L’ambigua conversione femminista di Buttiglione

di Lea Melandri

La speranza di Rocco Buttiglione di “far contento il Papa” sarà sicuramente esaudita, soprattutto dopo l’intervista rilasciata al Corriere della sera (17.7.09), e il commento decisamente elogiativo di Eugenia Roccella, che vi ha fatto seguito sullo stesso giornale. Dopo l’ammorbante, irriverente sequenza di veline, prostitute di lusso, donne-immagine, duramente ripresa dalle gerarchie ecclesiastiche, finalmente qualcuno che ripropone la buona cara immagine femminile della donna madre, felice di dare alla nazione le risorse giovani che potranno arrestarne il crescente invecchiamento.
Se nella mozione contro l’aborto di Stato, presentata da Buttiglione, c’erano “parzialità e doppi sensi”, tali da indurre l’opposizione, salvo poche eccezioni, ad astenersi dal votarla, le argomentazioni dei suoi sostenitori, ad approvazione avvenuta, non lasciano dubbi.

Il richiamo alla moratoria sull’aborto, lanciata a suo tempo da Giuliano Ferrara, invitato proprio per questo a entrare nell’Udc, l’insistenza sul “cambiamento” che avrebbe convinto gli antichi sostenitori della legge 194 a riconoscere che “il feto è vita”, la preoccupazione di far diminuire il numero degli aborti nel nostro paese, dove notoriamente non ci sono leggi di Stato che li impongano, fanno pensare che il “senso” di questa improvvisa corsa estiva alla riabilitazione di una politica offesa nei suoi fondamentali principi cattolici, riguardi prioritariamente ed essenzialmente l’Italia, e abbia ancora una volta di mira una legge indigesta, ultima e sempre più traballante postazione di libertà conquistata dagli anni ’70.
Come intendere diversamente l’idea di un “muro” che cade, di una “svolta” nella questione dell’aborto, di una riconciliazione nazionale tra opposte posizioni  -pro life e pro choice-, quale emerge con foga dalla lettura che Roccella fa dell’intervista di Buttiglione (Corriere della sera 19.7.09)? Il lupo perde il pelo ma non il vizio, l’ostilità contro l’autodeterminazione della donna cerca strade meno scoperte, ragioni più sottili e apparentemente condivisibili, non esita a volgere a suo vantaggio anche i movimenti che più l’hanno contrastata, come il femminismo.
Buttiglione fa ammenda di aver sostenuto in passato la difesa del bambino “in contrapposizione alla madre”, ma l’unica libertà della donna che gli sta a cuore è quella che la mette in condizione di “non dover rinunciare al figlio”, e sappiamo quanta e quale sia la pressione che sanno esercitare i movimenti per la vita.

Non una parola viene detta sul diritto, conquistato dopo secoli di maternità subite a rischio di morte e di esclusione dalla vita sociale, di rifiutare gravidanze indesiderate, di privilegiare la propria persona, il proprio corpo, la propria salute, anziché quella della nazione e della chiesa.
Eugenia Roccella richiama “sfumature” che hanno attraversato le discussioni sull’aborto nei collettivi femministi degli anni ’70, senza dire che al centro del discorso, da tutte condiviso, c’era comunque la separazione della sessualità dalla procreazione, la denuncia della violenza perpetrata dai ruoli famigliari, che hanno destinato la donna a essere “madre di”, “moglie di”, “figlia di”, e mai una singolarità che ha in sé la sua interezza, e che solo partendo da questa autonomia può riconoscere legami e dipendenze.

Arrivare ad ammettere l’indistinzione originaria tra la madre e il figlio, e quindi l’impossibilità di un taglio netto, di una contrapposizione a favore dell’uno o dell’altra, è sicuramente un passaggio importante, che da conto di tante battaglie femministe, ma è ben poco significativo se serve solo a riconfermare il destino biologico toccato storicamente alla donna, ad esaltare, come “patrimonio della differenza femminile”, la maternità, ignorando con quanta fatica e lentezza la donna, come persona, sia riuscita a svincolarsi dal ruolo di madre, a legittimarsi quello che Sibilla Aleramo chiama “il fastidioso obbligo di vivere per sé”, e non solo in funzione di altri.

“La condanna delle democrazie coatte di Stato –ha scritto Adriano Sofri (Corriere della sera, 16.7.09)- è conseguente al riconoscimento dell’autodeterminazione delle singole donne. Al contrario, posizioni come quella di Buttiglione o di tanta gerarchia cattolica considerano complementari e detestano allo stesso modo la libertà di autodeterminazione delle donne e l’oppressione degli Stati sulle donne”.  Questa “assurdità”, che caratterizza certe “assolutezze pro life”, nella mozione di Buttiglione, dice Sofri, non ci sarebbe, motivo per cui approvarla, da parte dell’opposizione, “non sarebbe stato uno scandalo”.

Mi chiedo dove un lettore attento come Sofri abbia trovato una presa di distanza di Buttiglione dalle posizioni della chiesa, quando in ogni passaggio della sua intervista è chiaro che il riferimento primo della sua proposta non sono le Nazioni Unite, ma le gerarchie vaticane e i potenti movimenti per la vita americani, da estendere e propagandare in Europa, e soprattutto in Italia.

A farglieli incontrare sarà l’ex-ambasciatrice presso la Santa Sede, Mary Ann Glendon, a dargli utili consigli mons.Martino, il Presidente della Pontificia Commissione Giustizia e Pace, a proporre la risoluzione al parlamento europeo, Carlo Casini e Magdi Allam, a mobilitare la rete internazionale del movimento contro l’aborto sarà lo stesso Udc, un rinato partito popolare capace di accogliere transfughi dal Pd e, perché no, dal Pdl infamato dalle sfrenatezze del suo leader.

La moratoria contro l’aborto coatto autoritario di Stati come la Cina e l’India, usato come controllo delle nascite, selezione del sesso del nascituro, diventa, nel corso dell’intervista, moratoria contro l’aborto tout court, difesa della “libertà di essere madri”, a partire dal nostro paese, come precisa Roccella in polemica con quella che evidentemente considera l’unica alternativa alla naturale funzione materna delle donne, e cioè l’emancipazione, assimilazione e cancellazione di ogni differenza di genere.


Dopo la tempesta che si è abbattuta sulla destra al governo, per le intemperanze personali e politiche del Presidente del Consiglio, quale più accattivante risalita nella scala dei valori che possono ridare dignità alla politica, che riprendere un tema caro alla parte cattolica dell’elettorato, e finora così poco essenziale per la sinistra, preoccupata oggi della sua sopravvivenza, e cioè la difesa della vita nei suoi due termini ultimi, la nascita e la morte, sottratti alla libertà di scelta del singolo, proiettati sull’orizzonte trascendente della natura e del divino? Non è certo casuale che insieme alla moratoria per l’aborto sia ricomparso inaspettatamente, con l’approssimarsi della diaspora estiva, il disegno di legge contro il testamento biologico.

 

26-07-2009

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