Perché ‘il personale è politico’ resta solo uno slogan?

di Lea Melandri

“Di che cosa parla tutto questo parlare di sesso?”, si chiede Adriano Sofri  (Repubblica 3.11.09), è vero che è solo un modo per distogliere l’attenzione dai problemi politici “veri”? Vicende che siamo abituati a considerare ‘private’ invadono oggi la vita pubblica, e diventano, in mano a politici e giornali, l’arma più facile per gettare discredito sull’avversario, facendo leva su pregiudizi antichi, solleticazioni emotive e fantastiche, moralismi diffusi nel senso comune. Chi pensa che il privato da non toccare siano solo “panni sporchi” della famiglia o “i sanitari del cesso”, è perfettamente in linea con la visione classica, storicamente accreditata, della politica che ha creduto di poter rinchiudere nelle case gli aspetti meno presentabili dell’umano, perché più vicini alla natura animale: i corpi, le donne, la sessualità, la malattia, la vecchiaia, la morte. Lo stesso si può dire di quanti, a destra e a sinistra, si affannano a ricordare che ci si sta dimenticando dei bisogni sociali “veri”, come se la volgarità, il voyeurismo, la bigotteria, non fossero il risvolto violento e deformante dell’insignificanza in cui sono tenuti da secoli di patriarcato la relazione tra i sessi, l’amore, la sessualità, la conservazione della vita, cioè quella parte enorme, insondata, della storia che ha al centro la persona nella sua interezza, e che solo la difesa del privilegio maschile ha potuto confinare in un immobile ordine di natura.

Giustamente Sofri ha elencato gli innumerevoli e preoccupanti legami che, nella vicenda Berlusconi-escort, sono intervenuti tra abitudini private ed esercizio del pubblico potere: la commistione tra sesso e cariche politiche, la ricattabilità, “il contrasto oltraggioso fra notti in villa e manifestazioni diurne sulla famiglia e disegni di legge draconiani sulla prostituzione”, e, soprattutto, la collocazione che viene data alla donna, grazioso intrattenimento per il riposo del guerriero. Quando il privato sconfina così vistosamente nei più alti livelli istituzionali della politica, compromettendo elementari principi di democrazia, credibilità, rappresentanza e coerenza, qualcuno può anche pensare che basti da solo a muovere critiche, indignazione e iniziative di contrasto. Contro deroghe evidenti al buon governo, non sarebbe neppure necessario ricorrere alla disapprovazione dei costumi morali del Presidente del Consiglio, e tanto meno alla messa a tema del rapporto mercificato tra i sessi, che sembra interessare ancora a un numero ristretto di cittadini.

Ma nel caso Marrazzo, dove la funzione pubblica non sembra toccata dalla vita sessuale del protagonista, il privato come tale perde peso, o, al contrario, si presta ad essere usato come un arma efficace di denigrazione. E’ chiaro che, a questo punto, “spalancare la discussione”  -come scrive Sofri-, riportarla a quel profondo risveglio delle coscienze che fu, negli anni ’70, la scoperta del rapporto tra personale e politico, portata avanti dal femminismo, è l’unico modo per uscire dalla volgarità e dalla barbarie.

Dal momento in cui il sesso, sotto vari profili  -amore, dominio, violenza, prostituzione, orientamento sessuale- entra nel discorso politico, viene fatto oggetto di leggi, petizione di diritti, e parla per bocca dei diretti interessati, non si può più pensare di rinchiudere ancora una volta nella segretezza di una stanza comportamenti, relazioni, desideri, su cui oggi si misura il grado di civiltà, tanto quanto sulle vicende della vita pubblica. Le dimissioni di Marrazzo, ingiustificate dal punto di vista di reati commessi, parlano di una caduta di immagine e di una conseguente “vergogna”, legate a uno dei capisaldi del maschilismo: la paura dell’omosessualità e della confusione con la figura dell’uomo-femmina, la transgender. Se i commerci erotici di Berlusconi hanno potuto godere del facile condono che l’opinione pubblica è disposta a concedere quando si tratta di una ‘normale’ relazione tra uomo e donna, non c’è indulgenza per chi tiene in così poco conto l’onorabilità sessuale del maschio. E’ chiaro che non stiamo più parlando di vicende che è giusto tutelare, perché parte della vita intima, particolare di ogni individuo. A emergere, attraverso la caduta dei confini tra privato e pubblico, è quella definizione secolare del maschile e del femminile che ha attraversato quasi senza mutamento luoghi, tempi e culture, e che oggi chiede di essere ripensata a partire da quel versante della storia in cui ha preso forma, per esserne poi inspiegabilmente allontanata.

Parlare del sesso, senza fare riferimento alle consapevolezze nuove che da oltre un secolo stanno cambiando la vita degli uomini e delle donne, e senza nominare la cultura femminista che ha sovvertito dualismi e complementarietà cresciute sul paradigma della differenziazione tra uomini e donne, o è ipocrisia, falsa ignoranza, o espediente volutamente adottato come ultima carta di uno scontro politico sospeso tra categorie logore, barriere che non ci sono più, e nuovi contenuti della vita in comune, della responsabilità collettiva, che non si vogliono riconoscere come tali.
Se si provasse a cambiare registro, cominciando a vedere quanta parte delle problematiche sociali e politiche passano attraverso la vita delle persone, le relazioni amorose, i legami famigliari, le abitudini quotidiane, i sogni, la paure, forse il pettegolezzo, il moralismo, la curiosità morbosa, perderebbero il loro principale alimento.

Ma questo è il salto che la cultura del nostro Paese non riesce a fare, vincolata al protagonismo maschile nella sfera pubblica e alla predominanza di figure materne nel privato. Mentre la famiglia e lo Stato, gli interni delle case e le piazze, i sentimenti e la ragione, i racconti di vita e gli accadimenti della Grande Storia, confusi in un unico copione vanno in onda a ritmo ininterrotto sugli schermi televisivi, la difesa astratta dei confini tradizionali della politica si affanna inutilmente a separarli. Non c’è perciò da stupirsi se la poltiglia fangosa che è oggi la cultura di massa, in assenza di un pensiero innovativo, finisce per prendere il sopravvento.

 

apparso su Gli Altri il 7 novembre 2009

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