono differenze generazionali che sottolineano modalità di ricomposizione. Per chi ha lavorato in un modello classico fordista, fino a 5 anni fa:

Lavoro = posto di lavoro

Denaro = paga = tempo passato sul posto di lavoro, che si suppone un tempo di lavoro effettivo.

 

Il legame tra questi termini è in cambiamento, è cangiante, non riesci a catturarlo.

Pretesa di una contrattazione individuale, provi tu a definire il rapporto T/D oppure sei costretto ad appiattirti sul più basso.

Il Tempo dà un senso di angoscia, mostra la perdita di confini, ormai è scontato che i cellulari devono essere accesi sempre, se lo spegni viene considerata una sorta di scorrettezza professionale.

Al grande gruppo viene proposta insieme alla griglia una sorta di esercitazione. Le varie aree scritte su dei cartelloni posti sulle pareti, a tutte è stato chiesto di rispondere scrivendo contemporaneamente alle altre.

I testi che ne sono nati sono stati riscritti, restituiti, commentati: “ quasi una poesia ”

 

 La griglia

 

 

Tempo, ovvero:

Qual è il tempo del lavoro?

Denaro, ovvero:

Cosa paga il denaro?

Libere definizioni

 

Il tempo che chiamiamo di lavoro dipende da cosa chiamiamo lavoro.

Il lavoro è:

- il dovere

- il contrario dell'ozio

- una necessità per sopravvivere

- ciò di cui devi render conto a qualcuno

- l'attività finalizzata a qualcosa

- è tutto lavoro (es "fare i regali di natale") "è tutto lavoro, non esiste tempo di non lavoro"

 

L'utopia del lavoro come libera espressione di sè, dentro i vincoli della collettività.

 

La definizione del tempo di lavoro dipende da quello che noi e la comunità di riferimento riconosciamo/definiamo lavoro. Le due definizioni non necessariamente coincidono: la prima ha a che vedere con la rappresentazione che abbiamo di noi stesse (conscia e inconscia), la seconda con i rapporti di forza fra chi presta il lavoro e chi lo paga. In ambedue i casi l'appartenenza di sesso, come è intuibile, è determinante.

E' interessante notare che in queste definizioni del tempo di lavoro il piacere del lavoro non entra in modo diretto; non viene definito lavoro ciò che non piace o non lavoro ciò che piace

DENARO: forma di riconoscimento a fronte di una prestazione, un’unità di misura  più o meno accettabile e comprensibile per tutti;

RETRIBUZIONE: forma di riconoscimento a fronte di una prestazione di cui il denaro può essere una delle forme, si collega più del denaro alle dimensioni emotive, sociali e affettive

VALORE: Oppure vi sono, soprattutto per le donne, altri modi per pagare ed essere pagate?

Vi sono valori che non stanno o stanno stretti nell’ottica retributiva che il denaro propone? Dalla discussione emergeva un senso di distanza dal denaro, forse per due posizioni:

- Pensare che vi sono forme di misurazioni attraverso il denaro che non sono “tarate” per misurare i valori che vediamo inscritti nei nostri impegni.

- Misurare il nostro lavoro è un po’ come misurare noi stesse e forse per questo vi sono timidezze nel parlare dei nostri guadagni e/o parlare o richiedere soldi.

Le associazioni "pesanti":

- possibilità

- costruire alternative

- restituzione

- lotta identità (intesa come una caratteristica maschile),

- rivalsa (femminile

- Ruolo sociale // potere // di cambiare// creativo/

- Lotta// bisogno//

- Oro//

- Piacere// bellezza// seduzione //

- Povertà//

- fuori mercato//

- schiavitù/

- ansia da prestazione/

- paura/

- attrazione/

- mercificazione

- soggettività mercificata

- capitalismo

- libertà dal e con il denaro

E le associazioni leggere:

- poesia, tempo, impossibilità

- Concorrenza, lavoro, mercato, capitalismo, libertà da e con il denaro

- emarginazione, cibo, fatica, impari, ineguaglianza,

- grazia ricevuta,

- valutazione, svalutazione

Implicazioni inerenti una percezione soggettiva del tempo di lavoro che va ‘oltre’… (percezione pervasiva, invadente, ma molto intima)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Implicazioni del che cosa paga e misura il denaro

(il tempo impiegato a produrre, il valore sociale del nostro lavoro, il piacere/ passione del lavoro, le relazioni tra le persone?)

 

 

 

 

 

 

Sottrazione di valore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

e valori aggiunti

Il tempo di lavoro (tdil) da categoria dipendente dal lavoro si è trasformata in categoria ‘indipendente’: l’esatto contrario di quanto ci ha detto la storia del ‘900 su capitale e lavoro. Da ciò la difficoltà di separare il tempo di lavoro dal tempo di vita.

L’estensione del tdil deriva dalla difficoltà di separare il lavoro dalla vita e denuncia la volontà sottostante di superare dissociazione e alienazione connesse alla dimensione lavorativa.

L’estensione del tdil provoca una sorta di effetto ‘liberatorio’ dai contesti di lavoro: si esporta, si porta fuori ciò che ci fa pensare, ci appassiona, ci piace ed il tdil si personalizza dilatandosi nel ‘nostro tempo’.

La questione della scarsità del tempo in generale si risolve con l’invasione del tdil nel tdiv e con il furto di tempo di vita ovvero il tdil continua nel tdiv .

 

 

 

La nostra presunzione ci porta a dire che non ci sentiamo ‘misurabili’ con e dal denaro: ciò in quanto il denaro/retribuzione paga anche il livello di adesione al sistema di valori che sottosta al lavoro. Proprio noi donne consumiamo grandi energie per tenere in equilibrio costante l’aderenza delle nostre prestazioni al nostro personale sistema di valori. Ciò dimostra un interesse delle donne più al tipo di lavoro che non al suo sistema di remunerazione.

I soldi rappresentano il sistema di valori dato, socialmente convenzionato, e pertanto un obiettivo mancato/deviato per le donne.

Si percepisce in più l’insufficienza/non desiderio che i soldi paghino/ri-paghino dell’affetto-passione-interiorizzazione del lavoro, ovvero il denaro non misura, non tara il valore che attribuiamo ai nostri impegni di lavoro.

La remunerazione con denaro, benchè corrispettiva a prestazioni di lavoro, chiama ancora in causa il fantasma non sopito della prostituzione, quale rappresentazione inconsapevole del pagamento di sé piuttosto che del lavoro (da qui la timidezza nel parlare dei guadagni e/o nel richiedere soldi, nel timore di sottoporci a contrattazioni/monetizzazioni che comportano al nostro lavoro l’attribuzione di valori bassi).

Una sorta di presunzione femminile non fa considerare misurabili dal denaro, re-munerabili, noi ed il nostro lavoro e ci fa preferire all’aumento di stipendio il ri-pagamento, inteso come riconoscimento di quanto facciamo.

Quindi implicazioni emotive-affettive, identitarie, sociali.

Peraltro al denaro abbiamo associato il ruolo di contrastare/riscattare/esorcizzare il contesto-humus dei dati sociali femminili quali l’emarginazione, l’ineguaglianza, la valutazione/svalutazione, la fatica impari di procurarsi la sussistenza, non poi così fuori dal nostro sguardo.

Al denaro abbiamo associato il ruolo di riconoscere ruoli/identità sociali, più maschili che femminili.

Al denaro abbiamo associato il ruolo di riscatto sociale per produrre cambiamenti, alternative, che lo rimettano in un circolo ‘virtuoso’.

Al denaro abbiamo associato il ruolo di produzione di piacere nella sua accezione di oro/piacere/bellezza/seduzione, ove l’oro al posto dei soldi mercanteggia il corpo femminile in una logica che è al di sopra del mercato (è il valore dell’oro che governa il valore del denaro!).

Tale accezione evoca effetti come   manipolazione/sottomissione/seduzione/

mercificazione.

Maneggiare denaro per le donne è un dato relativamente recente: la contraddizione è aperta in quanto le donne storicamente non hanno prodotto ricchezza, ma si sono limitate a gestirla, incrementandola o dilapidandola. La gestione della ricchezza non prodotta da sé è per lo più passiva e crea effetti nel tessuto sociale e nelle relazioni, la cui misurabilità e riconoscibilità è certamente più difficile.

Al contrario il piacere di produrre valore visibile nel lavoro anche con il denaro attiva sia sul piano personale sia sul piano sociale determinanti cambiamenti.

 

 

 

 

Mi ha colpito poi una delle sequenze maggiormente scelte:

Povertà// fuori mercato// schiavitù/ ansia da prestazione/ paura/ attrazione.

Mi pare una descrizione critica di quello che è il ruolo del denaro nella società del libero mercato: sia nel nostro quotidiano, costrette a tutta una serie di impegni per denaro, cioè per la nostra “sopravvivenza”, sia a livello più complessivo per una situazione di disparità tra strati sociali diversificati proprio da e per questa variabile.

Denaro e paure, di manipolare o essere manipolati in funzione del denaro.

Paure dei fantasmi di esclusioni sociali che forse sono ben presenti in noi donne: povertà, fuori mercato, ansia da prestazione, mercificazione

 

A piacere, bellezza,concetti positivi abbiamo associato oro e non denaro:

 Oro// Piacere// bellezza// seduzione

Oro è un concetto più complesso e articolato di denaro, sottintende infatti una stratificazione di molteplici immaginari e anche evocativamente rimanda a moltissimi significati diversi,non definibili solo con la parola denaro. Perché abbiamo scelto oro e non denaro?

- denaro e passività (bellezza, oro, seduzione, il denaro in famiglia non si chiede, non si ottiene da uno stipendio ma viene gestito dalle donne), no sguardo rivolto alle nostre spalle;

- denaro strumento per eccellenza che permette il movimento e il cambiamento sia a livello individuale che collettivo e sociale. Qualcosa che apre, che  rimanda alla dimensione creativa che permette di possedere, far nostro qualcosa, potenzialità, uno sguardo che guarda in avanti.

 

Tra le parole ‘pesanti’ troviamo:

Possibilità/// Costruire alternativa // restituzione//

Una valenza in senso positivo di cambiamento oppure di fuga da quella che è una mera e schietta logica di vita gestita e diretta dal denaro?

Quindi denaro e potere:

- di condurre e orientare i cambiamenti

- di ridistribuire

- di costruire alternative

- di costruire un ruolo sociale significativo

 

Vi sono differenze di genere nel rapportarsi al denaro?

Per un uomo vi è un collegamento un po’ più diretto nella relazione tra denaro guadagnato e identità sociale

Per le donne, forse per ragioni storico-sociali, vi è una relazione più opaca. E’ ancora più complessa che per gli uomini la questione della retribuzione, dell’essere ri-PAGATE

Mi fa riflettere il termine appagamento che poco ha a che fare nella lingua italiana con il denaro.

 

Ci vuole misura

 

I confini

Limitato, compresso:

- dalla scadenza

- da una progettualità impossibile

- da altri compiti (altri "lavori")

- dalle grandi emozioni

- dalla necessità di aggiornarsi

Esteso, illimitato:

- dalla modalità meno rigida nell'esecuzione

- dalla modalità "lavoro autonomo"

- dal non volere o potere mostrare la propria fragilità ("la coop di tina dove solo gli uomini fanno figli; lavorare anche se malate…)

- dall'essere il tempo pervaso

- dall'organizzazione del lavoro

- dall'obbligo della prestazione "alta" (è scontato che tu la voglia fare)

- dall'estensione del tempo "accessorio", in realtà necessario all'operatività del lavoro, dal tempo di trasporto all'acquisto dell'abbonamento tranviario, al tempo impiegato per essere presentabili, al tempo di studio, aggiornamento

- dal lavorare in luoghi diversi

- dal ritmo frammentato, discontinuo correlato alla città, alla dilatazione degli spazi percorsi cui consegue l'aumento dell'urgenza (per lo più fittizia)

- dall'essere la casa dove si vive un eventuale luogo di lavoro

- dall'estensione del ritmo del tempo di lavoro alla vita ("impossibile dimenticarsi del cadenzamento del t")

- dall'assenza delle "cose della vita"

- o il suo contrario, che si portano nel lavoro/sul lavoro le cose della vita: i racconti, ma anche le modalità

Misurazione riconoscibile anche ad un occhio profano (mi vengono in mente gli americani che così facilmente si presentano attraverso i loro guadagni annui e la difficoltà che invece abbiamo noi europei e noi donne in particolare a dire quanto guadagnamo per non esporci troppo al giudizio immediato di chi ascolta).

 

Il denaro non è per noi una misura di valutazione e svalutazione? Se non lo è non lo è per il nostro lavoro, quindi a livello professionale, oppure più in generale per la nostra vita, quindi rispetto a una serie di scelte che facciamo?

 

Il denaro misura:

- il tempo impiegato a produrre?

- il valore da un punto di vista sociale del tuo prodotto?

- la riconoscibilità sociale di quello che produci?

- il piacere?

- la passione?

 

 

Se il tempo è denaro

Quali tempi di lavoro vogliamo siano pagati?

Quali tempi di lavoro non vogliamo siano pagati?

Tempo e denaro "oltre" il lavoro

 

 

 

  

Prima viene data la risposta libera, poi segnate le risposte in cui ci si identifica, poi eventualmente articolate le risposte scelte 

 

Tempo, ovvero:

Qual è il tempo del lavoro?

 

Denaro, ovvero:

Cosa paga il denaro?

Libere definizioni

 

Premessa:

il tempo di lavoro comunemente inteso è il tempo speso in un'attività finalizzata alla produzione di beni e servizi. Quando tuttavia proviamo ad applicare questa definizione alla nostra esperienza ci accorgiamo che essa è riduttiva. L'aggiunta del tempo “che sta tra” elaborazione e produzione ci permette invece di entrare in una dimensione soggettiva del tempo di lavoro.

 

Cos’è per te il tempo di lavoro?

 

Premessa:

definiamo il denaro[1] come misura dello scambio riconosciuta e accettata per convenzione nella nostra società. Ci sono però aspetti del lavoro che il denaro non può o non vuole retribuire.

 

A partire dalla tua esperienza cosa paga il denaro?

 

Tempo, i confini

Denaro e noi

Ci vuole misura

Premessa:

la consuetudine ci porta a considerare il tempo di lavoro definito da limiti precisi, ma oggi ci sembra che il tempo di lavoro abbia perso la rigidità del confine con il tempo di vita.

 

Come vengono definiti i confini del tuo tempo di lavoro?

 

Premessa:

il denaro è come una misura di valutazione[2] e svalutazione non solo delle nostre prestazioni professionali, ma anche della nostra persona.

 

Che cosa valuta/misura di te il denaro guadagnato attraverso il lavoro?

Quale rappresentazione di te ne restituisce?

 

 

Tempo             e               denaro

Quale rapporto tra tempo e denaro?

 

Premessa:

la storia (di capitale e lavoro) del '900 ci induce a considerare tempo e denaro come variabili dipendenti del lavoro. Tuttavia la definizione del tempo di lavoro è almeno in parte arbitraria e dipende da quello che noi riconosciamo come lavoro e che la comunità di riferimento riconosce come lavoro. Le due definizioni non necessariamente coincidono: la prima ha a che vedere con la rappresentazione che abbiamo di noi stesse (conscia e inconscia), la seconda coi rapporti di forza fra chi eroga il lavoro e chi lo paga.

 

Trovi nella tua esperienza indicatori di questo scollamento?

 

 

  

 

Tempo

Denaro

Implicazioni

 

 

La percezione soggettiva del tempo di lavoro che va ‘oltre’… (percezione pervasiva, invadente, ma molto intima)

Il tempo di lavoro (tdil) da categoria dipendente dal lavoro si è trasformata in categoria ‘indipendente’: l’esatto contrario di quanto ci ha detto la storia del ‘900 su capitale e lavoro. Da ciò la difficoltà di separare il tempo di lavoro dal tempo di vita.

L’estensione del tdil deriva dalla difficoltà di separare il lavoro dalla vita e denuncia la volontà sottostante di superare dissociazione e alienazione connesse alla dimensione lavorativa.

L’estensione del tdil provoca una sorta di effetto ‘liberatorio’ dai contesti di lavoro: si esporta, si porta fuori ciò che ci fa pensare, ci appassiona, ci piace ed il tdil si personalizza dilatandosi nel ‘nostro tempo’.

La questione della scarsità del tempo in generale si risolve con l’invasione del tdil nel tdiv e con il furto di tempo di vita ovvero il tdil continua nel tdiv .

 

 

 

Cosa paga e misura il denaro

(il tempo impiegato a produrre, il valore sociale del nostro lavoro, il piacere/ passione del lavoro, le relazioni tra le persone?)

 

 

Sottrazione di valore …

 

 

..e valori aggiunti

La nostra presunzione ci porta a dire che non ci sentiamo ‘misurabili’ con e dal denaro: ciò in quanto il denaro/retribuzione paga anche il livello di adesione al sistema di valori che sottosta al lavoro. Proprio noi donne consumiamo grandi energie per tenere in equilibrio costante l’aderenza delle nostre prestazioni al nostro personale sistema di valori. Ciò dimostra un interesse delle donne più al tipo di lavoro che non al suo sistema di remunerazione.

I soldi rappresentano il sistema di valori dato, socialmente convenzionato, e pertanto un obiettivo mancato/deviato per le donne.

Si percepisce in più l’insufficienza/non desiderio che i soldi paghino/ri-paghino dell’affetto-passione-interiorizzazione del lavoro ovvero il denaro non misura, non tara il valore che attribuiamo ai nostri impegni di lavoro.

La remunerazione con denaro, benchè corrispettiva a prestazioni di lavoro, chiama ancora in causa il fantasma non assopito della prostituzione, quale rappresentazione inconsapevole del pagamento di sé piuttosto che del lavoro (da qui la timidezza nel parlare dei guadagni e/o nel richiedere soldi nel timore di sottoporci a contrattazioni/monetizzazioni che comportano al nostro lavoro l’attribuzione di valori bassi).

Una sorta di presunzione femminile non fa considerare misurabili dal denaro, re-munerabili noi ed il nostro lavoro e ci fa preferire all’aumento di stipendio il ri-pagamento inteso come riconoscimento di quanto facciamo.

Quindi implicazioni emotive-affettive, identitarie, sociali.

Peraltro al denaro abbiamo associato il ruolo di contrastare/riscattare/esorcizzare il contesto-humus dei dati sociali femminili quali l’emarginazione, l’ineguaglianza, la valutazione/svalutazione, la fatica impari di procurarsi la sussistenza, non poi così fuori dal nostro sguardo.

Al denaro abbiamo associato il ruolo di riconoscere ruoli/identità sociali, più maschili che femminili.

Al denaro abbiamo associato il ruolo di riscatto sociale per produrre cambiamenti, alternative, che lo rimettano in un circolo ‘virtuoso’.

Al denaro abbiamo associato il ruolo di produzione di piacere nella sua accezione di oro/piacere/bellezza/seduzione, ove l’oro al posto dei soldi mercanteggia il corpo femminile in una logica che è al di sopra del mercato (è il valore dell’oro che governa il valore del denaro!). Tale accezione evoca effetti come   manipolazione/sottomissione/seduzione/mercificazione.

Maneggiare denaro per le donne è dato relativamente recente: la contraddizione è aperta in quanto le donne storicamente non hanno prodotto ricchezza, ma si sono limitate a gestirla, incrementandola o dilapidandola. La gestione della ricchezza non prodotta da sé è per lo più passiva e crea effetti nel tessuto sociale e nelle relazioni, la cui misurabilità e riconoscibilità è certamente più difficile.

Al contrario il piacere di produrre valore visibile nel lavoro anche con il denaro attiva sia sul piano personale sia sul piano sociale determinanti cambiamenti.


 

[1] "Il valore di scambio scisso dalle merci stesse ed esistente esso stesso come una merce accanto ad esse, è denaro" (Marx)

[2] "Nel denaro il valore delle cose è separato dalla loro sostanza" (Marx)
 

Il diario

Quindi un diario, mutuato dalla tradizione femminile, degli scritti per sé, quasi vetusto, consumato. Mantiene una traccia delle narrazioni che ci hanno appassionate, cerchiamo di adattarlo. Partiamo dall’urgenza che avvertiamo di raccogliere, mettere in fila, dare un ordine ai fatti. Il piccolo gruppo lo fa prima al proprio interno, cercando di ricomporre una settimana, recuperando frammenti di lavoro, pezzi consistenti e quasi “interi”. Si da alcuni ‘paletti’:

- la settimana inizia la domenica e finisce il sabato (già un’interpretazione? Una forzatura? Un’intuizione)

- segnare le ore di inizio e di fine di ogni attività individuata nella sua “completezza ” prevalente.

- segnare se quel tempo e quell’attività è, a proprio avviso, pagato – esplicitamente o implicitamente-

La settimana sarà la stessa per tutte.

Alla lettura appaiono prodotti diversi, dall’ampiezza di una narrazione che recupera i pensieri e le emozioni alla sinteticità di un’agenda, tutto il planning in una pagina. Viene ricavato un piccolo “breviario di raccomandazioni “ per proporre alle altre degli indicatori che aiutino ad esplicitare alcuni “nodi” già avvertiti:

- quante ore pagate- quante non pagate

- ritmi

- frammentazione delle ore

- sede di lavoro - abitazione

- quantità di “contenuti-compiti” diversi affrontati

- agenda piena

- attività che svolgiamo , ma che non attiene al ruolo centrale

- i costi a nostro carico ( trasporti, vestiario

- valore ( inteso come?)

 

Alcuni diari sono stati riportati, accostamenti e confronti avviati, interrogativi aperti.

 

Esiti dall’area

Il tempo esplode, non si tratta più di doppia presenza, ma di multi presenze, frammenti, movimenti di avvicinamento-allontanamento che chiedono energie emotive e cognitive a ciascuna.

Il tempo di lavoro è l’occupazione di spazio mentale e fisico determinato da altri, circoscritto e coscritto. E’ anche creatività, passione, scambio timore e frammentazione, tensione.

I confini non ci sono, quando li metto mi sento inadempiente, gran parte del lavoro è autocommissionato per forza.. “Non so quando comincia e quando finisce la mia giornata lavorativa.”

All’inizio abbiamo pensato a due fattori misurabili (l’orologio/la moneta). Questo tempo di lavoro, se riconosciuto come tale, mette in luce che la misura è impropria (tempo di spostamento, fatica, pena). E’ anche una misura artificiosa, arbitraria perché ci sono lavori che non sono misurabili con il tempo, hanno una pregnanza superiore al tempo.

Manca la misura, la nuova misura. Il rapporto T/D esiste solo per l’individuo, per il mercato forse ormai è inesistente. “Lo stipendio è come una droga”. Si va verso una contrattazione individuale e questo sembra parta anche da noi. Se non ci fossero l’alba e il tramonto, lavoreremmo sempre. “Adesso lavoro pochissimo. Ho l’ansia di pensare se mi chiameranno. Anche il tempo libero lo vivo diversamente. Sto facendo lavoro per cercare lavoro.”

“Guardo l’agenda e vedo le settimane vuote. Quest’ansia del lavoro sicuro c’è sempre. Se faccio il rapporto tra il fatturato e il guadagno mi preoccupo.” Un modo per contenere l’ansia rispetto all’incertezza del salario è non dire quanto si guadagna. Se la soglia di impoverimento aumenta, nel lavoro non basteranno più le strategie di resistenza. Sarebbe utile capire cosa riusciamo a vedere, in termini di impoverimento e, quindi, quali strategie potremmo adottare riguardo al lavoro. Abbiamo competenza ad amministrare ma non abbiamo consapevolezza che questa competenza vada resa pubblica.

Vedere i numeri, una sorta di quantificazione preliminare è stata una sorpresa, qualcuna ha espresso lo stupore per lo scarto tra la percezione soggettiva e la realtà come appare dalle ricostruzioni nei diari. La soddisfazione per la qualità delle relazioni, per il senso del contenuto del tempo trascorso può risultare appagante oppure meno, MA risulta poco connessa con il denaro, che non pare deputato a pagare parimenti che la soddisfazione. Si evidenzia tutto il senso e la pregnanza di valore, ma anche una divaricazione tra soddisfazione e retribuzione. C’è anche un tempo senza denaro, del lusso, della gratuità che sta scomparendo; non c’è più un tempo scisso dal denaro. C’è una crisi del tempo come misura del valore (non è più il tempo la categoria che misura il valore). Non sappiamo più qual è il tempo di lavoro. L’oggetto di lavoro non è chiaro e quindi non sappiamo quanto tempo lavorare.

Ci accorgiamo che ci stiamo impoverendo, in assoluto e relativamente