O cortigiane o mogli
di Lea Melandri


Elin Danielson

Perché una lettera, simile a tante che arrivano alla posta del cuore, si va a collocare inaspettatamente nella prima pagina di un grande quotidiano, come il Corriere della sera (26.7.09)? Perché in questo momento?
Il fatto di essere comparsa sul forum online dello stesso giornale, i cui frequentatori “per mesi hanno argomentato esclusivamente di politica, di crisi economica, di lavoro e anche di escort”, è senz’altro uno spostamento di campo insolito per le tematiche amorose, ma dopo il martellante romanzo erotico-politico in cui si sono visti in piena luce sesso, potere e denaro, molto meno sorprendente, tanto da legittimare dubbi e interrogativi.
Dallo spregiudicato stile cortigiano del Presidente del Consiglio si sono viste emergere, negli ultimi mesi, figure femminili e maschili che non lasciano dubbi su quell’intreccio di seduzione e dominio, complicità e asservimento, che è stato storicamente il rapporto tra i sessi, così come sui cambiamenti legati al modello discutibile di emancipazione femminile, che è la messa al lavoro o la capitalizzazione del proprio corpo, delle sue preziose attrattive.

Un palcoscenico di particolare rilevanza pubblica si è aperto per un momento su uno spaccato di vita personale che, pur nella sua eccezionalità, non escludeva possibili identificazioni e consonanze con il sentire comune, come dimostra la perdurante popolarità di cui gode Berlusconi nel nostro Paese. 
Ma il confine tra perversione e normalità è sembrato assottigliarsi a tal punto da fare temere un irrimediabile imbarbarimento di tutto il corpo sociale. Quale più appropriato antidoto perciò alla viziosa licenziosità del potere e della sua compiacente corte femminile, di una “quarantenne fresca e romantica” – come l’ha chiamata l’avvocato Cesare Rimini – che, sfidando la “patologia della coppia”, il numero crescente di fallimenti matrimoniali, ancora sogna un uomo con cui costruire un “progetto” di vita?
E’ così che una confessione femminile di solitudine, delusione sentimentale, desiderio d’amore, dubbi sulla propria inadeguatezza alla relazione di coppia – che avrebbe potuto, come molte altre simili, perdersi inosservata nell’angolo della posta del cuore – diventa l’oggetto di una imprevista discussione sulla controversa, contraddittoria libertà conquistata dalle donne, sulla rabbia e invidia degli uomini per una autonomia femminile che li esclude, privandoli di un privilegio che sembrava “naturale”, immodificabile come l’ordine delle stagioni.


Non so quanto siano “cambiati i tempi”, per cui, come si legge nel commento di Isabella Bossi Fedrigotti, dopo anni in cui le ragazze sembravano “interessate a realizzare se stesse prima nello studio e poi nel lavoro”, una di loro riesce coraggiosamente ad infrangere il “tabù” di un normale desiderio di vita coniugale.
Nella lettera di Paola non mancano temi rilevanti di riflessione su vissuti femminili che riguardano la relazione tra i sessi nelle sue inspiegabili “permanenze”: il sentimento dolente di solitudine che fa seguito agli abbandoni, l’inquieto ripiegarsi su se stesse nel dubbio che lì si annidino le ragioni del fallimento, il sogno di un incontro ideale, fatto di tenerezze e attenzione reciproca, la sopravvalutazione dell’amore rispetto a ogni altra passione, lavorativa o politica.
A meno di non forzare la parola “single” tanto da farla rientrare nel panorama dei più recenti dati sociologici, e tradurre “coppia” con “matrimonio”, non si vedono nella lettera mutamenti degni di nota, in quella che è sicuramente oggi la difficile condizione di donne consapevoli della loro singolarità come persone, fuori dal destino di mogli e madri, desiderose di potersi esprimere nei modi più diversi, senza dover rendere conto della loro libertà e pagare per questo un prezzo di solitudine.
Colpisce perciò l’insistenza su una presunta svolta intesa come ritorno a una “normalità” – matrimonio, famiglia, figli – “sbeffeggiata” o rimossa dall’onda lunga del femminismo.
Se ci sono cambiamenti, conseguenti al declino di figure femminili docili, arrese alla legge dell’uomo o all’omologazione consumistica della società di mercato, questi riguardano, per il primo aspetto, la violenta risposta maschile a un distacco sentito come aggressivo e minaccioso, per il secondo, come si legge nel commento di Mauro Covacich (Corriere della sera 28.7.09), il modello proposto da un’epoca che ci vuole “sempre belli e appetibili”, desiderosi di piacere a tutti, anziché ammettere che “ sogniamo di piacere a uno solo”. Questo non significa che femminismo e machismo non c’entrino – come dice Covacich -, che sogno d’amore e ossessione narcisistica, nostalgie romantiche e  moderne inclinazioni, parlino una lingua “unisex”.

Le numerose lettere di uomini, che hanno dato alla testimonianza di Paola un’amplificazione tale da coinvolgere psicologhe, sociologhe, avvocati, scrittori, rivelano, a partire dallo stravolgimento di senso delle sue parole, tratti di inequivocabile violenza sessista, l’eco, sia pure verbale, di drammi che avvengono quotidianamente all’interno delle case.

La libertà femminile di decidere della propria sorte, di investire pensieri, interessi, amore, in una varietà di manifestazioni di vita – che non escludono la possibilità di amare e di essere amate, di avere figli – appare, nella fantasia rabbiosa dell’uomo che si sente privato di una atavica conferma femminile, onnipotenza e autoreferenzialità, disprezzo per il maschio in quanto tale.

“La scelta – si legge in una lettera inviata al Corriere – è ovvia: fare schiantare questi fenomeni della natura, togliendogli anche il dubbio di essere moglie e mamma, trovino le loro soddisfazioni nell’essere donne, amiche, manager e ci lascino in pace”.

E’ su questa debolezza maschile, scoperta con angoscia e rabbia, facile a trasformarsi in violenza, che si dovrebbe fermare l’attenzione, e non su “single infelici”, ritorni nostalgici al tempo antico, smentiti peraltro da tutte le analisi più recenti sulla famiglia, che parlano di matrimoni in calo, di mille cautele e patti prematrimoniali, di ottimismo perduto quanto alla riproposizione dei tradizionali rapporti di coppia.

 

 

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