Louise Bourgeois
La nuit le jour la nuit
di Sara Sesti

La mostra è l'opposto di una retrospettiva, cosa poco prevedibile per un'artista ultranovantenne che nel suo paese natale avrebbe potuto desiderare una celebrazione.


Louise Bourgeois
(Parigi, 1911) sceglie invece di sussurrare e a Lorenzo Fiaschi, curatore della rassegna, impedisce di celebrare alcunché.

La personale si snoda in interventi minimi, se non fosse per due pesanti coppie di occhi di marmo, realizzata da Nicoli a Carrara, concepiti anche come panche. Poco distante, uno schermo proietta delle domande cruciali sull'esistenza che l'artista continua a porsi e sulle quali chiede l'opinione del visitatore.

Al piano superiore girano, intorno a un chiostro delle casse sonore coperte da teli bianchi, che emanano canzoncine infantili francesi: quelle di Louise bambina, che ora l'artista ci canta con la sua voce anziana struggente, crudele. Le seguiamo passando dapprima davanti a un colino ripieno di ovuli rosa di pezza; di fronte sta uno specchio concavo, che da lontano ci riflette capovolti e da vicino ci riconcilia con noi stessi.

Sono oggetti che sintetizzano un intero percorso esistenziale, quello di una ragazzina che, ultima di tre femmine, si sentì inutile fino al momento in cui potè aiutare la madre nel suo lavoro di ago e filo; ma le relazioni affettive divennero presto una protezione opprimente e Louise solo nell'età più matura, quella in cui il viso le si è coperto di rughe, è riuscita a guardarsi di nuovo in faccia senza urlare.

"C'est le murmure de l'ea qui chante"
è il titolo dell'unica canzoncina che ha composto l'artista stessa, in un moto di riappacificazione tra sé e sé, ed è anche il titolo di un film a lei dedicato che qui è presente per la prima volta; penetriamo così nel suo mondo visivo e in quella rabbia mai sopita che forse ancora oggi è la sua matrice creativa.

La nuit le jour la nuit
Palais de Tokio, Parigi
fino al 6 aprile 2003

 

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