Lettera aperta
a Silvana indagata in sala parto



Cara Silvana,
anche a me sette anni fa, come ora a te, consegnarono una amniocentesi su cui era scritto…."feto affetto da sindrome di klinefelter"; anche io, come immagino te, non avevo mai sentito parlare prima di questa "aberrazione genetica", che così si definisce.
E anche io, come immagino te, ho cercato affannosamente di capire in pochi giorni (che tanti ne restano dopo l'amniocentesi per decidere) cosa mai significasse.

Ma forse a quel punto io fui meno fortunata di te, perché incappai in un reparto di ospedale (pubblico) "guidato" da uno di quei medici che hanno fatto della crociata contro la legge 194 una loro ragione di vita; così alla richiesta di spiegazioni diedero risposte generiche e persino di scherno: …. "l'unica cosa certa è che verrà un po' più alto della media, vorrà dire che da grande farà il corazziere!".

Credo che non scorderò mai queste parole e la faccia dell"esperto" che me le ha dette.

Esagerarono nelle rassicurazioni e così ottennero l'effetto opposto: mi preoccupai, ci preoccupammo, io e il mio compagno, e passammo i pochi giorni rimasti per decidere a correre da un "esperto" all'altro per capire che qualità della vita potesse mai avere un ipotetico figlio Klinefelter e per trovare, intanto, almeno un posto dove abortire se questa fosse stata la decisione finale, ma trovando solo "obiettori".

Poi finalmente parlammo con una eccellente genetista del CNR, donna manco a dirlo, che ci aiutò a rimettere il ragionamento sui giusti binari: il punto non è la gravità della sindrome (che poi nessuna indagine prenatale può davvero dirti) ma invece, come dice appunto la 194, se la nascita di un figlio di cui "siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro… determini un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna".

La sindrome di klinefelter è una di queste anomalie, tant'è che a chi ne è affetto viene riconosciuto lo stato di handicap in situazione di gravità.
Quindi, cara Silvana, hai ragione tu, ad avere scelto cosa fare pensando alla tua salute psichica, compiendo così un atto di grande consapevolezza; altro che egoismo!

Io ho finito per fare la scelta opposta alla tua, ma l'ho fatta, come te, badando ad avere buona cura del mio equilibrio psico-fisico, unica condizione che mi permette oggi di stare bene con mio figlio.

E' di questo, credo, che una società che si dice civile abbia bisogno: di donne (e di uomini) che sappiano agire consapevolmente i propri diritti; non già di burattini mossi dall'esperto o dal moralista di turno.

Ignorali dunque, cara Silvana, quando cercheranno di utilizzare quello che ti è successo ai loro fini (magari biecamente elettoralistici); e continua ad avere cura della tua dignità di persona.

Un abbraccio affettuoso.
una "Silvana" di Roma

 

lettera apparsa su Liberazione del 14/02/2008

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