Barbara Mapelli, Galateo per uomini e donne. Nuove adultità nel contemporaneo

Liliana Moro

Intervento in occasione della presentazione presso il salone dell'Unione Femminile,
Milano, 23 settembre 2015


Sono particolarmente grata dell'opportunità che mi ha dato Barbara di partecipare alla presentazione di questo suo libro. E di farlo qui e come appartenente alla Libera Università delle Donne.

So che alla nostra autrice è ben chiaro quanto le sue riflessioni sui temi che vi tratta siano frutto anche di un lavoro collettivo, di una circolarità di pensiero di cui fanno parte anche gli incontri con il “gruppo Ricordi” della LUD il gruppo del mercoledì, che ha prodotto anche un librino proprio su “Le nostre virtù”. Dove si può leggere, tra le righe, di una certa resistenza ad affrontare questo termine: Virtù: una parola fuori moda, abbandonata, forse da quando si capì che non era più il caso di discutere della virtù femminile per eccellenza, cioè la castità.

Invece Barbara non solo affronta il tema delle virtù: si spinge oltre riesumando anche un termine ancor più fuori moda : galateo Con le implicazioni che ci ha ben ricordato Cettina Brigadeci. Il Galateo nasce in una società in crisi, in trasformazione. Ma ora non è un monsignore a proporlo: questa è già una grossa novità. Altra novità: non è un trattato di buone maniere, campo più esplorato dalle donne, come ad esempio Saper vivere di Matilde Serao, giornalista, direttrice de Il Mattino di Napoli, significativamente sottotitolato Norme di buona creanza. Al contrario quello di Mapelli è un vero e proprio discorso etico.

Riprendere termini così inconsueti risponde a un progetto preciso:

“Occorre lavorare sul linguaggio, prendersi cura delle parole: con attenzione cercare di snidare i significati, le insidie che si nascondono nelle frasi più innocue […] Eppure la lingua vive nel tempo, di cui può essere prigioniera ma di cui riflette anche il divenire trasformandosi.” (pag.100)

Tutto il testo di Barbara propone un autentico ribaltamento su 2 questioni: 1. l'attenzione sul processo e 2. il coinvolgimento degli uomini.

1. Mapelli chiede ai suoi lettori di mettere a fuoco ciò che normalmente viene trascurato e sottaciuto: il processo di modificazione quotidiana dei comportamenti. Non le proclamazioni di principio, il dover essere, la definizione degli obiettivi finali, non è interessata alle rivendicazioni e alle denunce. Ha l'ambizione di andare oltre e gettare lo sguardo sul percorso lungo e difficile che comporta la realizzazione nella concretezza delle relazioni di quei principi, di quel cambiamento radicale che il femminismo ha portato nei/o pensieri/o e nelle vite delle donne. Nelle nostre vite:

“Non pretendo, non posso pretendere da quanto dico verità indiscutibili, astratte, che possano vantare cifre di universalità, non lo desidero neppure: le verità cui possiamo avvicinarci sono verità modeste, eppure (…) traggono dalle loro non-pretese un valore di apertura al mutamento” pag.115

E' un processo pieno di contraddizioni, di provvisorietà, di ambiguità. Un work in progress continuo che può dar adito a scoraggiamento, a delusione, a smarrimenti che fanno ripiombare nella sicurezza del noto, del fissato, del “naturale” che tale non è affatto ma frutto di secoli di costrizione e costruzione culturale.

Sappiamo bene quanto la storia, e soprattutto la storia delle donne, conosce i ritorni indietro, il regresso molto più che il progresso. Si è parlato sovente e autorevolmente di 'andamento carsico'
Mapelli affronta questo nodo cercando di ordinare e illuminare la situazione “paludosa” in cui ci troviamo e di fissare alcuni paletti, utili per il progredire del cammino. Lo fa con pazienza e precisione.

Meticolosa quanto basta per chi intende muoversi in ambito educativo, quello che è un po' la specificità della ricerca di Barbara. Un ambito che -per un lato- è quello dell'addestramento alle regole: l'istruzione è il lavoro di inserire le nuove esistenze dei bimbi, dei giovani, nelle discipline, i saperi strutturati, e nelle regole di comportamento consolidate. Quindi è in certo modo il mondo della tradizione. Ma sempre più questo mondo è sottoposto a tensioni dirompenti, a sollecitazioni di cambiamento, alla necessità di far spazio a soggettività nuove, a desideri inediti. A pratiche anche diverse, ormai.
Una urgenza dell'ora, proprio di questo momento è dare indicazioni per non perdersi in questa fase di passaggio: “nel frattempo
Trovare un equilibrio, individuare i punti fermi per non soffocare il nuovo che noi stesse, ormai ben lontane dalla spinta innovativa della gioventù, abbiamo portato avanti. Proprio nella scuola. Io, come Cettina e siamo qui entrambe non per caso, siamo state giovani insegnanti entusiaste dell'ideologia antiautoritaria, siamo state convinte femministe, abbiamo vissuto la difficoltà di cambiare comportamenti educativi e soprattutto paradigmi dell'istruzione.

E ora vediamo il disastro di una struttura scolastica che continua ad essere improntata sul “neutro”. Le alzate di scudi da parte dei cattolici integralisti sulla questione del gender ci dice che è stato toccato un nervo scoperto, una questione centrale, che non riguarda solo le coppie omogenitoriali o l'omosessualità. La mia esperienza di nonna mi dice quanto sia forte, più che negli anni 70, nei bimbi la distinzione tra giochi/cose/abiti da maschi e da femmine

2. Ben diversa è l'istanza che pone Barbara: è indispensabile “dare un sesso al nostro pensare e vivere” (p.116).

Questo riflette ciò che, a mio parere, è il portato più recente e prezioso del femminismo: un discorso valido per donne e uomini. Il secondo portato innovativo, a mio parere, di questo libro. Siamo lontane dai tempi in cui si faceva “solo” un discorso 'da donna a donna', si cercava di aprire degli spazi di autonomia per le donne. Ora il femminismo si arroga il diritto di dare indicazioni di comportamento agli uomini. Mi spiego meglio.
E' costante l'attenzione di Barbara nel declinare il discorso al maschile e al femminile, nel senso di mostrare le implicazioni delle riflessioni femministe per gli uomini, che devono cambiare, che stanno cambiando (almeno un po') non tanto nei loro rapportarsi alle donne ma verso se stessi; il modello tradizionale di maschio è sgretolato positivamente ed acquista nuove potenzialità.


Solo un esempio che mi sta a cuore perché si tratta di un tema su cui abbiamo lavorato a lungo nel gruppo Scrittura d'esperienza della LUD: la cura. Alla cura Barbara dedica un capitolo della 2° parte: i luoghi. Giustamente qui dà la parola a riflessioni di uomini che si rendono ormai conto di quanto sia castrante l'aver espunto questa disposizione dalla maschilità. Bambini, vecchi e malati sono affidati alle donne, ancora la professione infermieristica è in stragrande maggioranza femminile, negli asili è molto peggio.
Questo toglie gli uomini dagli spazi e dagli atteggiamenti di cura ma toglie anche la cura dai luoghi di potere maschili. Per cui né la politica, né l'economia prevedono il paradigma della salvaguardia della vita, delle persone, dei più deboli, della terra. Vediamo ora la vicenda dei migranti, o fuggiaschi o profughi, non sono termini equivalenti: le parole sono importanti.
Le logiche politiche creano guerre, le logiche economiche creano ricchezza con la vendita delle armi e poi non si trova il modo di occuparsi delle esistenze distrutte. Le vittime non entrano nel conto, i profughi non sono un parametro da prendere in considerazione.
Non c'è cura per loro, non c'è interesse fuori da quello finanziario. “Interesse” un termine che offro alla vostra riflessione.

Spero con questi miei appunti di aver raccolto la sfida di Barbara a cambiare sguardo, ad esercitare con nuovo spirito antiche virtù, vorrei aver seguito il suo nuovo Galateo.


Barbara Mapelli, Galateo per donne e uomini. Nuove adultità nel contemporaneo,
Mimesis edizioni, euro 18, 199 pagine

 

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