Milena Magnani, Delle volte il vento Liliana Moro
Riferire nelle parole piane, tipiche di una segnalazione, contenuto e stile di questo romanzo breve di Milena Magnani è impresa ardua e sicuramente riduttiva, visto quanto il testo è allusivo, arioso e mosso dal vento, appunto. Vi si intrecciano vite, questioni e lingue diverse: italiano, salentino e albanese. Sapientemente e lievemente il linguaggio antico parlato nella cittadina pugliese della protagonista, la giovane Carmelina, è proposto insieme all'albanese dei profughi appena sbarcati e in particolare di Lume, la donna che subito affascina la ragazzina con la sua testardaggine, il suo silenzio, il suo segreto. Siamo al tempo dei primi sbarchi di stranieri clandestini in Italia: albanesi che attraversavano l'Adriatico dove è più stretto, tanto che la terra di là dal mare è visibile nelle giornate limpide, di vento. Il loro arrivo sconvolge la vita di millenaria fatica delle genti salentine e soprattutto quella dei giovani. Stretti tra un passato impossibile da ripercorrere e un futuro di nulla
Una grande domanda, non solo per i giovani che si affacciano alla società e, come Carmelina, scoprono a un tratto di non poter percorrere il sentiero tracciato con tanti sacrifici dai genitori: matrimonio, famiglia, lavoro, televisione. Allora l'estraneità dei nuovi arrivati porta con sé il mistero di quel paese dove il comunismo non era solo una parola
Magnani sa portare il lettore in un mondo sospeso e mobile, luminoso e mosso, con un uso sapiente del linguaggio che non si limita all'intreccio riuscito delle lingue ma ha anche momenti di efficacia stilistica. Eccone qualcuno:
E può concludere così:
Milena Magnani, Delle volte il vento, 13-10-2012
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